Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 09 Martedì calendario

Una giornata particolare di Paolo Nori. Dal computer rotto all’ansia di andare da Fazio. Una cosa difficile come trovare le scarpe da ginnastica per andare a correre

L’incanto, uno non lo direbbe mai, che lo trova. Cioè, il momento prima di trovare l’incanto non succede mai che pensi «Ecco, tra un momento, trovo l’incanto». Invece. Sabato mattina, quando sono arrivato a casa, ho acceso il computer, dovevo cominciare a scrivere questo pezzetto, il computer non si è acceso, si vedeva una cartella grigia con un punto interrogativo lampeggiante. Ho spento il computer, l’ho riacceso: cartella grigia con un punto interrogativo lampeggiante. Ho fatto così sei o sette volte, ho pensato che non è che potevo andare avanti tutto il giorno a accendere e spegnere il computer. Dovevo rassegnarmi: non mi andava più il mio computer. Che, quando mi son poi rassegnato, è stata una cosa, da un certo punto di vista, incantevole. Una solitudine, senza il mio computer, ci son delle solitudini che hanno un buon odore e quella lì, mi è sembrato, era una di quelle, si stava così bene, senza computer, l’unico problema era che, entro lunedì mattina, avrei dovuto scrivere questo pezzetto. Allora come ho fatto? Ho preso un altro computer. Ne ho altri due. Ho usato uno di quelli. La cosa di cui dovevo parlare, in questo pezzetto, era il fatto che sabato sarei andato a Che Fuori Tempo che fa, di Fabio Fazio. Che era una cosa che io da era un mese che la sapevo non l’avevo detta quasi a nessuno, che se l’avessi detta mi sarei sentito uno che si vantava del fatto di andare a Che Fuori Tempo che fa, che era una cosa vera, ci sarei andato, ma il fatto che fosse vera non facilitava le cose, le complicava, piuttosto. Perché il pensiero che sarei andato a Che Fuori Tempo che fa era un pensiero strano, per me. Il sabato prima, per esempio, mi ero svegliato, il primo pensiero che mi era venuto su dalla pancia al mattino, ancora nel letto, era stato: «Ma Fazio, non aveva nessun altro da chiamare alla sua trasmissione?». Dopo poi sabato, sabato 6, quando ci sono andato davvero, non mi ha dato tanto fastidio, il fatto di andarci, ho avuto un sacco di cose da fare, tra le altre il computer, non ci ho pensato tantissimo è andato tutto bene fin quando non sono arrivati lì in macchina, che quando sono arrivato lì in macchina, che ho visto gli studi della Rai ho pensato «E se tornassimo indietro?». Non sono tornato poi indietro, sono andati avanti, in un camerino piccolo, con una specie di poltrona da barbiere, e poi dopo al trucco, e poi ho preso un caffè al bar e poi era già ora che cominciasse la trasmissione e io, quando è cominciata davvero, ho sentito una specie di stretta alla gola che ho pensato «Non riuscirò a dire niente» invece poi dopo, quando è stato il momento che dovevo entrare, è successo un po’ come i primi tempi che uno va a correre, l’ho anche già scritta, questa cosa, che si sveglia gli vien da pensare «Nooo, oggi devo andare a correre», e poi si dimentica, pranza, dopo pranzo gli torna in mente, «Nooo, – pensa, – devo andare a correre», ma ha appena pranzato, allora rimanda, e arrivan le sei e gli torna in mente «Nooo, – pensa, – devo anche andare a correre», e non può più rimandare cerca le scarpe da ginnastica se le infila va a correre e correre non è difficile, non è faticoso, la cosa faticosa era quella, trovare le scarpe, e con Che Fuori Tempo che fa, uguale, trovate le scarpe è andata poi bene e poi dopo alla fine, quando sono uscito dagli studi di via Mecenate, c’era un ragazzo che mi aspettava fuori dai tornelli mi ha chiesto se potevamo fare una foto insieme, che c’era anche un suo amico che ce l’avrebbe scattata, e io gli ho detto di sì e, intanto che facevamo la foto, io ho pensato che quello lì, secondo me, non sapeva neanche lontanamente chi ero, io. E quello lì, per me, l’incanto uno non lo direbbe mai, dove lo trova, ecco quello lì, per me, questa recita così scoperta, è stato un momento incantevole.