la Repubblica, 9 dicembre 2014
A Londra la caccia alla volpe si sposta dalla campagna (dove è stata messa al bando) in città. Nasce la professione dell’“urban fox hunter”: 90 euro per ogni esemplare ucciso. «Le volpi sono troppe», si lamenta Boris Johnson, sindaco della capitale, dove secondo una stima recente sono almeno 10 mila. Protestano gli animalisti
In Inghilterra è ricominciata la caccia alla volpe. Non in campagna, dove è stata messa al bando dieci anni fa con il pieno sostegno degli animalisti, per mettere fine alla crudele pratica di una muta di cani che sbranano una piccola preda. È in città che questo carnivoro della famiglia dei canidi, entrato nell’immaginario popolare con la favola di Esopo sull’uva e rimastoci a tutt’oggi grazie a una legione di cartoni animati, è finito improvvisamente nel mirino. Alla lettera: cacciatori armati con fucili di precisione si appostano alle finestre delle case di Londra e passano la notte a eliminare le volpi che appaiono in giardino. Uno di loro si è fatto fotografare di recente da un tabloid con una dozzina di esemplari ai suoi piedi.
È una caccia perfettamente legale, quella alle volpi di città. «Ce ne sono troppe», si lamenta Boris Johnson, sindaco della capitale, dove secondo una stima recente sono almeno 10 mila. Vivono nei numerosi parchi e giardini, pubblici o privati, della metropoli, ma hanno imparato a nutrirsi, invece che di roditori o volatili nel proprio habitat naturale, di rifiuti che trovano nella spazzatura. Così se ne incontrano in continuazione dappertutto. Non c’è londinese che non ne abbia vista qualcuna. Chi scrive può testimoniare di averne incontrate sul marciapiede sotto casa e perfino in mezzo al traffico, abili a sgusciare tra un’auto e l’altra.
A parte rovesciare qualche bidone d’immondizia in cerca di cibo e lasciare in giro escrementi, non sembrava che facessero gravi danni. Ma un anno fa, a Sudest di Londra, una volpe ha ferito un neonato ancora nella culla, cosa che non succedeva dal 2010. È rarissimo che attacchino esseri umani. Più di recente un’altra ha fatto a pezzi un gatto. Sfortunatamente, era il gatto del sindaco. «Volevo imbracciare lo schioppo di persona», ha detto Johnson. Non ce n’è stato bisogno: sulle ali di una campagna di stampa, si è sviluppata una nuova professione, quella di urban fox hunter, cacciatore di volpi di città. Vengono assoldati da residenze privati, ospedali, scuole, alberghi. Si fanno pagare 75 sterline (90 euro) per la prima volpe ammazzata, 50 per ogni successiva e pensano loro a portare via i cadaveri (vengono riciclati in mangime per polli, “giustizia poetica”, la definisce un cacciatore).
Ieri la caccia alla volpe di città è finita in prima pagina perfino sul New York Times. Non tutti sono d’accordo: c’è una pagina Facebook chiamata Urban fox defender con migliaia di seguaci. Gli esperti notano che è una caccia inutile, perché le volpi si riproducono a gran velocità: bisognerebbe ucciderne 7mila all’anno per farne diminuire veramente il numero. E vengono incoraggiate ad avvicinarsi all’uomo da amanti degli animali, che le nutrono apposta, o da un insufficiente servizio di nettezza urbana, che lascia i rifiuti nei cassonetti troppo a lungo.
Come che sia, la Gran Bretagna ha la più alta densità di volpi urbane al mondo. In parte è il risultato di centri abitati molto verdi: Londra ha più parchi di ogni altra capitale d’Europa. Paradossalmente, ora le volpi di campagna sono più al sicuro di quelle di città. Ma anche in campagna la caccia continua: la differenza rispetto al passato è che i cani non possono sbranare “volontariamente” la preda. Questo è il paese che nel 18esimo secolo ha inventato la moderna caccia alla volpe. Ma ha anche fondato la Società per la Protezione degli Animali nel lontano 1824, nove anni prima di abolire lo schiavismo.