La Gazzetta dello Sport, 6 dicembre 2014
Il Censis ci dice che siamo un Paese piegato, disilluso, stanco e ricco, però fermo, impaurito e privo di qualunque desiderio di rischio
Il Censis ci dice che siamo un Paese piegato, disilluso, stanco e ricco, però fermo, impaurito e privo di qualunque desiderio di rischio. Di più: un Paese di disoccupati, ma anche un Paese che ha meno voglia di lavorare degli stranieri che ospita. Questo cumulo di contraddizioni si addensa in mezzo a una crisi, economica ma anche spirituale, che non ha eguali in passato. E sembra senza sbocchi anche per l’incapacità della politica di guidarci, di darci un punto d’arrivo, una speranza, un obiettivo.
• Che cos’è il Censis?
Centro Studi Investimenti Sociali. Cioè, studiano ogni anno il nostro Paese, ne descrivono le tendenze, ne fotografano la struttura sociale. Presiede l’istituto Giuseppe De Rita, cattolico, otto figli, 82 anni, uno dei più intelligenti intellettuali italiani. Quest’estate, scrivendo un editoriale per il Corriere della Sera , con cui collabora regolarmente, De Rita ricordò una frase di Benedetto Croce, scritta dal filosofo nel momento in cui aveva patito un grave lutto personale: «Solo la vita cura la vita». M’è venuta in mente, quella citazione, scorrendo la sintesi del 48 ° Rapporto del Censis in cui appare un’Italia che ha soprattutto questo difetto o problema: in un momento di crisi gravissima, non sa cercare la vita con cui non solo consolarsi, ma curarsi e riprendere slancio.
• Facciamo qualche esempio?
Mah, per esempio la storia dei Neet, quella classe di giovani (15-34 anni) che non studia, non lavora, non cerca un impiego, non segue un corso di formazione. Degli Oblomov, si direbbe, che hanno trasformato il disagio sociale in una sorta di catalessi. Ebbene costoro, una vera preoccupazione per chi abbia a cuore le sorti del Paese, sono aumentati: erano 1.946.000 nel 2004, sono diventati 2.435.000. Questi numeri vanno inseriti nel contesto della disoccupazione: i 15-34 anni erano il 50,9% di tutti i disoccupati prima della crisi. Adesso sono il 75,9%. Il Censis ha calcolato quanto ci costa una condizione giovanile di questo tipo: nel 2004 era occupato il 60,5% dei giovani, nel 2012 questa percentuale era scesa al 48%, in meno di dieci anni sono scomparsi oltre 2,6 milioni di occupati giovani, con una perdita di oltre 142 miliardi di euro che si ripercuote drammaticamente già adesso sul sistema di welfare. Per chi lavora i salari sono bassissimi: di 4,7 milioni di giovani che vivono per conto proprio, oltre la metà ricevono un aiuto economico dai genitori.
• Gli italiani sono più poveri?
Verrebbe da rispondere di no. Il Paese è andato in recessione, l’anno scorso, per la terza volta, eppure tra il 2007 e il 2013 la quantità di contante in possesso delle famiglia è aumentata del 4,9%. Questi soldi stanno fermi, non vengono cioè né spesi né investiti. Il Censis chiama questa «immersione difensiva»: poco meno della metà delle famiglie (il 44,6%) destina le risorse di cui viene in possesso alla difesa della famiglia da possibili imprevisti.
• Perché sono pessimisti?
Sì, in giro c’è poca speranza nel futuro e un acuto senso delle ingiustizie che regolano la nostra vita comune. Il Censis ha chiesto: quali sono i fattori più importanti per la riuscita nella vita? L’intelligenza ha raccolto solo il 7% delle risposte, il valore più basso dell’Unione Europea. All’istruzione è andata meglio perché è stata indicata dal 51% contro però l’82% della Germania e il 63% della media europea. Il lavoro duro conta per il 46% degli intervistati contro il 74% di quelli del Regno Unito. Superiamo gli altri Paesi solo quando si arriva alle conoscenze giuste (indicate come fattore chiave dal 29% degli italiani contro il 19% dei britannici) o alla provenienza da una famiglia benestante (20% contro il 5% indicato dai francesi). In questo quadro deprimente, spicca invece l’attivismo degli stranieri che, a pochi metri da noi, investono, gestiscono, si arricchiscono, dànno lavoro ai loro connazionali e qualche volta persino agli stessi italiani. Negli ultimi sette anni le imprese con titolare extracomunitario sono aumentate del 31,4% mentre quelle gestite da italiani sono diminuite del 10%. Diffusissimi i negozi di alimentari gestiti da stranieri, soprattutto quelli di frutta e verdura, che a fine 2010 rappresentavano il 10% del totale. Vi fanno la spesa, almeno qualche volta, 33 milioni di italiani. Bene anche le imprese artigiane gestite da stranieri sono cresciute del 2,9% negli ultimi due anni contro il calo del 4,5% di quelle italiane.
• Per favore, anche qualche notizia meno deprimente.
Beh, il Censis ha raccolto alcuni dati che testimoniano la persistenza di un certo fascino del “modello Italia” all’estero. Siamo la quinta destinazione turistica al mondo con 186,1 milioni di presenze turistiche straniere nel 2013 e 20,7 miliardi di euro spesi, con un aumento del 6,8% rispetto al 2012. L’export del Made in Italy è aumentato del 30,1% in termini nominali tra il 2009 e il 2013. E poi, forse il dato più stupefacente, 200 milioni di persone parlano la nostra lingua nel mondo.