Il Sole 24 Ore, 8 dicembre 2014
466 euro per abitante. Ecco quanto costano in media le tasse locali. Milano è la città più cara (905 euro ad abitante), seguita da Venezia (853 euro) e da Roma (813). I comuni attendono pagamenti per 16 miliardi
Le tasse sulla casa. Ma anche l’addizionale Irpef e una miriade di altri balzelli che, tutto incluso, valgono in media 466 euro per ogni abitante. È questo il conto annuale che i sindaci presentano ai cittadini: un malloppo che porta nella casse dei Comuni 27 miliardi all’anno (erano meno di 20 nel 2008). Un risultato che cambia drasticamente da città a città, come mostrano i numeri elaborati dal Centro Studi ReAl-Sintesi sulla base dei rendiconti 2013 dei capoluoghi di regione. Nella corsa delle tasse locali è Milano a tagliare il traguardo per prima, con 905 euro ad abitante, tallonata da Venezia che presenta un conto pro capite da 853 euro e da Roma, che si ferma a 813.
Intanto, da qui ai prossimi nove giorni, il fisco municipale chiederà ai cittadini qualcosa come 16 miliardi di euro, tra Imu, Tasi e Rifiuti.
Il «conto» per cittadino nei capoluoghi di regione
La «Iuc», l’imposta unica nel nome e triplice nei fatti che ha deliziato la vita dei contribuenti nel 2014, arriva alla sua stretta finale: finale davvero, a quanto pare, perché lo sfortunato esperimento partorito dalla legge di stabilità dell’anno scorso sembra destinato a cedere il passo alla nuova «tassa locale» in costruzione per l’anno prossimo.
Prima di abbandonare la scena, però, nei prossimi nove giorni chiederà ai contribuenti circa 16 miliardi di euro, per più della metà targati Imu (il suo saldo varrà intorno ai 10 miliardi, due dei quali destinati allo Stato per la «quota erariale» pagata su capannoni, alberghi e centri commerciali). L’anno prossimo, comunque, cambieranno i nomi e miglioreranno (si spera) i meccanismi, ma gli importi non offriranno sorprese, quanto meno piacevoli.
Immobili protagonisti
Il Fisco del mattone rappresenta ormai il piatto principale nel menu dei bilanci comunali, dopo che le diverse ondate di tagli più o meno lineari hanno alleggerito fino a cancellare l’intervento statale, ma non è l’unico. Sindaci e amministrazioni hanno contato sempre di più in questi anni anche sull’addizionale Irpef, che dopo aver viaggiato per lungo tempo intorno ai 2,9 miliardi di euro all’anno veleggia ora a quota 4 miliardi, con un aumento del 38 per cento tra il 2011 e oggi.
Ancora più robusta, ma legata esclusivamente al finanziamento dell’igiene urbana, è l’entrata del tributo sui rifiuti, che è stato protagonista di una girandola di nomi (dalla Tarsu alla Tia, in formato «1» e «2», dalla Tares fino alla Tari di oggi) e chiede ai cittadini 8 miliardi all’anno. Chiudono la partita i cosiddetti tributi “minori”, che comprendono la tassa (o il canone) per l’occupazione del suolo pubblico, l’imposta sulla pubblicità e, dove c’è, l’imposta di soggiorno.
Il conto complessivo
Tutto compreso, questo arcobaleno fiscale chiede porta nelle casse dei Comuni 27 miliardi all’anno, cioè 466 euro per ogni cittadino, bambini compresi. Nel 2008, per fare solo un confronto, le entrate tributarie dei Comuni non arrivavano a quota 20 miliardi, ma negli anni del federalismo prima e della crisi di finanza pubblica poi lo scambio è stato chiaro:?lo Stato, a suon di tagli, ha progressivamente alleggerito fino ad azzerarlo il proprio contributo alla finanza locale, e le norme hanno chiesto ai cittadini-contribuenti di sostituirlo in questo ruolo.
Nelle città
Il risultato cambia però drasticamente da città a città, come mostrano i numeri messi in vetrina dal grafico in questa pagina e realizzati dal Centro Studi ReAl-Sintesi sulla base degli ultimi rendiconti dei capoluoghi di regione.
Nella corsa delle tasse locali, in base a questi calcoli, è Milano a tagliare il traguardo per prima, con 905 euro ad abitante, tallonata da Venezia che presenta un conto pro capite da 853 euro e da Roma, che si ferma a 813. All’altro capo della graduatoria si incontrano l’Aquila, dove il rapporto fra entrate tributarie e abitanti non supera i 314 euro anche per le esenzioni Imu seguite al terremoto del 2009, Campobasso (452 euro) e Trento (453 euro, grazie allo Statuto di Autonomia che ha permesso di non esagerare con l’Imu e di evitare, unico tra i capoluoghi, l’addizionale Irpef).
Dati e pressione fiscale
La classifica, è bene dirlo subito, non indica direttamente la pressione fiscale decisa da sindaco e giunta, perché i risultati dipendono da un insieme di variabili:?le aliquote, certo, ma anche il quadro locale della ricchezza immobiliare misurata dal Fisco, la situazione dei redditi e l’intensità delle attività economiche. Milano e Roma, per intenderci, hanno aliquote pressoché uguali, ma dal punto di vista dei soldi chiesti ai cittadini la Capitale economica si rivela anche la Capitale delle tasse locali.
A spingere in alto Venezia, poi, è il ruolo dell’imposta di soggiorno, che gonfia la voce dedicata agli «altri tributi»:?è ovvio, in questo caso, che il numero indica il rapporto fra le entrate e gli abitanti, e non i soldi chiesti ai residenti perché a pagare l’imposta di soggiorno sono i turisti.
Sui redditi
La geografia dei redditi influenza invece l’addizionale Irpef, ma in questo caso i risultati effettivi mostrano un collegamento più diretto con le scelte fiscali dei sindaci. Da segnalare, a questo riguardo, oltre all’eccezione trentina, è anche il dato di Firenze (34 euro a cittadino), destinato a migliorare ancora nel conto 2014 dopo che la Giunta Nardella ha deciso di azzerare l’addizionale per i redditi sotto i 25mila euro.