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 2014  dicembre 08 Lunedì calendario

Eni, Tenaris, Maire, Saras così il petrolio impatta la Borsa. I prezzi rimarranno bassi anche nei prossimi mesi. Ma non tutti i titoli legati a questa materia prima ne soffrono allo stesso modo. E alcuni guadagnano

Milano C’ è chi sostiene che sia una guerra commerciale mossa dall’Arabia Saudita nei confronti degli Stati Uniti per frenare il fenomeno shale oil: mantenere bassi i prezzi del greggio per rendere economicamente insostenibile la ricerca di nuovi giacimenti di petrolio estratto dagli strati rocciosi del sottosuolo. E chi, invece, ritiene che arabi e americani siano – in realtà – alleati per mettere in difficoltà stati “politicamente” avversari come la Russia, l’Iran, il Venezuela, l’Algeria, i cui conti pubblici e le possibilità di crescita si basano su un livello del greggio scambiato sui mercati internazionali a 100-120 dollari. Ma il dibattito geopolitico interessa fino a un certo punto fondi e istituzioni finanziarie. Quello che conta, per programmare gli investimenti del 2015, è la decisione dell’Opec di lasciare invariate le quote di produzione. Il che ha convinto gli analisti che i prezzi del Brent (il prezzo di riferimento del mercato di Londra) e il Wti (la quotazione a New York) rimarranno a bassi livelli per i prossimi mesi. Un dato che non può non aver ripercussioni anche sui piani delle società quotate a Piazza Affari i cui business principali sono strettamente legati al mercato degli idrocarburi. Ma non è detto che le ricadute del caro-greggio siano per tutti negative. C’è chi potrebbe addirittura approfittarne per aumentare la redditività con nuove occasioni di business. Non è il caso di Eni. Il principale gruppo di Piazza Affari per capitalizzazione risente oltremodo della situazione: nelle ultime settimane i manager del gruppo sono impegnati nel rivedere gli obiettivi, visto che il piano finanziario e i target sono allineati a un prezzo del petrolio compreso da 90 e i 100 dollari. Secondo le stime degli analisti, ogni dollaro di calo del barile riferito al Brent equivale alla perdita di 100 milioni di euro di free cash flow. In discussione sono gli utili del 2015 da distribuire nel 2016, se la situazione di ribasso dovesse perdurare: Banca Imi arriva a ipotizzare fino a un taglio del 40% degli utili, il che potrebbe portare a una riduzione dei dividendi. Il problema per il gruppo di Metanopoli è doppio, perché coinvolge anche la controllata Saipem: il calo delle quotazioni sta portando alla sospensione di molti nuovi progetti di esplorazione. Il che potrebbe penalizzare le società di ingegneria specializzate nella tecn ologia Exploration& Production. Eni potrebbe così essere costretta a rinviare la vendita della sua quota del 42%, nell’ambito di un piano che prevede operazioni straordinarie per almeno 6 miliardi nel 2015. Ripercussioni negative sul breve, ma opportunità di guadagno in prospettiva per il gruppo Saras. La società controllata dalla famiglia Moratti è reduce da una trimestrale ancora in rosso per 29,5 milioni, anche per la riduzione di valore degli inventari petroliferi in seguito al calo dei prezzi. Allo stesso tempo, la società potrà ora acquistare materia prima da raffinare a prezzi più convenienti. Inoltre, rispetto ai competitor è in grado di lavorare anche nuove produzioni di “olio” con caratteristiche chimico-fisiche molto particolari. Per cui la maggior parte degli analisti prevede un lieve incremento dei margini di raffinazione per il 2015. Nel caso di Saras, pesa anche la situazione geopolitica. A causa delle sanzioni della Ue nei confronti della Russia non è ancora operativa la joint venture con il gruppo Rosneft, che ha rilevato il 21% della società. Non c’è dubbio che la riduzione degli investimenti per i progetti che hanno ritorni sopra i 90 dollari rischia di penalizzare società come Tenaris. Il gruppo della famiglia Rocca fornisce soprattutto manufatti per l’industria estrattiva e la Borsa ha già scontato il calo dei prezzi nelle valutazioni dell’utile del prossimo anno. Ma la società è ben posizionata in nazioni con grande potenziale di crescita nella produzione come il Brasile e il Messico. Buone potenzialità anche in Argentina, dove tutto è legato allo sviluppo dell’enorme giacimento di shale gas di Vaca Muerta. Se il prezzo del petrolio dovesse rimanere a questi livelli, si aprirebbero nuove opportunità di business per Maire Tecnimont, specializzata nella costruzione di impianti per il settore energia e della chimica. Le raffinerie, ad esempio, possono potenziare gli impianti per la lavorazione di distillati di qualità più alta destinata ai motori Euro 5 e 6. Mentre dallo sviluppo dello shale gas possono arrivare commesse per il metano consumato “in loco”. Come dimostra, il contratto da 1,6 miliardi appena stipulato da Maire Tecnimont negli Usa per un grande complesso di fertilizzanti nello stato dell’Indiana. Una via di mezzo, infine, è rappresentata da Snam. La società guidata da Carlo Malacarne ha già esaminato i possibili svantaggi: una riduzione degli investimenti complessivi non può che riguardare anche il settore del downstreamdel gas. Ma il calo del petrolio porterà all’allineamento dei prezzi spot con quelli di lungo periodo ( take or pay), spesso legati alle quotazioni del greggio. Il che – considerano gli analisti della società – dovrebbe portare a un aumento della liquidità sul mercato e a maggiori scambi, la situazione ideale per chi incassa garantendone il trasporto.