La Stampa, 8 dicembre 2014
La cordata di petroliere russo-ciprioti che si sta comprando il Parma per 7 milioni di euro. Nevio Scala: «Ben vengano se sono persone di qualità e amano il calcio. Anche se la notizia della cessione mi ha sorpreso. Apprezzo Ghirardi, non pensavo mollasse: forse si è stancato, forse i risultati non erano quelli che voleva»
Dalle note di Verdi ai rubli russi. Anzi, ai 7 milioni di euro russo-ciprioti che una cordata di petrolieri ha messo sul tavolo per rilevare il Parma calcio, la ex provinciale delle meraviglie, l’incubatrice di Arrigo Sacchi e l’ex squadra-gioiello di Nevio Scala che ancora alla fine dello scorso campionato sognava l’Europa ma in realtà navigava in una brutale crisi di liquidità. La cessione a un gruppo di investitori sparsi fra Mosca e Nicosia è il rabbocco a un serbatoio ormai vuoto, per evitare che finisse il gas delle (residue) speranze di Donadoni&Co., ma la città ducale ai bradisismi societari ha fatto il callo.
Nata come Parma Foot Ball Club nel 1913 la società si era trasformata in Parma Associazione sportiva nel 1930, e nel 1968 era già finita una prima volta in liquidazione. Titolo sportivo e maglia crociata li aveva rilevati la Parmense ed erano arrivati anni di saliscendi fra serie B e C, impreziositi da nomi scintillanti: Cesare Maldini è l’allenatore della promozione nel 1978/79, ottenuta in uno spareggio con la Triestina vinto con due gol di un giovanissimo Carlo Ancelotti. Nel 1985 il Parma aveva iniziato a trasformarsi nel Parma, il prodotto pregiato della provincia italiana (e padana), il laboratorio del calcio del futuro governato ossessivamente dalla panchina da Arrigo Sacchi. Il profeta della zona incantò la città e stregò Silvio Berlusconi, eliminando in un match leggendario il Milan in Coppa Italia, sfiorò la serie A poi cedette il posto al carisma ancora semisconosciuto di Zdenek Zeman, capace di battere in precampionato Roma e Real Madrid.
Ma l’epopea vera doveva ancora cominciare e l’avrebbero firmata negli spericolati Anni 90 le idee di Nevio Scala e le palanche di Calisto Tanzi, il patron della Parmalat. Dopo la promozione in A la famiglia Tanzi acquista la maggioranza e iniziano annate formidabili. A Parma arrivano Taffarel e Asprilla, Zola, Sensini, Fernando Couto, Dino Baggio, Filippo Inzaghi, Hristo Stoichkov: e poi Buffon, Thuram, Fabio Cannavaro, stelle mondiali in costruzione. La piccola squadra emiliana si scopre un’anima ambiziosa, in Italia e all’estero, vive due o tre cicli lussureggianti firmati in panchina prima da Scala, poi da Ancelotti e Malesani. Il risultato sono 3 Coppe Italia (la prima strappata alla Juve), uno scudetto sfiorato (nel ’97), una Coppa delle Coppe, due Coppe Uefa e una Supercoppa europea che fanno del Parma il 4° club italiano per titoli europei.
Non più una piccola, non sarà mai una grande: perché il Tardini non è il Meazza e Parma non è Milano. Quando Boban rifiuta il trasferimento la motivazione è spietata: «A Parma hai sempre paura che se sbagli un tiro la palla finisce in strada». Lontano dalle poltrone che contano, sotto gli occhi di una tifoseria proverbialmente fredda, che si scalda piano e si disamora in fretta. Il nuovo Millennio è quello del crac Parmalat, dello sboom che sveglia e sconvolge una città sempre sospesa fra Stendhal e Cronaca vera, e del nuovo assetto societario con la nascita del Parma F.C. Poi i lampi di Gilardino, lo sprofondo in serie B nel 2008, la risalita, il permanere di una vocazione europea anche in anni recenti, anche sotto la disastrata gestione Ghirardi: Donadoni, Cassano e l’illusione malata che tutto potesse tornare come una volta. Ma da ieri la provincia nobile del pallone italiano è roba russa.
Stefano Semeraro
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Nevio Scala ha lasciato Parma quasi vent’anni fa (dopo la promozione in A, una coppa Italia, una coppa Coppe e una coppa Uefa). Ricordi?
«Quei primi successi europei restano vivi e sono stati un buon biglietto di visita per la cordata che vuole comprare il club. Dopo quelle vittorie Parma è diventata una realtà mondiale. Anch’io ho allenato in Germania, Ucraina, Russia e Turchia ma la gente mi ferma e ricorda la squadra di quegli anni».
Lei ha allenato prima lo Shakhtar Donetsk poi lo Spartak Mosca: che rapporto ha avuto con i russi?
«Sempre ottimi. A Mosca poi ho avuto due presidenti, ho iniziato con uno e finito con l’altro. Parlo male solo dei turchi (allenò il Besiktas nel 2000)».
Come vede l’ingresso dei petrolieri russi nel calcio italiano?
«Ben vengano se sono persone di qualità e amano il calcio. Anche se la notizia della cessione mi ha sorpreso. Apprezzo Ghirardi, non pensavo mollasse: forse si è stancato, forse i risultati non erano quelli che voleva».
Il Parma è ultimo, da chi si può ripartire?
«Da Donadoni, bravo e sereno anche nelle difficoltà».
m. bal.