Corriere della Sera, 8 dicembre 2014
A Bruxelles i funzionari sul dossier Grecia dicono che la possibilità di porre termine allo stato di Paese in salvataggio sono praticamente nulle. Atene è in deflazione da due anni, la disoccupazione è superiore al 25%, più di un terzo dei cittadini è a rischio povertà. Ma il Pil crescerà attorno allo 0,6%, e l’anno prossimo di quasi il 3%. Il turismo è in boom. Sulla base di questi risultati, Samaras aveva puntato a uscire dalla tutela della troika ma ha errore di valutazione: la prospettiva ha spaventato i mercati, i tassi d’interesse sono tornati a salire. Ora servirà un nuovo prestito internazionale di una dozzina di miliardi
Difficile vivere quando la troika è in città. Lo sa il primo ministro greco Antonis Samaras, che sperava di liberarsene entro quest’anno e che invece, con ogni probabilità, oggi a Bruxelles si sentirà dire che Atene la dovrà subire almeno per tutto il 2015 e una parte del 2016. E lo sanno tutti i greci, dal maggio 2010: mentre la crisi finanziaria stava precipitando, accettarono il primo pacchetto di aiuti internazionali e il controllo delle scelte economiche a Ue, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale (Fmi). Un terzetto diventato da allora, secondo molti, sinonimo di umiliazione, oltre che di esproprio della sovranità nazionale. In questi giorni in Grecia sta succedendo qualcosa che è, ancora una volta, un’anticipazione di quello che può accadere altrove, in Europa: dove la crisi politica è ormai la continuazione della crisi finanziaria, con altri incubi.
Alla riunione dei ministri finanziari della Ue, Samaras arriva con numeri incoraggianti sul versante economico, con un grave errore di valutazione e con prospettive politiche oscure. A Bruxelles i funzionari sul dossier Grecia dicono che la possibilità di porre termine allo stato di Paese in salvataggio – di uscire dall’era del Memorandum, come dicono ad Atene in riferimento agli impegni di riforma e risanamento dei conti pubblici sottoscritti – sono praticamente nulle.
Non si può dire che, dopo 5 anni drammatici, l’economia sia tornata brillante. Il Paese è in deflazione da due anni, la disoccupazione è superiore al 25%, più di un terzo dei cittadini è a rischio povertà. Però, per la prima volta quest’anno, il Pil crescerà, attorno allo 0,6%, e l’anno prossimo di quasi il 3%, secondo l’Fmi. Il turismo è in boom, alcuni investimenti dall’estero sono in arrivo. E il bilancio dello Stato dovrebbe registrare un avanzo primario (prima degli interessi sul debito). Sulla base di questi risultati, Samaras aveva puntato a uscire dalla tutela della troika e di tornare a finanziarsi autonomamente sui mercati, come hanno fatto gli altri due Paesi sottoposti negli anni scorsi a procedura di salvataggio, Irlanda e Portogallo. Qui, l’errore di valutazione: la prospettiva ha spaventato i mercati, i tassi d’interesse sono tornati a salire e il progetto di raccogliere 9 miliardi nel 2015 è sfumato. Ora servirà un nuovo prestito internazionale di una dozzina di miliardi, con la conseguente necessità di rimanere sotto la tutela internazionale.
In questo quadro, la prospettiva politica è da cambio di regime. Tra manifestazioni anche violente, ci si prepara alle elezioni presidenziali (indirette) di febbraio. Se la maggioranza, che conta su 155 seggi in Parlamento, non riuscirà a raggiungere i 180 voti per eleggere un suo candidato, con ogni probabilità si andrà a elezioni anticipate, a marzo. E secondo i sondaggi le vincerebbe Syriza, il partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras contrario a rimanere sotto la cappa del Memorandum. Dopo un road-show nella City di Londra tenuto da alcuni esponenti di Syriza, tra gli investitori internazionali si è diffuso un mezzo panico, spaventati dalle posizioni caotiche del partito oggi dato tra i 4 e i 7 punti in vantaggio su Samaras. C’è chi è tornato a parlare di «tragedia greca».
Se Syriza vincesse le elezioni e Tsipras cercasse di formare un governo, i mercati tornerebbero a vacillare e la crisi politica arriverebbe a Bruxelles, a rimettere in discussione 5 anni di strategia salva euro. Il fatto è che il 2015 potrebbe essere di fuoco, per la politica europea, non solo a causa della Grecia. Le elezioni britanniche saranno un test sulla permanenza o meno del Regno nella Ue, con il «separatista» Ukip forte nei sondaggi. In Spagna, altro Paese dove si terranno elezioni, è dato in crescita Podemos, partito non lontano dalle posizioni di Syriza. Persino nella storicamente stabile Svezia, il nuovo governo è appena caduto e ha indetto elezioni anticipate che saranno giocate sui temi dell’immigrazione e dell’Europa. Atene sarà solo l’inizio di un altro anno complicato.