la Repubblica, 5 dicembre 2014
«Wind è pronta a dare Infostrada per fare di Metroweb il perno di un nuovo piano per la fibra». Parla l’ad Maximo Ibarra. Senza uno schema pubblico-privato non si rispetta l’Agenda digitale Anche sulle reti mobili vi possono essere sinergie tra gli operatori per sviluppare la tecnologia
Le avances di Telecom Italia per la quota di maggioranza di Metroweb hanno fatto tornare d’attualità l’idea di un piano nazionale per le reti di nuova generazione. A cui potrebbe partecipare anche Wind, come rivela l’ad Maximo Ibarra.
Dottor Ibarra, Wind è attiva nella telefonia fissa attraverso Infostrada. Avete anche voi un piano per sviluppare la banda larga attraverso la posa della fibra?
«Siamo interessati a coprire con Infostrada le città più importanti e che danno un ritorno economico, come Milano, Bologna, Genova. Ma mi preme constatare che queste aree più profittevoli sono, ovviamente, allo stesso momento al centro dell’attenzione anche degli altri operatori. Se si procede così, si avranno in Italia 30 città cablate da quattro operatori diversi e il resto del Paese in una condizione da digital divide».
L’Agenda Digitale prevede di portare la banda a 100 Mega all’85% della popolazione entro il 2020. E a 30 Mega al restante 15%. È realistico un risultato del genere?
«Non credo possa essere raggiunto questo obbiettivo se non cambiando schema e pensando a una partnership pubblico-privato. Occorre formare un veicolo che comprenda tutti gli operatori e la Cdp, che possa fare investimenti a lungo termine beneficiando anche delle risorse che, per la prima volta, il governo ha deciso di mettere a disposizione».
Dopo anni di discussioni su una società della rete che doveva nascere con uno scorporo da Telecom ora la stessa Telecom e Vodafone hanno messo gli occhi su Metroweb. Si potrebbe ripartire da lì?
«Secondo me sì. Metroweb può essere il germe da cui partire per realizzare la partnership a cui mi riferivo prima. Ma dovrebbe essere aperta a tutti i principali operatori della telefonia fissa e garantire parità di accesso e tariffe competitive agli attori del mercato. Solo così si può andare oltre le 20-30 città principali e raggiungere, invece, gli obbiettivi dell’Agenda Digitale».
Dunque anche Wind sarebbe interessata a entrare nel capitale di Metroweb, dove sono già presenti Fastweb e la Cdp, e insieme a Telecom e Vodafone partecipare a un piano strategico per cablare tutta l’Italia?
«Sì, noi potremmo partecipare al capitale apportando gli asset di Infostrada in modo da rendere ancora più consistente il veicolo di partenza. Essendo un soggetto pubblico-privato non investirà solo nelle aree con ritorni sostenibili ma avrà una vista più lunga. Sarebbe un’operazione di sistema intelligente».
E chi dovrebbe controllare la Metroweb allargata?
«Le quote di partecipazione sono un aspetto tecnico, non conta se qualcuno pesa più di un altro. L’importante è la governance: in una società di questo tipo le decisioni strategiche devono essere prese da una maggioranza qualificata e allargata. Certo, per un progetto del genere ci vuole molto pragmatismo».
I vostri concorrenti diranno che volete socializzare la rete perché non avete risorse sufficienti per investire da soli. È così?
«No, non è così. Ogni anno investiamo 900 milioni in tecnologia e con una gestione efficiente abbiamo fatto passi da gigante su clienti e quote di mercato. Oggi Wind sui segmenti residenziale e partite Iva è molto vicina a Vodafone e Telecom. Produciamo un miliardo di cash flow all’anno con 22 milioni di clienti nel mobile, 3 milioni nel fisso e il nostro Ebitda è molto vicino a quello del secondo operatore. Abbiamo rinegoziato il debito con un risparmio di 350 milioni all’anno e stiamo vendendo le torri di trasmissione. Abbiamo puntato per primi sulla convergenza e sullo sviluppo dei canali digitali. Da cinque anni siamo primi nella customer satisfaction».
Voi state vendendo le torri, Telecom le vuole quotare in Borsa come ha fatto Raiway. Anche sulla rete mobile pare che gli operatori si stiano muovendo in ordine sparso.
«È vero ma anche per le reti mobili sarebbe possibile un consolidamento intelligente. Una Tower company che gestisse le reti di diversi operatori potrebbe ottenere sinergie a vari livelli, agevolando la condivisione, diminuendo il numero complessivo delle torri a vantaggio dell’ambiente e dei costi di affitto, risparmiando sui costi dell’energia, di condizionamento e di manutenzione».
Anche negli investimenti in tecnologia mobile si potrebbero ottenere sinergie tra i diversi operatori?
«Dialogando tra operatori si potrebbero fare, con le stesse risorse, molte più cose e accelerare il processo di innovazione tecnologica. Ora siamo al 4G e già si sta parlando di 5G tra cinque anni e non più tra dieci. Per far fronte a tutti gli investimenti necessari sarebbe razionale condividere i diversi livelli di tecnologia che si posizionano sopra torri gestite da un operatore unico».
Il consolidamento del mercato tlc passa anche attraverso i produttori di contenuti, come dimostrano Telefonica in Spagna e Bt e Vodafone in Gran Bretagna. Perché si sta andando in questa direzione?
«Perché l’interesse dei clienti si sta orientando: un soggetto vuole usufruire di banda ultralarga indoor e outdoor anche fino a 100 Mega, contenuti Tv e sim card mobili con certi volumi di Giga a disposizione. I contenuti Tv possono essere esclusivi o meno e non venire solo da Sky o Mediaset Premium ma anche dai cosiddetti Over the top».
I vostri azionisti si sono parlati a più riprese con quelli di H3g per cercare di arrivare a una fusione in Italia, ma senza risultati concreti. C’è spazio per ulteriori approfondimenti?
«Gli azionisti di Wind hanno dichiarato che sono state condotte esplorazioni con il gruppo H3G per eventuali joint venture che non hanno prodotto alcun risultato. Devo anche dire che con la rinegoziazione di 8 miliardi di debito, compiuta prima dell’estate, la nostra situazione oggi è tranquilla».