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 2014  dicembre 05 Venerdì calendario

Il tesoro nascosto del Vaticano: «Milioni di euro fuori bilancio». Le finanze oltretevere nel mirino del cardinale Pell: «Scopro che siamo più ricchi, ma troppi dicasteri non rendono conto dei loro soldi. Ora basta»

Piace a Francesco il cardinale australiano George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia vaticana (in sostanza il ministro per l’economia), perché non la manda mai a dire. Così, in un articolo scritto “in esclusiva” per il settimanale britannico Catholic Herald in uscita oggi, egli dichiara candidamente di aver scoperto centinaia di milioni di euro nascosti nei conti di vari dipartimenti della Santa Sede senza che questi soldi fossero registrati nei bilanci degli ultimi anni della città Stato. Una scoperta che significa che le finanze vaticane sono in condizioni migliori di quanto egli stesso avesse ritenuto.
Scrive: «In effetti abbiamo scoperto che la situazione è molto più sana di quanto apparisse, perché centinaia di milioni di euro erano nascosti in alcune sezioni specifiche dei conti e non apparivano nel bilancio». E ancora: «È importante sottolineare che il Vaticano non è in bancarotta. La Santa Sede si sta mantenendo da sola, possedendo importanti attività e investimenti». Il consuntivo consolidato della Santa Sede per l’anno 2013, approvato nel luglio 2014, ha chiuso con un deficit di 24.470.549 euro. Ma proprio alla luce del deficit le parole di Pell fanno comprendere come le nuove scoperte non siano poca cosa. Seppure queste non riguardino la banca vaticana: «Allo Ior dal 2013 a oggi, da quando è in corso la verifica sui conti, non sono stati trovati fondi non contabilizzati», dice a Repubblica il portavoce dello Ior, Max Hohenberg.
Le parole del porporato mostrano uno stato di cose in parte noto, ma sul quale mai il Vaticano aveva fatto abbastanza luce. Congregazioni, Pontifici consigli «e, specialmente – dice – la segreteria di Stato, hanno goduto e difeso una sana indipendenza», gestendo propri investimenti senza un effettivo controllo centrale. E ancora: «I problemi erano tenuti “in casa”. Pochissimi erano tentati di dire al mondo esterno che cosa stava accadendo, tranne quando avevano bisogno di un aiuto supplementare». E così, se alcuni sono stati capaci di gestire i soldi nel mondo migliore e trasparente, altri ne hanno approfittato, a volte sbandando, altre volte «ignorando i princìpi contabili moderni». I dicasteri hanno anche difeso gelosamente la propria indipendenza, ma ora tutto ciò è destinato a finire. Pell, infatti, ha avocato a sé per volere del Papa il controllo di tutte le finanze tanto che l’autonomia di un tempo dei singoli dicasteri – molti di fatto potevano anche assumere personale – è finita.
Nascono probabilmente anche da qui alcune resistenze interne circa il lavoro di Pell. Resistenze che non scalfiscono la leadership del porporato australiano che continua a lavorare col pieno appoggio del Papa. Tempo fa il cardinale ha spedito una lettera a tutti i dipartimenti informando delle novità su codice etico e contabilità. Dal primo gennaio, ogni dipartimento dovrà attuare “solide ed efficienti politiche di gestione” e preparare rendiconti finanziari “in un modo coerente e trasparente” in aderenza agli standard di contabilità internazionali.