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 2014  dicembre 05 Venerdì calendario

Renzi vuole mettere le mani sul fondo sovrano della Repubblica, la Cassa Depositi e Prestiti. Il Pd prima ha nominato alla presidenza una vecchia conoscenza della finanza ex comunista come Franco Bassanini, e ora il premier manda in prima linea Andrea Guerra

Matteo Renzi si prepara a conquistare la Cassa Depositi e Prestiti? Come escluderlo dopo la nomina di Andrea Guerra, ex amministratore delegato di Luxottica alla carica di consigliere personale del premier per quanto riguarda la finanza e l’industria. La Cassa Depositi e Prestiti, è bene ricordarlo, è il solo autentico forziere esistente oggi in Italia. Potremmo definirlo il fondo sovrano della Repubblica. Nelle sue casse confluisce la raccolta di Poste: buoni fruttiferi e conti correnti di Bancoposta. Complessivamente una dotazione di circa 200 miliardi che in momenti di crisi fanno gola. Per statuto queste risorse vengono utilizzate per finanziare gli enti locali. Tuttavia le nuove articolazioni (per esempio il Fondo strategico italiano oppure F2i) l’hanno fatta assomigliare sempre di più ad una banca d’investimenti. Già Giulio Tremonti, ai tempi in cui era ministro dell’Economia, aveva provato a indirizzare l’immenso patrimonio verso obiettivi più direttamente produttivi. Il progetto però era stato fermato piuttosto brutalmente. Troppo potente la Cdp per essere lasciata libera. Non a caso il Pd se n’è rapidamente impadronito nominando alla presidenza una vecchia conoscenza della finanza ex comunista come Franco Bassanini. Ora Renzi sta lanciando la sua personale battaglia di conquista. A spingerlo la considerazione gli attuali vertici non appartengono certo al circolo della Leopolda a differenza di Andrea Guerra che, comunque, rappresenta un jolly di assoluto rispetto: nessuno, infatti, può mettere in dubbio le sue capacità professionali. Dieci anni in Luxottica (da cui è uscito con una liquidazione di 46 milioni) e prima ancora in Indesit lo collocano al top in Italia. Per Renzi una grande opportunità. In un momento di crisi come quello che attraversiamo la possibilità di disporre docilmente di un’arma potente come la Cdp diventa un fattore strategico. Tanto più che la leadership della Cdp appare indebolita. A dare fuoco alle polveri era stato un paio di settimane fa il direttore generale di Banca Intesa Gaetano Miccichè. Banchiere solitamente prudente, Miccichè aveva lanciato frecce al curaro contro la gestione del Fondo Strategico Italiano che, a dispetto del nome, si occupa di piccolo cabotaggio. Niente di importante come invece avrebbero consigliato le necessità del Paese e, soprattutto, la consistente dotazione finanziaria (4 miliardi). Nel mirino le ultime operazioni fatte da Fsi: l’acquisto delle quote nel gruppo Cremonini e nel gruppo di Rocco Forte. Soprattutto questa operazione era apparsa al banchiere siciliano piuttosto impropria. Fra le altre proprietà della società che fa capo al figlio del mitico Sir Charles Forte spicca il Verdura Resort di Sciacca. Iniziativa ambiziosa ma con risultati ancora inferiori alle attese. Che cosa c’è di strategico, si era chiesto Miccichè, nell’investire in un gruppo che si occupa di alimentazione in catena di montaggio e in una compagnia di grandi alberghi formalmente a capitale britannico? Ma, tutto sommato le frecciate del direttore generale di Intesa sono ancora punture di spillo se confrontate con il missile a testata atomica che sta arrivando addosso a Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato della Cdp. Rischia, infatti, un processo per una vecchia storia di Caboto, banca d’affari di Intesa oggi scomparsa. In tal caso verrebbero meno i requisiti di onorabilità. Il cda potrebbe confermarlo fino al termine del mandato (2016). Tuttavia è intuibile che la sentenza contraria lo indebolirebbe enormemente e sarebbe difficile fermare l’ascesa di Guerra. Un successo irripetibile per Renzi: che cosa ci può essere di più strategico per Fsi che investire in Ilva?