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 2014  dicembre 05 Venerdì calendario

Draghi delude le Borse ma si libera della Germania. I mercati si aspettavano l’annuncio di una politica monetaria espansiva. Il governatore della Bce spiega però che da oggi non servirà l’unanimità per le misure straordinarie (vedi Qe). Una sberla alla Merkel

«Presidente Draghi, ma lei non pensa che un tribunale potrebbe giudicare illegali gli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce?». Ma secondo lei – replica al giornalista il banchiere – noi perdiamo tempo a discutere di cose illegali? «Noi siamo convinti che il Quantitative Easing, anche attraverso l’acquisto di titoli di Stato, è uno strumento che noi possiamo utilizzare nell’ambito del nostro mandato, che è di mantenere o riportare il tasso di inflazione poco sotto il 2 per cento. Sarebbe illegale, se non pensassimo a compiere la nostra missione».
Mario Draghi chiude con questa replica a Jens Weidmann, presidente e della Bundesbank e al membro tedesco della Bce, Sabine Lauterschlaeger (che in un’intervista di inizio settimana ha rilanciato i dubbi giuridici), l’ultima conferenza stampa del 2014. Non c’è stato, come speravano i mercati finanziari, l’annuncio dell’avvio degli acquisti dei titoli di Stato. Ma il banchiere ha ribadito che si va avanti, seppur troppo piano per le Borse, ieri pomeriggio in ribasso: -2,7% Milano, mentre l’euro è risalito a quota 1,24 sul dollaro. Sale invece il rendimento dei Btp al 2,06%, 7 punti rispetto al minimo, a dimostrazione che i mercati non speravano troppo in un’accelerazione della Bce sulla strada già tracciata.
Perché si va comunque avanti. Senza preoccuparsi troppo del no di Berlino. «Già in altre occasioni – dice – abbiamo preso decisioni importanti a maggioranza». E nella riunione di ieri si è manifestato un primo strappo con la Bundesbank: il bilancio della Bce, si legge nel comunicato, è destinato a crescere di mille miliardi ai livelli del 2012. Fino al mese scorso, invece, ci si limitava “ad attendere l’aumento” del bilancio. Sembra questione di lana caprina. Ma in questo caso, ha sottolineato lo stesso Draghi, «il linguaggio ha importanza: c’è una grande differenza tra expected e intended. Non a caso su questo vocabolo abbiamo votato a maggioranza». Un bell’esempio delle difficoltà che deve affrontare il presidente della Bce, un po’ tirando di sciabola, un po’ di fioretto. Intanto, la situazione dell’economia è sempre più drammatica. Il tasso di crescita di Eurolandia, non andrà quest’anno oltre lo 0,8%, per poi salire (forse) al’1% l’anno prossimo, cioè assai meno della previsione, l’1,6%, fatta meno di sei mesi fa. L’inflazione, intanto, scivola allo 0,7% per il 2015. Ancor peggio, per il 2016 le previsioni (in questi anni troppo ottimiste) parlano di un aumento dei prezzi dell’1,4%: nel migliore dei casi, insomma, si tornerà ad un tasso normale solo nel 2017. Intanto dalla conferenza di Draghi è emerso che: 1) il Qe riguarderà i titoli di Stato dell’eurozona, ma non ci saranno acquisti d’oro ed è stata scartata l’ipotesi di acquistare dollari o altre valute; 2) non è però ancora stato deciso quali titoli comprare, né in quale quantità o per quale durata; 3) a complicare la strategia si è aggiunto il calo del petrolio. Una buona notizia, che per l’Europa ha finora comportato un risparmio di dieci miliardi di euro ma che, tra le conseguenze, comporta un nuovo calo dell’inflazione, già in forte frenata.
Che succederà nel frattempo ai nostri soldi? Il QE, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ha dato il via a suo tempo ad un rialzo dei titoli in circolazione, consentendo buoni affari, come è logico visto il sostegno offerto dagli acquisti del Tesoro alle emissioni. In Giappone, al contrario, la manovra ha spinto all’ingiù le emissioni. La spiegazione? Nel primo caso, il mercato ha dato, a ragione, credito al QE come prima mossa per il risanamento dell’economia. A Tokyo, invece, è stato inteso come sintomo di una crisi sempre più grave. Che accadrà da noi? Il pronostico è per un robusto aumento di Btp e Bonos spagnoli e riduzione dello spread con la Germania. Una bella boccata d’ossigeno purché, dopo le mosse di Draghi, si muova il resto. Crede il banchiere nello striminzito piano Juncker? «Certo – risponde Draghi – è l’unica cosa che abbiamo».
Finisce così la conferenza stampa, la prima che si è tenuta al 41° piano della nuova sede della Bce a cui si accede la vecchia sede dei mercati generali sotto cui, intatta, c’è ancora la memoria di un’Europa (e di una Germania) che non si vuole vedere mai più: qui, nel sottosuolo, sorgeva la stazione di passaggio per gli ebrei (almeno 10.000) poi avviati ai campi di sterminio. Il luogo è rimasto intatto, compresi i graffiti degli sventurati, a mo’ di monito delle tragedie del Vecchio Continente: sbagliare di nuovo è Verboten.