Corriere della Sera, 5 dicembre 2014
Tutti i figli della PlayStation. I vent’anni della console più famosa al mondo e del suo successo planetario: 1,5 miliardi di giocatori, di cui 21 milioni italiani
All’inizio si chiamava Play Station, con uno spazio in mezzo. Ed era di Nintendo. Era il 1991 e Sony stava lavorando con la (non ancora) rivale di Kyoto per inserire un lettore cd nella console di gioco di riferimento di allora, il Super Nintendo Entertainment System. Poi Nintendo ruppe il contratto e a Tokyo non la presero bene. Decisero di andare avanti per conto proprio. Il 3 dicembre 1994 la prima Playstation (senza spazio, per motivi di licenza) arrivò nei negozi giapponesi. Portando con sé una grafica 3D fino ad allora mai vista e una rivoluzione che vent’anni dopo vede i videogiochi primeggiare per l’intrattenimento. Quella dal gaming è un’industria, in un’epoca non facile per i consumi, cresciuta fino a 70 miliardi di dollari di valore nel 2013, contro i 50 di cinema e musica messi assieme.
Vent’anni fa non era così, i videogiochi erano un fenomeno che a un quarto di secolo dalla nascita stentava a superare i propri limiti: un divertimento per ragazzi, maschi, chiusi nelle camerette. Ora sono diventati una realtà che coinvolge un pubblico di 1,5 miliardi di persone, di cui 21 milioni sono italiani. Una diffusione che certo è molto legata agli smartphone, compagni inseparabili anche (e soprattutto) di giochi: li possiedono 40 milioni di italiani, 15 dei quali li usano (anche) per giocare. Ma lo «tsunami» innovativo è iniziato con la macchina concepita da Ken Kutaragi, il papà di Playstation allontanato dalla sua creatura nel 2007 dopo il fallimentare lancio della terza versione della «sua» console. In Italia quasi il 50% delle famiglie possiede una macchina da gioco e lo scorso anno il prodotto di intrattenimento più venduto nel Paese è stato il videogioco di calcio Fifa.
A cominciare da quegli anni Novanta è iniziata una rivoluzione digitale nei gusti che gira molto intorno alla parola «Play», termine dai molti significati, tutti che ruotano attorno a «divertimento». Grazie al lettore cd e alla potenza di calcolo, i videogiochi con Playstation hanno cominciato a diventare qualcosa di più variegato. E le console di gioco stesse sono man mano diventate centri multimediali, uscendo dalle camerette per approdare nei salotti delle case. Con varie complicità, dalla progressiva sparizione dei supporti (e il conseguente crollo dei ricavi) alla pirateria, i «giochini» nei primi anni del millennio hanno prima messo nel mirino il cinema, quindi la musica. Anche per la capacità di includerli, in modo interattivo. Sony di suo ci mise anche un po’ di marketing: il concetto di «Double life», la doppia vita delle prime campagne pubblicitarie, era ripreso dalla poesia «If» di Rudyard Kipling e rendeva al meglio l’idea delle molteplici realtà che i videogiochi potevano regalare. La prima Playstation vendette così più di 100 milioni di pezzi, la seconda, l’immortale Ps2, nei suoi 12 anni di vita è arrivata alla cifra record di 155 milioni.
Il 2007 è stato poi l’anno che cambiò definitivamente il mondo dei videogiochi. Lì Sony c’entrò ben poco, anzi la Ps3 (uscita a fine 2006) ebbe una delle partenze commerciali peggiori della storia. Protagonista era il «fenomeno Nintendo» – azienda che a settembre ha festeggiato i 125 anni di vita —, che con la console Wii ruppe le barriere intorno ai giochi elettronici, diventati un divertimento per tutti. Una trasformazione che ebbe la consacrazione con la nascita di un dispositivo che negli anni è diventato fra le piattaforme di gioco più usate: l’iPhone. E gli smartphone che ne seguirono.
Dall’esperienza dei 20 anni, Sony è tornata ora a essere leader nel campo delle console, con Playstation 4 capace in 12 mesi di vendere 15 milioni di pezzi (mezzo milione in Italia) e di doppiare i rivali Wii U e Xbox One. E se la potenza grafica e alcune nuove modalità di gioco nascondono il vizio «hollywoodiano» di un’industria che spesso propone giochi-fotocopia, Sony sembra l’unica delle big ad aver capito che servono nuove idee. E festeggia l’anniversario aprendo il dialogo con gli studi di sviluppo indipendenti, anche italiani, per provare a portare ancora nuove vite ai gamer presenti e futuri.