Corriere della Sera, 5 dicembre 2014
Il rientro dei capitali dall’estero è pronto a partire. Si parla del 10-15% delle somme nascoste all’estero, stimate sui 300 miliardi. Il ministro Padoan: «Proventi che contribuiranno a dare sollievo alle finanze pubbliche»
La prima bozza del modello per la presentazione delle istanze è già sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate. Approvata ieri la legge in Senato con un’improvvisa accelerazione, il rientro dei capitali dall’estero è pronto a partire. Questione di ore, qualche giorno al massimo, e arriveranno anche i modelli definitivi e le istruzioni applicative. L’operazione-rientro, in ogni caso, scatterà prima di fine anno. In tempo utile per «riaccogliere» i fondi detenuti ad esempio in Svizzera o Lussemburgo, che dal 2015 aderiscono allo scambio automatico di informazioni, ma anche per evitare che scatti la prescrizione per gli accertamenti sui redditi dell’intera annualità 2004.
Per il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il via libera alla «rivelazione volontaria» dei capitali nascosti oltre confine, a cui si lavora da quasi due anni, è il segno «che è davvero la volta buona». E il suo ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, spiega bene il perché. Dall’operazione sono attesi «proventi che contribuiranno a dare sollievo alle finanze pubbliche» dice il ministro, specificando che questo gettito «prudenzialmente non è stato quantificato nel bilancio». Soldi in più, dunque, e pure tanti anche se il ricavato dell’operazione è in qualche modo vincolato. Difficile fare stime, anche se alcuni studi ipotizzano che gli incassi «una tantum», tra tasse arretrate e sanzioni, possano rappresentare tra il 10 e il 15% delle somme nascoste all’estero, stimate sui 300 miliardi di euro. Cui si aggiungerebbe, negli anni successivi, l’effetto legato al recupero di base imponibile.
Chi aderirà avrà una riduzione delle sanzioni amministrative e penali. Compresa la non punibilità dell’eventuale autoriciclaggio, un nuovo reato introdotto dallo stesso provvedimento. «Ma non è un condono, perché l’imposta dovuta si paga per intero» dice Padoan. La dichiarazione di «voluntary disclosure» potrà essere presentata all’Agenzia delle Entrate, anche attraverso i professionisti, entro il 30 settembre 2015 e coprirà i capitali esportati all’estero fino al 30 settembre scorso.
Poi si aprirà la verifica delle Entrate. Che sarà minuziosa. «Nei prossimi mesi ci impegneremo strenuamente per valutare, in contraddittorio diretto con i contribuenti, ogni singola pratica di regolarizzazione dei capitali detenuti illegalmente all’estero, utilizzando le stesse metodologie delle best practices internazionali» assicura al «Corriere» il direttore, dell’Agenzia, Rossella Orlandi.
La voluntary disclosure (regolarizzazione volontaria) è legge: il reato di autoriciclaggio — finora non presente nel nostro ordinamento, ma esistente in Francia, Gran Bretagna, Spagna, Germania, Usa e Canada — entra subito in vigore ma sarà sospeso per chi avrà presentato la voluntary .
A differenza degli scudi precedenti, la voluntary disclosure comporta il pagamento di tutte le tasse evase ma una riduzione delle sanzioni. «È una sorta di ravvedimento operoso con cui il contribuente si autodenuncia al Fisco per i capitali non dichiarati tenuti all’estero o in Italia», spiega Andrea Ragaini, amministratore delegato di Banca Cesare Ponti. «È nominativa — prosegue il manager — e non ha un’aliquota unica come gli scudi passati perché prevede che si paghino tutte le tasse, dirette e indirette, ma c’è uno sconto fortissimo sulle sanzioni».
Facendo alcuni esempi, ipotizzando che una persona abbia trasferito all’estero un milione di euro, il costo della voluntary disclosure può variare da circa l’8% (cioè 101,490 euro tra imposte e sanzioni) fino al 75% (824.705 euro tra imposte e sanzioni), secondo i calcoli fatti dallo Studio Bonelli Erede Pappalardo. Nel primo caso si tratta di eredi che hanno ricevuto la cifra, derivante da attività da lavoro autonomo svolta in Italia nel 2003 e che abbia avuto un rendimento annuo del 3%. Il secondo caso, invece, si riferisce a una persona che abbia trasferito in Svizzera un milione di euro nel 2010 derivanti da attività svolte nello stesso anno e con rendimento del 3%.
Operazione semplice la messa in regola? Dipende, perché il contribuente dovrà indicare tutti gli investimenti costituiti o detenuti all’estero anche per interposta persona, e fornire i documenti e le informazioni per ricostruirne la formazione.
«Nel caso di un conto all’estero di un erede magari senza delega la situazione è semplice, ma si complica nel caso in cui il contribuente abbia avuto una movimentazione attiva, o di una società che deve spiegare come ha creato la provvista», mette in evidenza Stefano Simontacchi, managing partner di Bonelli Erede Pappalardo.