Corriere della Sera, 5 dicembre 2014
«L’occidente vuole distruggerci». Putin nel suo discorso al Parlamento non risparmia nessuno e arriva a paragonare indirettamente i nemici di oggi a Hitler: «Voleva distruggere la Russia e ricacciarci oltre gli Urali. Tutti dovrebbero ricordare come è andata a finire»
Le profonde difficoltà economiche e una nuova crisi terroristica nel Caucaso hanno spinto ieri Vladimir Putin a ricorrere a toni particolarmente duri nel suo intervento annuale davanti al Parlamento.
La Russia, secondo il suo presidente, è al centro di una manovra di «contenimento» esattamente come l’Urss durante la Guerra fredda; e quella dell’Ucraina è solamente una scusa per chi «avrebbe voluto vedere uno scenario jugoslavo di collasso e dissoluzione» per il Paese.
Fissando intensamente la platea che lo ascoltava in religioso silenzio, Vladimir Vladimirovich è arrivato al punto di paragonare indirettamente i nemici di oggi a Hitler: «Voleva distruggere la Russia e ricacciarci oltre gli Urali. Tutti dovrebbero ricordare come è andata a finire».
A dimostrazione delle sue tesi, Putin ha citato esplicitamente il progetto americano di uno scudo antimissilistico che, effettivamente, cambierebbe l’equilibrio delle forze nucleari. E, secondo il presidente, sarebbe dannoso anche per gli Stati Uniti perché fornirebbe loro una «pericolosa illusione di invulnerabilità».
Ma è indubbio che la crisi economica dovuta al calo del prezzo di petrolio e gas, oltre che alle sanzioni, si fa sentire pesantemente (ieri anche Saipem ha ufficialmente annunciato la fine del progetto South Stream).
Putin ha dunque proposto una serie di mosse volte a rilanciare l’economia, solo che le ha accompagnate con la minaccia di ricorrere a «misure amministrative» contro gli speculatori. E questo ha innervosito ulteriormente i mercati facendo scendere ancora il rublo. Tanto che immediatamente la Banca di Russia si è affrettata a precisare che per sostenere la moneta adopererà solo i classici strumenti economici usati da tutti gli istituti di emissione.
Il presidente vorrebbe convincere tutti coloro che hanno esportato capitali in questi anni a rientrare e investire, anche per sostituire gli stranieri spaventati dalla crisi. Ecco quindi un prossimo condono generale per il rientro dei fondi, la promessa di non toccare le tasse per quattro anni.
Putin ha poi annunciato una serie di «disposizioni» miranti a far riprendere il Paese e a rimpiazzare la tecnologia che non verrà più dall’estero con risorse interne.
Un atteggiamento che non è nuovo in Russia e che si richiama alle pratiche del passato: quando si credeva di poter piegare l’economia a colpi di «ukase», ordini perentori del capo. Oggi, in un Paese che è molto più aperto di una volta, tutto ciò appare agli economisti una pia illusione.
A Putin ha risposto il segretario di Stato americano John Kerry, spiegando che «nessuno vuole vedere la Russia isolata a causa delle sue stesse azioni». La Casa Bianca sembra stendere una mano verso il Cremlino: «Basterebbe che aiutasse a calmare le acque turbolente» al confine con l’Ucraina.
Tra ribelli e governo di Kiev dovrebbe scattare ora una vera tregua, ma intanto per Mosca sembra riaprirsi il fronte del Caucaso.
Proprio nella Cecenia pacificata con la forza, ieri un gruppo di guerriglieri che aveva assalito il centro di Grozny subito prima del discorso di Putin è stato respinto. Bilancio: venti morti e decine di feriti.