La Stampa, 5 dicembre 2014
Alla primina della Scala tutti i giovani sono scattati in piedi all’inno nazionale. Ma il Fidelio inizia in ritardo perché l’oboe è ancora sul taxi. Ritratto di un Paese all’opera
Il sovrintendente Alexander Pereira esce dal sipario: «Che meraviglia la Scala piena di giovani per la prima under 30 del Fidelio di Beethoven. Prometto che la ripeteremo anche i prossimi anni. Ora però c’è un problema: il primo oboe è ancora in taxi che sta arrivando. Siccome la tivù deve fare delle riprese dell’orchestra bisogna aspettarlo». Per i 2.800 giovani che riempiono il teatro è subito ricreazione. Una ricreazione gioiosa ma educata.
Chi pensasse che l’Italia è finita doveva venire ieri sera alla Scala. Gli Sdraiati si sono alzati in piedi all’unisono quando il direttore d’orchestra Daniel Barenboim ha dato il via all’Inno di Mameli. In platea e nei palchi i ragazzi, giunti da Nord e da Sud, ma anche dall’estero, dall’Asia e dall’America, arrivati diversi, sono diventati un pubblico omogeneo durante l’opera. Come solo a teatro, come solo la musica può.
Nell’atrio, vicino a un inusuale albero di Natale, anche l’ex sovrintendente Stéphane Lissner: «Mi chiedono la differenza tra la Scala e l’Opéra di Parigi che dirigo ora. Sono realtà così diverse!». E ironizza: «Posso solo dire che Parigi è più fredda di Milano». Il Fidelio alla Scala l’ha voluto lui e se ne dice soddisfatto.
L’unica opera di Beethoven è una storia d’amore e di libertà dal carcere. Nella regia contemporanea di Deborah Warner, ieri sera è tornata giovane fra i giovani. Tra i pochi in smoking nell’atrio c’è Marzio Monteiro, 24 anni, brasiliano: «L’ho messo perché è la mia prima volta alla Scala, mi ha invitato un amico». Xiaozhen, olandese dai tratti cinesi, è con l’amica Giulia Uboldi al bar: «Il mio fidanzato, sapendo che venivo a Milano per il week-end, ci ha regalato due biglietti. Questo teatro è il più bello del mondo». Dietro di loro, le bottiglie di Bellavista con la frase di Beethoven per l’occasione: «Perché scrivo? Tutto quello che ho nel cuore deve uscire. Ecco perché».
Una serata d’amicizia e d’amore: quante coppie non si sono lasciate sfuggire l’occasione di un evento speciale. Come Giovanni Faroni, 27 anni, e la sua Margherita: «Facciamo i restauratori e da tempo volevamo vedere il teatro dall’interno. Ci siamo regalati una serata diversa». Marco e Lucia Vavassori, 25 e 23 anni, dell’opera sono appassionati. Sposati da due mesi, il loro secondo appuntamento è stato proprio alla Scala. Secondo Lucia, «quando l’orchestra suona per i giovani si esprime ancora meglio».
Adatta ai giovani anche la scenografia, uno scenario postindutriale, con i panni stesi tra le colonne di cemento, scrivanie da commissariato, bidoni e scopettoni per lavare per terra. Sullo sfondo, il filo spinato per dare l’idea del carcere. Marcellina, interpretata dal soprano Mojca Erdmann, monta l’asse da stiro e ci dà dentro con il ferro con tanto di prolunga. I costumi sono felpe col cappuccio: vale per lei, il suo pretendente Jaquino, mentre Fidelio che è Leonore (il soprano Anja Kampe) travestita da uomo ha una tuta blu con il mocio in mano.
Quando un carcerato tocca il sedere a Marcellina si becca uno schiaffo e le guardie hanno due pastori tedeschi al guinzaglio. Alla fine del primo atto i prigionieri escono da una scala sullo sfondo come da una tomba. La scena s’illumina mentre cantano invocando religiosamente la libertà. Nel secondo atto la scenografia cambia di poco, ma il finale è un trionfo d’amore e liberazione con i carcerati che sventolano foulard e stendardi rossi. A sipario calato, dieci minuti di applausi.