4 dicembre 2014
Tags : Mafia Capitale
La cupola mafiosa che comandava a Roma. Tutto sull’inchiesta “Mondo di mezzo” che ha svelato il connubio tra criminalità e politica nella capitale, tra appalti truccati, mazzette, violenze e business criminali, dai rifiuti ai Rom. Nei guai l’ex sindaco Alemanno, indagato. A capo di tutto Massimo Carminati, ex terrorista di destra vicino alla banda della Magliana. Ecco chi sono le oltre cento persone indagate, quali i reati contestati, cose emerge dalle intercettazioni
Martedì 2 dicembre la Procura di Roma ha disposto 37 arresti nell’ambito dell’inchiesta chiamata “Mondo di mezzo”, riguardante una presunta associazione a delinquere composta da esponenti politici principalmente di destra (ma anche del Pd) e dalla criminalità organizzata romana che controllava con metodi mafiosi appalti e finanziamenti pubblici nella Capitale. Oltre ai 37 arrestati ci sono 76 indagati, ma è probabile che il numero aumenti nei prossimi giorni. La Guardia di Finanza ha sequestrato beni riconducibili agli indagati per un valore di 205 milioni di euro. Diverse le perquisizioni: nella sede della regione Lazio, al Campidoglio, in 24 aziende e varie abitazioni, in sedi di associazioni e di municipalizzate. L’ordinanza firmata dal gip è lunga 1.121 pagine. Sono state verificate 350 posizioni tra persone fisiche e società. L’inchiesta è durata due anni [tutti i giornali del 3/12].
I PROTAGONISTI
• Tra gli indagati: Gianni Alemanno, sindaco di Roma dal 2008 al 2013; il suo capo della segreteria Antonio Lucarelli; Mirko Coratti (Pd), attuale presidente dell’Assemblea Capitolina, che si è subito dimesso; i due consiglieri regionali Eugenio Patanè (Pd) e Luca Gramazio (Forza Italia); l’assessore alla casa Daniele Ozzimo (Pd), anche lui dimessosi martedì [tutti i giornali del 3/12].
• Tra gli arrestati 29 sono in carcere e 8 ai domiciliari: Massimo Carminati, ex terrorista di destra e esponente della Banda della Magliana, indicato dalla Procura come capo dell’organizzazione; Luca Odevaine, ex capo della segreteria di Walter Veltroni quando era sindaco di Roma, oggi responsabile dell’accoglienza per i richiedenti asilo; Franco Panzironi, ex amministratore delegato dell’Ama, l’azienda comunale dei rifiuti; Riccardo Mancini, ex amministratore delegato della municipalizzata Eur spa; Riccardo Brugia, storico esponente dell’estrema destra romana; Salvatore Buzzi, presidente di una cooperativa che si occupa, tra l’altro, della manutenzione delle aree verdi del comune di Roma [tutti i giornali del 3/12].
• I pm titolari dell’indagine sono l’aggiunto Michele Prestipino, e i sostituti Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli, sotto la supervisione del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone [tutti i giornali del 3/12].
I REATI
• I reati di cui sono accusati gli indagati sono di diverso tipo: estorsione, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio. A tutti però è contestata l’associazione di stampo mafioso regolata dall’articolo ex 416bis. È la prima volta che questa imputazione non viene contestata a persone che fanno parte di organizzazioni che fanno riferimento a mafia, camorra e ‘ndrangheta. Per i procuratori di Roma, il sistema scoperto utilizzava un metodo mafioso che consisteva nell’uso «della forza d’intimidazione del vincolo associativo» e nelle «condizioni di assoggettamento e di omertà di cui gli associati si avvalgono».
• Andrea Colombo: «Ci sono crimini tipicamente di strada, come l’usura e il recupero crediti con le cattive. Ci sono faccende di sapore squisitamente tangentaro, come l’indirizzo degli appalti in cambio di tangenti ma anche verso aziende direttamente controllate dall’organizzazione, anche attraverso i classici prestanome. E le due fasi sembrano cronologicamente distinte. Partito dall’usura e dai pestaggi per recuperare i crediti, spesso in conto terzi e solo per confermare la propria autorità, il gruppo sembra aver poi aver immensamente ampliato il suo spettro d’azione entrando alla grande nel giro degli appalti di ogni tipo proprio in virtù degli antichi vincoli politici con molte figure chiave dell’amministrazione Alemanno, per poi stringere nuovi e reciprocamente proficui rapporti con i loro successori ai vertici del potere capitolino» [Andrea Colombo, Man 3/12].
• «I magistrati la chiamano “mafia capitale”. Ci voleva un nome nuovo per un’organizzazione davvero nuova che non ha nulla a che vedere con la Banda della Magliana né con Cosa nostra né con la “fasciomafia” di cui si era letto recentemente» (Marco Lillo e Valeria Pacelli) [Fat 3/12].
• Una mafia «originaria e originale» l’hanno definita il procuratore capo Giuseppe Pignatone e l’aggiunto della Dda di Roma, Giuseppe Prestipino, nel corso della conferenza stampa di martedì. Tra gli appalti presi in esame dalla Procura, oltre a quello per l’ampliamento del campo nomade di Castel Romano, anche l’altro per la raccolta differenziata, più quello stagionale per la rimozione delle foglie e perfino l’ultima emergenza neve del 2012. Appalti vinti dalla Imeg e altre controllate dal clan. «Inchiesta solida» dice il ministro dell’Interno Angelino Alfano [Rinaldo Frignani e Ilaria Sacchettoni, Cds 3/12].
L’INCHIESTA
• L’operazione è denominata “Mondo di mezzo”, come la regione dell’Ardia dell’Hobbit di Tolkien. Il 13 dicembre 2013 parlando con il suo braccio destro Riccardo Brugia, arrestato anche lui, Carminati spiega: «È la teoria del mondo di mezzo… Ci stanno i vivi sopra e i morti sotto, e noi stiamo nel mezzo… un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici: cazzo, com’è possibile che quello… che un domani io posso stare a cena con Berlusconi… Capito, come idea? Il mondo di mezzo è quello dove tutto si incontra… si incontrano tutti là… Allora nel mezzo, anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno… E tutto si mischia» [tutti i giornali del 3/12].
• Giovanni Bianconi sul Corriere: «È la fotografia di una città contaminata fino ai suoi vertici politico-amministrativi, quella che emerge dall’inchiesta su Mafia Capitale. Dove un ex sindaco è considerato uno strumento nelle mani della banda, derivazione indiretta (in alcune sue componenti) di quella della Magliana e dell’estremismo nero degli anni Settanta. Una città in cui un ex militante della destra sovversiva e un ex detenuto divenuto operatore delle cooperative, intascano il denaro degli appalti grazie a funzionari pubblici a loro disposizione; in vari settori e senza disdegnare i campi nomadi che “rendono più della droga”. Non i malavitosi a disposizione della politica e dell’amministrazione, insomma, ma il contrario [Bianconi, Cds 3/12].
• «Le indagini proseguono», ha fatto sapere martedì il procuratore capo Giuseppe Pignatone, e ora sembrano concentrate soprattutto su possibili infiltrazioni malavitose nella Regione Lazio.
• «“Ci sono ancora una ventina di nomi che devono saltare fuori”, spiega l’ex capogruppo del Pd Francesco D’Ausilio. E aggiunge che “potrebbe toccare a chiunque. È come una roulette capricciosa. Chi può sapere cosa ha millantato al telefono quel Buzzi parlando col suo capo?”. Oggi i politici romani vivono dunque nel presagio. Alle 16,43 le agenzie battono la notizia che un uomo è stato gambizzato in strada nel quartiere San Lorenzo. Non c’entra nulla, ma tutti vorrebbero sapere il nome perché anche nei saloni più solenni d’Italia l’atmosfera è carica di ioni negativi, quelli della suburra» [Merlo, Rep 4/12].
I CAMPI NOMADI E RIFUGIATI
• Tra i capitoli fondamentali della collusione tra l’organizzazione criminale e le istituzioni ci sono le commesse nella gestione dei business di rifugiati e nomadi. Lo dice chiaramente Buzzi alla sua collaboratrice, Piera Chiaravalle: «Tu c’hai idea di quanto ce guadagnano sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno». In testa, le cooperative riconducibili a Buzzi per la gestione del campo nomadi di Castel Romano. Un affare da 17 milioni di euro spalmati in tre anni, che vengono recuperati con assestamenti di bilancio e dopo lunghe trattative. Carminati prova a interferire nelle decisioni dell’Assemblea Capitolina in occasione della programmazione del bilancio pluriennale 2012/2014 e relativo bilancio di assestamento di Roma Capitale per rifinanziare “i campi nomadi”, la pulizia delle “aree verdi” e dei “Minori per l’emergenza Nord Africa”, tutti settori in cui operano le società cooperative di Salvatore Buzzi” [Barocci e Menafra, Mes 3/12].
• Per tenere sotto controllo i problemi che sarebbero potuti insorgere con i nomadi, Carminati si avvale della collaborazione di un altro potente clan dei Casamonica. Il loro capo, Luciano, è definito «mediatore culturale». «Mi informo domani, io conosco bene Luciano», rassicura Carminati al telefono con uno dei suoi. E per superare il problema del campo nomadi di Castel Romano dato in gestione alla cooperativa di Buzzi, a Casamonica vengono assicurati 20 mila euro al mese. Stretti i rapporti col gotha della criminalità organizzata romana Ernesto Diotallevi e Michele Senese [Barocci e Menafra, Mes 3/12].
• Ma anche l’emergenza immigrazione, per il gruppo criminale, diventa business. A maggio 2013 l’uomo di Carminati, Salvatore Buzzi, organizza le strutture per accogliere i rifugiati. E la “Eriches 29” ottiene la commessa per il Cara di Castelnuovo di Porto [Errante e Mangani, Mes 3/12].
• Il Sole 24 Ore seguiva da tempo il business dell’accoglienza degli immigrati e aveva denunciato più volte le anomalie nell’assegnazione delle commesse. Scrive Claudio Gatti: «Per tutti noi quella di Mare Nostrum è stata una tragedia. Per Massimo Carminati un’opportunità. Attenzione, non si sta parlando di attività criminali – di droga, di pizzo o di economia sommersa. No, a predisporre e raccordare l’emergenza migranti è stato il “Tavolo di coordinamento nazionale” presieduto dal più istituzionale dei ministeri, quello dell’Interno, del quale era membro un uomo prezzolato dal duo Carminati-Buzzi (…) Il grande salto avviene nel periodo di Alemanno, quando le cooperative controllate dal sistema “Carminati/Buzzi” moltiplicano di oltre 15 volte il proprio fatturato. Ma la vittoria elettorale di Ignazio Marino non cambia nulla. Anche perché, come spiega lo stesso Buzzi in una conversazione captata dal Ros alla vigilia delle elezioni comunali del 2013, l’associazione si era coperta su ogni fronte: “La cooperativa campa di politica. Il lavoro che faccio io lo fanno in tanti, perché lo devo fare io? Finanzio giornali, finanzio eventi, pago segretaria, pago cena, pago manifesti. Lunedì c’ho una cena da ventimila euro (...) C’ho quattro cavalli che corrono col Pd, con la Pdl ce ne ho tre e con Marchini c’è... c’ho rapporti con Luca (Odevaine) quindi va bene lo stesso. Lo sai a Luca quanto gli do? Cinquemila euro al mese. Ogni mese (…) un altro che mi tiene i rapporti con Zingaretti 2.500 al mese. Un altro che mi tiene i rapporti al comune 1.500, un altro a... sette e cinquanta... un assessore diecimila euro al mese… ogni mese, eh! (…) Per le elezioni siamo messi bene… siamo coperti”» [Gatti, S24 3/12].
I RIFIUTI E I PARCHI
• «Er ciccione, Mancini... è lui che ce sta a passa’ i lavori buoni e je damo le steccate». Le «steccate» sono le tangenti pagate da Buzzi & Co a Riccardo Mancini (in manette per corruzione oltre che come tutti per associazione mafiosa), da sempre vicino all’estrema destra romana e in particolare a quella dell’Eur. Ex ad dell’Ente Eur in passato venne indagato per la tangente pagata da una società legata al Gruppo Finmeccanica per i filobus della Laurentina.
Punto di riferimento, tra il 2008 e il 2013, del sindaco Alemanno per tutte le questioni della Mobilità del Comune di Roma, agevolava gli appalti per la sistemazione di parchi e giardini dell’Eur. Gli affari del verde pubblico sfiorano anche la Marco Polo spa (joint venture inserita in Acea, Ama ed Eur nel cui cda siede Mancini). Tra i dirigenti coinvolti c’è Luigi Lausi (indagato per associazione di stampo mafioso) che tra l’altro era l’amministratore (nominato dal tribunale) dei beni sequestrati all’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, condannato in primo grado per appropriazione indebita di fondi del partito per 25 milioni di euro. Uomo di Alemanno al Comune e amico di Mancini è l’altro arrestato Franco Panzironi, detto «Tanca», ex amministratore delegato dell’Ama e rinviato a giudizio nel 2012 per oltre 841 assunzioni irregolari presso l’azienda che smaltisce i rifiuti nel Comune di Roma [Longo, Sta 4/12].
LE MAZZETTE
• Durante la perquisizione a casa di Nadia Cerrito, la segretaria personale di Salvatore Buzzi (la moglie, scrive invece la Sarzanini sul Cds), anche lei finita in carcere, i carabinieri del Ros hanno trovato un «libro mastro» delle tangenti con nomi e cifre. Un lunghissimo elenco di politici e funzionari pubblici. Dalle prime stime, ogni mese se ne andavano in tangenti fisse 27.500 euro.
• «Il libro nero... mamma mia, mi inquieta un po’...». Pure Massimo Carminati si intimoriva al suo cospetto. Il “libro nero” di Salvatore Buzzi, registro unico della contabilità illecita della “mafia capitale”. Nomi e cognomi dei politici “stipendiati”, delle persone da far assumere, degli imprenditori collusi. Panzironi: 15.000 euro al mese; Pucci: 5.000 al mese; Odevaine: 5.000 al mese; Patanè 10.000 euro una tantum. E poi, Alemanno: 75.000 euro in cene elettorali. Gramazio: 4 persone da sistemare. «Hai visto che è nero? Guarda...», si compiaceva Paolo di Ninno, collaboratore di Buzzi, mentre lo apriva con la riverenza [Tonacci, Rep 3/12].
• Sarzanini: «Tutti avevano un prezzo e la regola era chiara: bisognava pagare per avviare la pratica e versare altri soldi quando l’affare era chiuso. Poi c’erano gli “stipendiati” fissi e quelli che pretendevano un compenso extra per l’interessamento. Ma anche quelli che avevano richieste extra e chiedevano un appartamento oppure altri benefit. Buzzi li soddisfaceva e poi si sfogava: “I nostri sono molto meno ladri di quelli della Pdl. Te lo posso assicura’ io che pago tutti”. Uno è Luca Odevaine “che gli do 5 mila euro al mese e io ne piglio 4 mila”» [Sarzanini, Cds 4/12].
• Per Franco Panzironi, ex a.d. di Ama: 15.000 mensili, più altri 120.000 come compenso per aver “turbato” una gara da 5 milioni a favore di Buzzi (la stecca è fissa per tutti: 2,5 per cento del valore dell’appalto), più un servizio accessorio: la rasatura gratuita del prato di casa. «Panzironi m’ha prosciugato tutti i soldi oh...», si lamentava Buzzi. Ci sono poi i 5.000 euro per Luca Odevaine, ex segretario di Veltroni e funzionario della provincia (ha il “merito” di aver orientato le decisioni del Tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza degli immigrati a favore del clan), e i 1.500 per Mario Schinà, ex dirigente del Comune che faceva da tramite tra lui e Buzzi. Pure i 1.000 mensili che Enrico Figurelli si era guadagnato mettendo in contatto Buzzi con Mirko Coratti, presidente dell’assemblea capitolina ora dimissionario [Tonacci, Rep].
• Ci sono poi le bustarelle una tantum. Claudio Turella, funzionario del Servizio Giardini del comune, ne voleva 100.000 per aver scorporato l’Iva dagli 800.000 euro assegnati per pulire la città dopo la nevicata del febbraio 2012. «100.000 li mortacci... – si arrabbia Buzzi – sull’emergenza neve 40.000 euro... 15 gliene mancano... Oh ma c’è la difficoltà a trova’ i soldi...». Gliene darà solo 25.000. Eugenio Patanè, consigliere regionale Pd, stando a quanto riferiscono gli indagati ne chiedeva anche di più. «Patanè voleva 120.000 a lordo – dice Buzzi intercettato nel suo ufficio il 16 maggio scorso – siccome lo incontro martedì, una parte dei soldi gliela incomincerei a da’...». E più tardi, quel giorno, ammetterà: «Gli abbiamo dato 10.000 euro per... per carinerie, e finisce lì, non gli diamo più una lira». La banda Carminati riesce a corrompere anche fuiri Roma, nel comune di Sant’Oreste: al funzionario Marco Placidi 10.000 euro. E ancora: 40.000 in bonifici che il consorzio di Buzzi elargisce alla fondazione di Alemanno (Nuova Italia), i 15.000 che gira al suo mandatario elettorale, altri 30.000 per la Fondazione Alcide De Gasperi, di cui Angelino Alfano è presidente [Sarzanini, Cds 4/12].
LA VIOLENZA
• La cupola viveva anche di usura, estorsione e violenza. E di un giro di armi, come racconta il collaboratore Roberto Grilli che indica il gruppo facente capo a «Carminati come punto di riferimento per l’acquisizione di armi da parte di altre organizzazioni». Quando non si pagava, inevitabili erano le intimidazioni, concretizzate da Matteo Calvio (arrestato anche lui). Tra gli episodi di violenza a imprenditori, quello a Riccardo Manattini che secondo i pm dovevano «restituire una ingente somma di denaro a Lacopo Giovanni, padre di Roberto sodale del Carminati». Manattini non paga e al telefono racconta: «M’hanno massacrato ieri in via Cola (...) Avevi detto che non mi toccavano (…) M’hanno rotto le costole anche» [tutti i giornali del 3/12].
• Non va meglio al gioielliere che ha la pessima idea di vendere due orologi di Riccardo Brugia, l’uomo che siede alla destra di Carminati, e ritardare la consegna del denaro che ne ha ricavato. Accompagnato da Carminati, Brugia lo affronta. «Ti ho cercato da tutte le parti, figlio mio... Fortunatamente stavi dentro al bar e non è successo niente di quello che te doveva succedere» Il gioielliere si butta a pietà: «Tu hai ragione. Mi dispiace perché io sto in torto...». Brugia lo interrompe. «Non me fa’ veni’ a casa. Non me fa’ scomoda’. Lo so, tu non c’hai i soldi per far la spesa, ma io che devo fa’?». Carminati, fin lì silenzioso, dice la sua: «Non c’ha i soldi per fare la spesa.... Dio buono... che noia... C’ho il cuore debole... non piangere». Quindi, abbandonando il disgraziato ai suoi incubi, decide il da farsi: «Stavolta, je spaccamo la faccia», Ma Brugia ha un’idea migliore: «No, no. Jè do’ una martellata in testa» [Bonini, Rep 4/12].
RADIO E GIORNALI
• «Il 20 giugno 2013, subito dopo l’elezione di Marino, Carminati conversa con Mario Corsi, che è il suo scendiletto dai tempi dei Nar (quando viene accusato dell’omicidio degli studenti milanesi Fausto e Iaio). A Roma lo chiamano “Marione”, e, con il tempo, si è costruito una singolare fama di giornalista radiofonico del tifo romanista. Ma con il giornalismo, Corsi non ha nulla a che spartire. La Roma e il calcio sono una scusa. La “ciccia” sono gli affari di Carminati. Carminati : “Adesso si va a bussacchiare”. Corsi: “Adesso è ora de tira’ le reti”. Carminati: “Gli si dice: E che cazzo... Ora che abbiamo fatto questa cosa, che progetti c’avete? Teneteci presenti per i progetti che c’avete, Che te serve? Che cosa posso fare? Come posso guadagnare? Che te serve il movimento terra? Che ti attacco i manifesti? Che ti pulisco il culo? Ecco, te lo faccio io. Perchè se poi vengo a sape’ che te lo fa un altro, capito? Allora è una cosa sgradevole...”» [Bonini, Rep 4/12].
• Nell’agenda di Carminati ci sono anche il quotidiano Il Tempo e il suo direttore Gianmarco Chiocci. Si legge a pagina 919 dell’ordinanza: «Il 12 marzo 2014 sul Tempo viene pubblicato un articolo dal titolo “Centro rifugiati bloccato dai Francesi. Palla al Tar” volto a promuovere da parte di Buzzi e Carminati una campagna mediatica favorevole al primo, al “Consorzio Eriches 29”, che si era aggiudicato la gara d’appalto europea bandita dalla Prefettura di Roma, nonostante l’esiguità del prezzo; ragione per la quale, in seguito al ricorso proposto dalla francese Gepsa, il Tar aveva sospeso l’assegnazione». La campagna del Tempo – argomenta il gip – «è volta a ingenerare dubbi sull’imparzialità dell’autorità giudiziaria amministrativa» ed è «sollecitata anche dall’intervento di Alemanno, che viene ringraziato da Buzzi». Ma c’è di più. «Carminati – annota il gip – si era addirittura mosso di persona, incontrandosi, il 13 marzo 2014, con il direttore del Tempo» [Bonini, Rep 4/12].
MASSIMO CARMINATI
• A capo della cupola malavitosa ci sarebbe Massimo Carminati, ex estremista di destra che, stando alle imputazioni della Procura, sarebbe riuscito a stringere «rapporti» nel «mondo politico, finanziario», con «appartenenti alle forze dell’ordine» e con i «servizi segreti». Noto anche come “er Cecato” o “er Pirata” o “er Guercio” per l’occhio sinistro perso in una sparatoria nel 1981, e come “Il Nero”.
• «Scorriamo insieme la fitta biografia del cinquantaseienne Massimo Carminati, alias Il Nero di Romanzo Criminale, figura di punta della retata di malviventi che hanno regnato su Roma negli ultimi anni, grazie al silenzio tremebondo e in certi casi al sostegno convinto della classe politica locale. Picchiatore neofascista ai tempi della scuola. Terrorista nei Nuclei Armati Rivoluzionari (Nar). Esperto nello spaccio e nell’uso di esplosivi. Accusato dell’omicidio di due giovani militanti della sinistra milanese, Fausto e Iaio. Protagonista di una famosa rapina alla Chase Manhattan Bank dell’Eur. Killer affiliato alla banda della Magliana, tanto che il suo nome ricorre in decine di stragi, assassini e rapine, nonché in due omicidi avvenuti nel mondo delle scommesse dei cavalli (una delle vittime cementificata, l’altra stesa direttamente in sala corse). Accusato per il delitto Pecorelli e per un tentativo di depistaggio relativo alla strage di Bologna. Ferito gravemente alla testa durante uno scontro con la polizia, mentre tentava di espatriare illegalmente in Svizzera. Custode di un deposito di armi nascosto nientemeno che dentro il ministero della Sanità. Dedito nel tempo libero a traffico di stupefacenti, estorsioni e riciclaggio. Imputato, e condannato, per associazione a delinquere di stampo mafioso. Indagato per un furto nel caveau del Palazzo di Giustizia di Roma. Coinvolto nello scandalo del calcio scommesse. Il 2 dicembre 2014 viene arrestato... Ma perché, fino a ieri dov’era?» [Gramellini, Sta 3/12].
• «Sia quando militava nelle file della destra sovversiva, sia nei rapporti con i banditi della Magliana (in particolare Franco Giuseppucci, boss con simpatie neofasciste), Carminati si è mostrato attento a mantenere un ruolo autonomo, amico che non tradisce gli amici e fa valere più il vincolo personale che quello politico o di “batteria”. “È uno di quelli cattivi –, dice a proposito di Carminati uno degli imprenditori collusi con la presunta associazione mafiosa –. Questi c’hanno i soldi pe’ fà una guerra, ai tempi d’oro hanno fatto quello che hanno fatto... Quando te serve una cosa vai da lui, non è lui che viene da te». E chi poteva godere della sua protezione si sentiva come un altro imprenditore legato al gruppo di Carminati: «Non me può toccare manco Gesù Cristo... cioè qui... io qui a Roma sono diventato intoccabile”» [Bianconi, Cds 3/12].
• Carminati usava come punto d’incontro con i suoi sodali il benzinaio Eni di Corso Francia, zona nord di Roma.
• Carminati è stato arrestato con quarantott’ore d’anticipo rispetto agli altri indagati perché gli inquirenti erano convinti che stesse per scappare. Probabilmente dietro l’intervento d’urgenza ci sono state anche le nuove indicazioni su investimenti e interessi che l’ex Nar ha mostrato verso le Bahamas e altri paesi stranieri. Inoltre, pare che stesse addirittura per comprare una casa nel quartiere più cool di Londra, Notting Hill [Mangani, Mes].
• Il 4 ottobre dello scorso anno, gli investigatori che tenevano sotto osservazione la stazione di servizio di corso Francia – zona nord di Roma, considerata da Carminati una sorta di ufficio – hanno visto arrivare un’Alfa Romeo 156 con una targa risultata intestata alla questura di Roma. Ne sono scesi due uomini, non ancora ufficialmente identificati; presumibilmente due poliziotti che sono stati intercettati mentre parlavano con l’ex estremista nero riciclatosi nelle file della criminalità comune, e oggi accusato di essere a capo di un’associazione mafiosa. Nel corso della conversazione uno dei due dice a Carminati: «Perché adesso, te stai sotto indagine...». E l’altro: «Oppure, per dire, che devi... devi evita’... devi evitare». Commento dell’interessato: «È un casino...» [Bianconi, Cds 4/12].
• A Carminati sono stati sequestrati 25 quadri di Warhol e Pollock e una villa a Sacrofano.
• Carminati era ossessionato alle intercettazioni. Pretendeva bonifiche di continuo nei luoghi in cui sospettava ci fossero microspie: anche con l’utilizzo del jammer, il «disturbatore di frequenze» che doveva impedire eventuali intercettazioni. Per i cellulari aveva predisposto schede «dedicate», un numero riservato per ogni interlocutore. Temeva microspie anche in macchina lanciandosi nella ricerca nei posti più nascosti della vettura. E si lamentava di dover fare i conti con tutte queste precauzioni: «È pazzesca ’sta cosa, sta diven tando un brutto vivere qua...» [Bianconi, Cds 4/12].
• All’interrogatorio di garanzia di mercoledì Carminati si è avvalso della facoltà di non rispondere, così come hanno fatto altri 12 dei 37 arrestati. «Era d’obbligo che prima o poi ci dovessimo incontrare – sono le uniche parole che ha rivolto agli inquirenti – So’ quattro anni che c’ho il Ros dietro» [Mangani, Mes 4/12].
SALVATORE BUZZI
• Massimo Carminati, aveva un braccio destro proveniente dall’estrema sinistra: Salvatore Buzzi, 59 anni. Condannato agli inizi degli anni Ottanta per omicidio di una prostituta, scarcerato nel 1991 (si fece 24 anni scrive invece Statera su Rep). Quando è a Rebibbia si inventa una cooperativa sociale per l’inserimento dei detenuti nel mondo del lavoro. La “29 giugno onlus” di cui è titolare nel 2000 entra in contatto con la Lega Coop dell’Emilia Romagna, con la quale collabora per le pulizie industriali. Oggi siede su un «gruppo di indiscutibile potenza», scrive il gip, con un fatturato consolidato di 60 milioni. Figura nei cda di 12 società, tra consorzi e coop, ed è amministratore unico della sua “Eriches 29”.
• Negli ultimi tre decenni la Cooperativa 29 Giugno registra una crescita straordinaria, passando da 637mila euro di fatturato del 1994 agli oltre 50 milioni del 2013. «Il 2013 è stato l’anno con i migliori risultati economici e occupazionali della nostra storia» ha annunciato orgoglioso Buzzi nella sua relazione annuale ai soci del 29 maggio scorso [Claudio Gatti, S 24 3/12].
GIANNI ALEMANNO
Gianni Alemanno, la cui casa è stata perquisita martedì, è accusato di associazione a delinquere. Scrive il Gip Costantini nell’ordinanza che esistono «conversazioni telefoniche o ambientali, nelle quali si fa esplicito riferimento a erogazioni di utilità verso Alemanno». Come quella tra «Salvatore Buzzi e Giovanni Campennì, nella quale il primo parla di un pagamento di 75.000 euro per cene elettorali a favore di Alemanno». Ma Buzzi pagava anche i politici di sinistra. Intercettato il 23 gennaio 2014 Buzzi si vanta: «Me so’ comprato Coratti (presidente del consiglio comunale del Pd, ndr) lui gioca con me (...) al capo segreteria (Franco Figurelli, indagato, ndr) noi gli diamo 1.000 euro al mese (...) so’ tutti a stipendio Cla’, io solo pe metteme a sede’ a parla’ con Coratti gli ho portato 10 mila». Se a sinistra i rapporti erano tenuti da Buzzi, a destra era Carminati in persona a tenere i rapporti con i manager e i politici legati ad Alemanno.
• Amedeo La Mattina: «Nelle carte dei magistrati si parla di finanziamenti al gruppo Alemanno e di soldi che passavano attraverso la sua Fondazione Nuova Italia. La sede di questa fondazione si trova in via in Lucina, a pochi metri dalla sede nazionale di Forza Italia. Anzi si trovava in via in Lucina. “È da due mesi che qui Alemanno non si vede – spiega il portiere filippino del palazzo – prima c’era un gran movimento, ma ora è vuoto. Domani toglierò la targa dalla porta e dal citofono”. Strana coincidenza» [La Mattina, Sta 3/12].
• Nella sua ordinanza il giudice evidenzia come «le erogazioni di utilità verso Alemanno» siano sempre successive a una decisione favorevole all’organizzazione. Oltre a un «pagamento di 75.000 euro per cene elettorali» si ricostruisce che cosa avviene durante la sua permanenza in Campidoglio. «Il 22 novembre 2012 Buzzi inviava un sms ad Antonio Lucarelli (capo della segreteria del sindaco ndr), Luca Gramazio e Gianni Alemanno: “Problema risolto per il nuovo campo grazie”, ricevendo in risposta da Alemanno il seguente messaggio: “Ok”». Il 27 novembre Buzzi prenota due tavoli da 5 mila euro l’uno «per una cena elettorale in favore di Alemanno, per il giorno 6 dicembre». Quello stesso 6 dicembre «a pochi giorni dall’approvazione dell’assestamento di bilancio 2012-2014, dai conti correnti delle società riconducibili a Buzzi, venivano effettuati ulteriori bonifici per complessivi 30.000 euro in favore della “Fondazione Nuova Italia”. E il 17 aprile 2013 risulta effettuato un bonifico di 15 mila euro in favore di Fabrizio Pescatori, mandatario elettorale di Alemanno» [Sarzanini, Cds 4/12].
• Ha detto Alemanno al Corriere: «Apprendo queste notizie con grande stupore. Io Carminati non l’ho mai incontrato. Mai». Buzzi però lo conosceva: «È il responsabile di un consorzio di cooperative, il suo ruolo è cresciuto prima di me durante le giunte di centrosinistra. Noi lo abbiamo anche limitato, nei nostri anni». Secondo l’ex sindaco, «Buzzi ha lavorato con chiunque. Prima della mia amministrazione, sopratutto. Poi durante e anche dopo. Anzi, più prima, con Veltroni, che con me. Quando l’ho incontrato, nella sua sede, c’era l’attuale ministro del Lavoro Giuliano Poletti, allora presidente di Legacoop. In quell’incontro c’era lui, c’ero io, c’era mezzo centrosinistra». La foto è diventata famosa durante la campagna elettorale 2013: al tavolo, Alemanno, Poletti, Buzzi, poi Umberto Marroni (deputato Pd), il papà Angiolo (garante dei detenuti del Lazio), l’ex assessore di Marino Daniele Ozzimo. Sullo sfondo, a un altro tavolo, un componente del clan dei Casamonica. L’occasione è una serata organizzata proprio dall’associazione “29 giugno”. Poletti, all’epoca, era presidente della Legacoop» [Menicucci, Cds 3/12].
• Mercoledì Alemanno si è dimesso da tutte le cariche che ricopriva in Fratelli d’Italia.
RICCARDO MANCINI
• Altro nome chiave della vicenda è quello di Riccardo Mancini, storicamente legato all’estrema destra romana. Mancini ha guidato l’Ente Eur ed è già sotto inchiesta per la tangente pagata da una società legata al Gruppo Finmeccanica per i filobus della Laurentina. Tra il 2008 e il 2013 Riccardo Mancini è stato di fatto il referente del sindaco Alemanno per tutte le partite legate alla Mobilità del Comune di Roma. Oltre ad aver avuto un ruolo determinante nell’affidamento dell’appalto filobus della Laurentina, Mancini ha trattato il possibile ingresso di Finmeccanica negli appalti più ricchi della metro C [Daniele Autieri, Rep 3/12].
FRANCO PANZIRONI
• Agli arresti anche l’ex ad dell’Ama, la municipalizzata dei rifiuti romana, Franco Panzironi (coinvolto anche nello scandalo Parentopoli). Valentina Errante sul Messaggero: «L’uomo chiave degli affari, è Franco Panzironi che con Alemanno condivide gli interessi nella Fondazione”Nuova Italia” ed è stato a lungo ad Ama. Prima di essere travolto dall’indagine su Parentopoli assegna commesse alle coop riconducibili al gruppo, gli succede un altro fidatissimo, Giovanni Fiscon, suo successore» [Errante, Mes 3/12].
• A Franco Panzironi la procura contesta anche di aver ricevuto «costante retribuzione, di ammontare non ancora determinato, dal 2008 al 2013 e a partire da tale data pari a 15.000 euro mensili; in una somma pari a 120.000 euro (2,5% del valore di un appalto assegnato da Ama)», ma anche utilità personali come «la rasatura del prato di zone di sua proprietà» o finanziamenti «non inferiori a 40.000 euro, alla fondazione Nuova Italia, nella quale Panzironi è socio fondatore», mentre Alemanno ne è presidente. Buzzi il 16 maggio 2014 dice mentre è intercettato: «Noi a Panzironi che comandava gli avemo dato il 2 virgola 5 per cento... dato 120 mila euro su 5 milioni... mo damo tutti ’sti soldi a questo?» [tutti i giornali 3/12]
ANTONIO LUCARELLI
• È indagato anche Antonio Lucarelli, già capo segreteria del Comune. Mattia Feltri sulla stampa: «Un giorno, di punto in bianco, a capo della segreteria del sindaco va Antonio Lucarelli, semisconosciuto al mondo; era stato portavoce di Forza Nuova, movimento di estrema destra fondato da Roberto Fiore e Massimo Morsello (ex Nar, di nuovo)» [Feltri, Sta 3/12].
• Buzzi, capo di una coop sociale nata dall’impegno di ex detenuti ma aderente alla Lega coop rosse, si fa chiamare da Lucarelli scherzosamente “camerata” e quando c’è bisogno di finanziare la campagna di Alemanno o di trovare voti per lui mobilita la cooperativa. Poi però quando c’è bisogno di sbloccare i fondi per il campo nomadi di Castel Giubileo, Buzzi e Carminati, si rivolgono proprio a Lucarelli. Alla fine i fondi vengono sbloccati e parte un sms di ringraziamento anche per Alemanno. I lavori per il campo poi li farà una società di Agostino Gaglianone, arrestato anche lui, segnalata da Carminati [Marco Lillo e Valeria Pacelli, Fat 3/12].
LUCA ODEVAINE
• Da condannato per possesso di stupefacenti ed emissione di assegni a vuoto a braccio destro del sindaco di Roma, è stata una vita piena di alti e bassi quella di Luca Odevaine, ovvero Odovaine. Diplomatosi al liceo classico al Mameli, ai Parioli, nel 1977, appena ventunenne, Odovaine è emigrato in India. Dopo cinque anni nel sud asiatico, nel 1982 è tornato a Roma. Nel 1989 è stato arrestato e l’anno dopo condannato a due anni e nove mesi per violazione della disciplina di stupefacenti (poi è arrivato l’indulto). Nel 1991 è stato nuovamente condannato, questa volta per emissione di assegni a vuoto, reato poi depenalizzato con conseguente cancellazione della condanna. Dopo aver cambiato cognome in Odevaine, diventa prima vicecapo e poi direttore di Gabinetto del sindaco di Roma Walter Veltroni, occupandosi principalmente di Protezione civile ed emergenza sociale. Nel settembre 2008 è nominato direttore del dipartimento di Protezione civile e della Polizia provinciale di Roma da Nicola Zingaretti (quando era presidente della Provincia). Da novembre Odevaine è presidente della Fondazione IntegrA/Azione, ente nato nel dicembre 2010 con lo scopo di «promuovere diritti e dignità per i migranti». «La Fondazione IntegrA/Azione promuove una dimensione etica nelle azioni assistenziali», si legge nel suo sito [Claudio Gatti, S24 3/12].
BRUGIA RICCARDO
• In manette anche il braccio destro di Massimo Carminati, Riccardo Brugia. È uno storico esponente dell’estrema destra romana: sono noti i suoi rapporti con i fratelli Fioravanti e Alessandro Alibrandi. Nel 1994 partecipa alla rapina della Banca commerciale di via Isarco, a Roma. Brugia è stato già condannato, tra l’altro, con sentenza passata in giudicato, per la sua militanza nei Nar. La sua è una figura chiave per le attività del sodalizio, nel quale occupa il ruolo di “alter ego” di Carminati, tanto da essere indicato quale “compare” e “braccio destro”.
LA GIUNTA MARINO E IL PD ROMANO
• Alle vigilia delle comunali della primavera 2013, Salvatore Buzzi sovvenziona anche la campagna elettorale di Ignazio Marino. Due i versamenti intestati al candidato sindaco del centrosinistra a ridosso delle elezioni: uno da 10mila euro effettuato dalla “29 giugno”, un altro da 20mila bonificato dal “Consorzio Eriches 29”. Tutti soldi provenienti dalle tasche di Buzzi, dunque. Che, una settimana prima del voto, al telefono con Carminati teorizza: «Tu devi essere bravo perché la cooperativa campa di politica, perché il lavoro che faccio io lo fanno in tanti, perché lo devo fare io? Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, cene, manifesti. Lunedì c’ho una cena da ventimila euro, pensa... Questo è il momento che paghi di più perché stanno le comunali, poi per cinque anni… Noi spendiamo un sacco di soldi sul Comune» [Vitale, Rep 4/12].
• «Quando Marino s’è appena insediato, prima della nomina degli assessori, Buzzi chiama Carminati e gli rivela di essere «in giro per i Dipartimenti a saluta’ le persone». E Carminati risponde: «Bisogna vendersi come le puttane, adesso... E allora mettiti la minigonna e vai a batte co’ questi, amico mio». Fuor di metafora, significa entrare nel tessuto della nuova maggioranza ed è quello che – nella ricostruzione dell’accusa – ha fatto Buzzi negli ambienti che sostengono la Giunta Marino. I nomi che compaiono nell’inchiesta vanno dal presidente del Consiglio comunale, Mirko Coratti, al segretario dell’assemblea capitolina, Franco Figurelli, fino al capo segreteria del nuovo sindaco, Mattia Stella, sebbene non indagato» [Bianconi, Cds 3/12].
• Mercoledì Matteo Renzi ha commissariato il Pd romano: il presidente nazionale del partito Matteo Orfini prende il posto di Lionello Cosentino. Alessandro Capponi: «Decapitata l’assemblea capitolina (il presidente dell’aula Giulio Cesare, Mirko Coratti, Pd, area Popolari, dimesso), mutilata la giunta (l’assessore alla Casa, Daniele Ozzimo, Pd, area Marroni, dimesso), indagato anche il capo anticorruzione del Campidoglio (Italo Politano, teneva i corsi sulla trasparenza per i dirigenti, nominato a novembre, rimosso). E però il sindaco Ignazio Marino adesso può sentirsi più forte nel rapporto col Pd: non è mai stato semplice, non c’è mai stato feeling, ma ora la parte più solida pare essere quella del chirurgo dem. Il quale, per mesi, è stato esposto alle critiche feroci della sua stessa maggioranza» [Capponi, Cds 3/12].
• Intervistato da Maria Corbi sulla Sta, Marino ha difeso la sua giunta e il suo capo della segreteria Mattia Stella: «Ci hanno provato senza riuscirci e lo dimostra il fatto che Stella non è indagato. È una persona informata dei fatti e la perquisizione nei suo ufficio ha dato esito negativo. Il fatto che queste persone cercassero di fare pressione, tentando vie di accesso, è chiaro perché questa amministrazione ha sbarrato le porte a chiunque volesse influenzarla in qualsiasi modo. E d’altra parte anche io mi sono chiesto, ma questi attacchi violenti a 360 gradi contro di me, con una destra che urlava dimissioni per una Panda rossa che aveva tutto il diritto, essendo la Panda del sindaco, di attraversare il centro storico di Roma, da dove nascono?» [Corbi, Sta 3/12].
• «Un dubbio nasce ora che i magistrati hanno scoperchiato scientificamente il termitaio: non sarà che la campagna della Panda Rossa contro il sindaco Ignazio Marino, fomentata a destra e a sinistra, nasce nelle spire del Mondo di mezzo che non ha gradito qualche altolà? Perché Marino non sarà il miglior sindaco possibile per la capitale d’Italia, è alquanto gaffeur e certe volte sembra il cugino di Forrest Gump. Ma non è uomo di malaffare» [Statera, Rep 4/12].
GLI ALTRI
• Claudio Turella. A Claudio Turella, dirigente del Servizio giardini ora in carcere, hanno trovato 570 mila euro in contanti nelle buste del Comune, murati in casa. «Risparmi di una vita», la sua prima risposta [Frignani e Sacchettoni, Cds 4/12].
• Fabrizio Franco Testa. È stato nominato nel 2009 alla presidenza di Enav-Techno Sky. Marco Milanese, ex braccio destro dell’allora ministro Giulio Tremonti, confermò nel corso di un interrogatorio che lo sponsor politico di Testa era Alemanno. È stato arrestato per appalti affidati alla società Arc Trade di Marco Iannilli, commercialista e fedelissimo di Massimo Carminati.
• Gennaro Mokbel. Altro arresto eccellente è quello di Gennaro Mokbel, l’uomo che è stato tra i protagonisti della truffa da 2,2 miliardi di euro che ha coinvolto Fastweb e Telecom Sparkle. Mokbel figura inoltre nelle inchieste più recenti su una serie di appalti affidati da Finmeccanica e da Enav alla società Arc Trade di Marco Iannilli, il commercialista legatissimo a Massimo Carminati. Il tramite con la società controllata dal Tesoro era in quel caso Lorenzo Cola, allora uomo di fiducia dell’ex-amministratore delegato Pierfrancesco Guarguaglini.
• Giovanni Fiscon. Direttore generale dell’azienda dei rifiuti Ama e uno degli uomini di fiducia dell’ex presidente Franco Panzironi. Anche lui finito agli arresti.
• Mario Schina. Nell’elenco degli arrestati c’è anche Schina, dal 2005 al 2007, durante la giunta Veltroni, responsabile del Decoro urbano del Comune di Roma.
• Emanuela Salvatori. In manette anche la responsabile dell’ufficio rom del Campidoglio e coordinatrice dell’attuazione del “Piano rom e interventi di inclusione sociale”.
• Carlo Pucci. È l’ex-tabaccaio di viale Europa, all’Eur, trasformato in manager da Riccardo Mancini che lo nominò direttore marketing. Con questo ruolo Pucci ha contribuito, insieme a Mancini, a guidare l’assegnazione di alcuni appalti in favore delle aziende legate all’associazione criminale guidata da Massimo Carminati.
• Roberto Lacopo. Lacopo è uno degli imprenditori fedeli al sodalizio. Tra le altre attività è il titolare e gestore del distributore di carbolubrificanti Eni di corso Francia, considerato dagli inquirenti il quartier generale dell’organizzazione guidata da Massimo Carminati. Nell’ambito delle attività criminali, Lacopo è stato il tramite nelle comunicazioni, organizzando i contatti dei politici, dei manager e degli imprenditori con Carminati e Brugia. È intervenuto anche per individuare un luogo sicuro ove occultare le armi e commissionare a un carrozziere di fiducia la realizzazione di un vano, all’interno dell’abitacolo di un’autovettura, destinato al trasporto di armi e denaro.
• Matteo Calvio. Era il braccio armato nell’ambito dell’attività estorsiva e del recupero crediti del gruppo. Agiva sul territorio in posizione subordinata a Carminati e Brugia e in diretto collegamento con Roberto Lacopo.