La Stampa, 4 dicembre 2014
Vietato chiamarsi come Kim Jong Un, l’ultima follia dalla Corea del Nord. Da quando il giovane dittatore nordcoreano è stato prescelto come successore del padre, tutti gli altri che avevano lo stesso nome hanno dovuto cambiarlo
Che nessuno osi chiamarsi come il capo indiscusso: l’ultima rivelazione sulla Corea del Nord arriva sussurrata, di nuovo, dalla Corea del Sud e, di nuovo, mostra un aspetto sorprendente del Regno Eremita.
Da quando Kim Jong Un, il giovane dittatore nordcoreano, era stato prescelto come successore del padre, tutti gli altri che avevano lo stesso nome avevano dovuto cambiarlo: mettere al bando il cognome sarebbe stato impossibile, dato che è uno dei più diffusi del Paese, ma anche se la combinazione Kim Jong Un non era rara, per rispetto al capo è diventata proibita.
La notizia fa sorridere ma bisogna fare attenzione: la notevole chiusura del Paese fa sì che spesso sul suo conto si possa dire di tutto senza tema di essere sbugiardati, basta ricordare la storia dello zio di Kim «sbranato dai cani».
Il nuovo caso è riportato dalla Kbs Tv, sudcoreana, che dice di essere entrata in possesso di un documento statale interno della Corea del Nord, in cui per l’appunto veniva ordinato a tutti quelli che si chiamano Jong Un di cambiarsi il nome, e confermato da alcuni membri anonimi del ministero della Riunificazione di Seul.
La faccenda, però, non è per nulla improbabile: l’idea di rendere unico, e con connotati mistici, il nome del leader mostra una volta di più una Corea del Nord dove i rituali così frequento in epoca feudale in questa regione non sono ancora scomparsi: nella Cina imperiale, per esempio, che tanto influenzò la cultura coreana, il nome della dinastia regnante e quello dei singoli imperatori era tabù, e i caratteri che li componevano potevano essere usati solo in determinate circostanze e con precauzioni speciali. Eliminando qualche trattino, per esempio, o scrivendoli più grandi degli altri caratteri in un testo. E naturalmente era impensabile che chiunque altro si chiamasse come l’imperatore.
In Corea del Nord, del resto, la famiglia Kim, che «regna» sul Paese sin da quando questo è emerso dalle ceneri dalla Seconda Guerra Mondiale, è una «Sacra Famiglia»: il nonno, Kim Il Sung, e il figlio, Kim Jong Il (entrambi deceduti), e ora il nipote, sono trattati come semi-divinità, il loro giorno di nascita è festa nazionale, gli uffici pubblici e le scuole hanno i loro ritratti appesi ai muri, e ogni cittadino porta sul cuore una spillina con il loro amato volto.
Inimmaginabile dunque che di Kim Jong Un possano essercene più dell’unico riverito leader.