Corriere della Sera, 4 dicembre 2014
Il più grave limite del Jobs Act è la scelta di applicare il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti soltanto ai nuovi assunti. Ciò determinerà non solo un nuovo dualismo nel mercato del lavoro, ma ne metterà a rischio la stessa mobilità
Condivido quanto ha scritto Francesco Giavazzi, sul Corriere del 30 novembre («Quella trappola nascosta nel Jobs act»), a proposito del più grave limite della legge delega purtroppo sottovalutato: la scelta di applicare il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti soltanto ai nuovi assunti. Ciò determinerà non solo un nuovo dualismo nel mercato del lavoro, ma ne metterà a rischio la stessa mobilità sempre molto dinamica nonostante la crisi. Non risponde al vero, invece, che «nel testo originale proposto dal governo le nuove regole si applicavano a tutti». In quel testo, alla lett. b) dell’art.4 si parlava dell’«introduzione, eventualmente in via sperimentale, di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti per i lavoratori coinvolti». In sostanza, veniva prefigurata una eventuale tipologia in più (non a tempo necessariamente indeterminato) con finalità di inserimento. Il concetto di «contratto di lavoro a tempo indeterminato a protezione crescente» compare per la prima volta, al Senato, nell’emendamento delle c.d. forze centriste della maggioranza, a prima firma Ichino; in verità senza l’indicazione dei «nuovi assunti». Si parla per la prima volta di «nuove assunzioni», nell’emendamento 4.1000 presentato dal governo al Senato. Poi nel maxiemendamento votato con la fiducia dall’Assemblea e trasmesso alla Camera.
on. Giuliano Cazzola, docente Uniecampus