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 2014  dicembre 04 Giovedì calendario

Così la matematica reinventa il mondo, tra vite straordinarie e scontri di idee. Lo racconta Claudio Bartocci nel suo “Dimostrare l’impossibile. La scienza inventa il mondo”, appena uscito da Raffaello Cortina, in una successione incursioni nella storia millenaria di tale disciplina

«La verità non è un cristallo che ci si possa infilare in tasca, bensì un liquido infinito nel quale si precipita» dice Robert Musil. E vi si precipita, si badi bene, non passivamente e per accidente, ma in gran parte a seguito di enormi sforzi intenzionali e quasi disperati. Tali sforzi caratterizzano la scienza, cioè il complesso delle scienze sperimentali più la matematica. E di matematica parla prevalentemente Claudio Bartocci nel suo Dimostrare l’impossibile. La scienza inventa il mondo, appena uscito da Raffaello Cortina, in una successione d’incisivi interventi che costituiscono altrettante incursioni nella storia millenaria di tale disciplina.
Sempre Musil rilevava un centinaio di anni fa che «tutti vanno in visibilio per il sentimento e danno addosso all’intelletto», proprio come oggi, quando sembra che la nostra vita debba necessariamente fare il pieno di sentimenti e di «emozioni». «Questo vi emozionerà…» è il ritornello di ogni propaganda e promozione, trascurando a cuor leggero il fatto che le emozioni ci accomunano agli animali, mentre è la ragione che ci distingue, e dovrebbe rappresentare un po’ il nostro vanto. È la matematica, in realtà, che ci dovrebbe appassionare secondo Musil, perché il pensiero matematico rappresenta per lui una vera «ostentazione di audacia della pura ratio». Il motivo di tanto entusiasmo non è la constatazione che «tutto ciò che esiste intorno a noi, che si muove, corre o se ne sta immobile non soltanto sarebbe incomprensibile senza la matematica, ma è effettivamente nato dalla matematica», quanto piuttosto il fatto che i matematici abbiano l’ardire di mettere in discussione, «con orgogliosa fiducia nella diabolica pericolosità del proprio intelletto», i fondamenti stessi della loro disciplina. Presto si accorgeranno «che alle basi stesse di tutta la faccenda c’è qualcosa che non torna» e che l’intero «edificio è sospeso in aria». Siamo ovviamente negli anni in cui la cosiddetta critica dei fondamenti stava mettendo in crisi tutta la «fabbrica» dell’assiomatica matematica. Oggi sappiamo bene che l’impresa scientifica era ed è volta a ripensare continuamente tutto. Altro che comode certezze e riposanti pantofole! Che peraltro sono sempre in agguato. Sentite che cosa dice il grande fisico Wolfgang Pauli sotto l’influenza delle sue frequentazioni con lo psicologo analista Carl Gustav Jung: «Negli uomini di scienza la diffusa aspirazione a una maggiore unità nella nostra immagine del mondo è acuita dal fatto che oggi abbiamo sì le scienze della natura, ma non abbiamo più una immagine del mondo». Ma è necessaria? E cosa siamo disposti ad accettare supinamente per averne una?
Il libro presenta molti gustosi ritrattini storici di figure e di idee rilevanti. Come la discussione sulla realtà delle rivoluzioni scientifiche che tanto appassionano i profani, e la distruzione en philosophe dell’idea dell’esistenza degli atomi che probabilmente costò la vita al grande Ludwig Boltzmann, morto suicida a Duino.
Un’ultima considerazione. Si può avere a che fare con l’impossibile, a magari dimostrarlo? Secondo il poeta Paul Valéry, «on peut», si può. E diremmo, si deve, anche nel quadro di quanto Kant arriva a dire dell’attività matematica, da lui considerata «pura poesia». Sul fatto poi che la scienza inventi il mondo, per la matematica non c’è alcun dubbio, con buona pace degli spiriti platonici; per le scienze sperimentali un forte sospetto.