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 2014  dicembre 04 Giovedì calendario

Dalla contabilità di Gadda spunta una misteriosa donna, che ribalta i luoghi comuni sulla misoginia dello scrittore

Non più di qualche mese fa, usciva un interessante studio sul rapporto tra Carlo Emilio Gadda e il mondo femminile. Non serve appellarsi ai brutali femminicidi narrati nei due romanzi maggiori, la Cognizione e il Pasticciaccio, per ricordare come nell’universo gaddiano le donne siano sempre condannate a soccombere o almeno a essere sbeffeggiate da una misoginia viscerale. La misoginia di Gadda è stata definita da Maria Antonietta Grignani «davvero esorbitante» in Eros e Priapo, dove si dichiara, tra l’altro: «Non nego che la Patria chieda alle femine di adempiere il loro dover verso la Patria, che è, soprattutto, quello di lasciarsi fottere». Il romanzo della biografia gaddiana ha sempre presentato, alla voce «Donne», un che di benevolmente sfumato che perdonava ogni intemperanza antifemminista. Il mondo femminile del Gadda uomo si limitava quasi esclusivamente, fino ad oggi, alla madre Adele e alla sorella Clara. Lo scrittore oscillava tra la vera e propria ostilità razzistica e la sublimazione: signorine asessuate e infingarde o figure uterine, istintive, «centrogravitate sugli ovari». Nello studio cui si accennava, Lucilla Sergiacomo ( Gadda spregiator delle donne, Noubs) indaga il mito della sacralità materna e della fertilità che invade l’opera di Gadda in funzione antiborghese: le protagoniste dei suoi romanzi, la Balducci e la «Signora», pagheranno con la vita il loro essere madri fallite.
Questa distanza sarcastica, o peggio questo esibito sprezzo, ha sempre confermato l’idea di un Gadda per così dire sublimante e represso, in fuga dalle donne, che riteneva per lo più pericolosamente interessate a sistemarsi nel matrimonio: in genere, lo si è voluto incline a una non si sa quanto praticata tendenza omoerotica. In questa direzione, alcuni hanno illustrato, nell’opera del Gran Lombardo, la galleria di giovani maschi descritti con quella partecipazione sensuale che verrebbe meno nelle manierate iperboli associate alla bellezza femminile. (Ma va detto che la procace e perfida Zoraide de La meccanica vanta anche lei attributi di notevole avvenenza).
Ora però tutto questo andrebbe rivisto ampiamente alla luce di E. Chi è E.? Arnaldo Liberati, erede di Gadda (è il nipote della domestica Giuseppina a cui l’Ingegnere ha lasciato il patrimonio anche letterario), ha pubblicato un libro ( Il “mio” Gadda, Edizioni Stimmgraf di Verona) in cui c’è un intero sorprendente capitolo che rischia di confutare la vulgata sulla personalità dello scrittore renitente alle donne. Nelle carte private di Gadda, tra le registrazioni dei conti che lo ossessionavano, Liberati ha rinvenuto l’«inquietante presenza» di generose elargizioni destinate a una certa E. che si prolungano dal 1920 al 1962 con brevi pause in coincidenza con le sue trasferte all’estero. In origine segnalata come Elena, poi ridotta a El., infine alla sola iniziale puntata, questa signora sarebbe dunque un antico segreto che l’Ingegnere ha gelosamente custodito per decenni.
Messosi sulle tracce di E., Liberati confessa di non essere riuscito (per il momento) a individuarne l’identità, anche ipotizzando che si tratti di una figura familiare (una figlia segreta dello scrittore o del fratello dello scrittore, Enrico, morto in guerra nel 1918?). Tenendo poi presente il «profondo radicamento» dell’opera «nella realtà biografica», Liberati ricerca gli eventuali segni di E. nei testi gaddiani, rintracciando sparute spie a partire dalla Madonna dei filosofi (1931), peraltro condivise, nella prefazione del libro, dal gaddista principe Emilio Manzotti. Nel terzo capitolo della Madonna, l’ingegner Cesare Baronfo, tormentato da «mordenti angustie», è sospettato di concedersi frequenti trasferte professionali per evadere da una soffocante quotidianità semi-coniugale impostagli dall’«implacabile compagna delle sue notti di riposo»: anche lei una E., Emma, che accuserà l’ex amante («porco rognoso») di aver concepito con lei un figlio, Gigetto, senza aver poi rimediato alla «gaffe» con il matrimonio. Dunque, potrebbe darsi che le uscite contabili di Gadda siano da attribuire a una circostanza analoga? Tutto può essere. Fatto sta che Elena sfugge, quasi che Gadda, scrittore autobiografico per eccellenza, abbia voluto adottare una impeccabile strategia di occultamento o di depistaggio. (Una Elena compare però nel racconto adulterino La buona nutrizione del 1945).
D’altra parte, si diceva della presenza continua di questa donna nei quaderni della contabilità. Nel 1920, figura una «spesa Elena» per 20 lire, e poco dopo una spesa di 50. Le cifre, assicura Liberati, «non corrispondevano alle tariffe dei bordelli di allora», ma sembra fuori discussione che si tratti di un’amante misteriosa: il capitolo che Liberati dedica al caso si intitola inequivocabilmente Histoire d’E. Nel 1927 è segnato un doppio esborso di 55 lire. L’anno dopo, le uscite a favore di E. si moltiplicano in corrispondenza di una frequentazione più assidua: in agosto Gadda e Elena si trovano in gita allo Stelvio dal 4 al 15, a Como e Lecco dal 20 al 27 agosto, poi anche una decina di giorni a Firenze (con vitto, alloggio, teatro e cinema) sempre con cifre considerevoli (70), rigorosamente segnate dallo scrittore accanto al nome di E. tra spese postali e medicinali, saldo per il falegname, esborsi per il dentifricio, per le scarpe da montagna, per viaggi in treno eccetera. L’11 settembre la misteriosa signora si trova, viva la madre dello scrittore, persino nella casa di famiglia a Longone. Che peraltro nel 1933 l’Ingegnere aveva intenzione di ristrutturare in vista di un ventilato trasferimento, almeno stando a una lettera inviata alla sorella Clara: «Non è escluso che mi sposi e comunque abbia necessità di avere la mia casa, come l’hanno tutti, anche molta gente più miserabile e sciattona di me».
Tornando ai quaderni contabili, altre volte accanto al nome e alla cifra (cui si aggiunge non di rado la segnalazione delle ore, anche le più strane della notte) compaiono didascalie puntuali: «cinema», «tram», «gelati», in cui forse è lecito (forse no) intravedere le stesse allusioni sessuali che non sfuggono in certe altre notazioni, tipo: «E. without» (Elena senza: senza cosa?), «E. sine ex.» ( sine exitu : quale esito?). Ancora nel 1959 si registrano uscite curiose: «clinica 9-20 luglio spese E. inutili lit. 30», seguite da: «spese E. dopo clinica 400». E nel settembre dello stesso anno persino: «Roma casa E. = TOT. li. 320.000». L’ultima coda di pagamenti risale a martedì 30 giugno 1962: «Bus 70 + E. 30».
Liberati chiude così la sua ricostruzione: «Gadda ebbe la sua dama bianca: Elena, che tranne per brevi intervalli fu per quarant’anni presente nella sua vita. La sua voluta solitudine fu forse rispetto per quell’amore impossibile ed impossibilitato ad esplicitarsi per i più vari e reconditi motivi».