Il Messaggero, 4 dicembre 2014
Tags : Mafia Capitale
Massimo Carminati, il capo della cupola malavitosa romana, era pronto a fuggire all’estero: stava comprando una casa a Londra e spostando i suoi soldi alle Bahamas e verso altri paradisi fiscali
Un interrogatorio durato poco più di dieci minuti. Massimo Carminati si è avvalso della facoltà di non rispondere. Giusto il tempo di incontrare il gip Flavia Costantini che ha firmato il suo arresto, e i pubblici ministeri Paolo Ielo e Luca Tescaroli, che da quattro anni indagano su mafia e politica. Il “Cecato” indossa jeans e maglione, ha il solito atteggiamento da boss. «Era d’obbligo che prima o poi ci dovessimo incontrare – sono le uniche parole che rivolge agli inquirenti – So’ quattro anni che c’ho il Ros dietro». L’interrogatorio preferisce non farlo, del resto è il suo modo di difendersi. Ma le ragioni, questa volta, stanno anche nel fatto che l’ordinanza di custodia cautelare gli è stata notificata nel pomeriggio di martedì, e che né lui né il suo avvocato storico, Giosuè Naso, hanno avuto modo di leggerla attentamente.
IL FERMO
L’operazione “Mondo di mezzo” è cominciata con un paio di giorni di anticipo per Carminati. Gli investigatori avevano avuto indicazione che potesse fuggire all’estero e, nonostante avessero pronta l’ordinanza di arresto, sono stati costretti a intervenire in tutta fretta. Una trentina di uomini del Ros si sono presentati nella sua casa di Sacrofano domenica pomeriggio, per effettuare una perquisizione: cercavano armi da guerra. E così hanno usato metal detector, setacciato il terreno. Alla fine hanno emesso un decreto di fermo che ieri però è stato annullato dal gip di Tivoli, anche perché nel frattempo a Carminati era stato notificato il provvedimento restrittivo. Probabilmente dietro l’intervento d’urgenza ci sono state anche le nuove indicazioni su investimenti e interessi che l’ex Nar ha mostrato verso le Bahamas e altri paesi stranieri. Inoltre, pare che stesse addirittura per comprare una casa nel quartiere più cool di Londra, Notting Hill, lasciando intendere, quindi, che era arrivato il momento di abbandonare l’Italia.
Ieri mattina si sono svolti anche gli interrogatori per altri dodici dei ventotto arrestati nella mega inchiesta. E tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, a cominciare da Riccardo Brugia, considerato il braccio armato dell’ex Nar, per finire a Fabrizio Franco Testa, a Matteo Calvio, a Luca Odevaine, ad Agostino Gaglianone, e allo stesso Salvatore Buzzi, factotum e “compagno di merende” dell’ex terrorista nero. Solo uno di loro ha scelto di parlare, l’ex ad di Ama, Franco Panzironi. Assistito dall’avvocato Pasquale Bartolo, ha comunque negato di essere stato al libro paga del presunto clan mafioso. «Io non sono un mafioso – ha dichiarato al giudice – I finanziamenti ricevuti dalla Fondazione Nuova Italia, di cui è presidente Gianni Alemanno, e giudicati sospetti, sono un fatto normale». Per la procura, invece, quel denaro è riconducibile alla cupola affaristica gestita da Carminati. E nei prossimi giorni potrebbero esserci nuovi arresti.
LE INDAGINI
Che la situazione fosse a rischio e che la giustizia gli stesse sempre di più con il fiato sul collo, Carminati ne aveva contezza già da tempo. I reparti del Ros dei carabinieri, comandati dai colonnelli Roberto Casagrande e Stefano Russo, lo hanno accerchiato giorno dopo giorno, riuscendo anche a superare quel muro di protezioni che il boss ha sempre avuto. Carminati bonificava gli ambienti da cimici e microspie con una frequenza maniacale, servendosi molto spesso anche del disturbatore “Jammer”. Ma i militari sono praticamente sempre riusciti a superare il blocco e a registrare migliaia di dialoghi compromettenti. Il “Cecato” l’aveva capito che l’aria si stava facendo brutta, tanto che al suo amico Brugia dice: «Ce stanno a comincià a dimostrà che stanno a fà carte false per qua, per inculà la gente eh, ce se vonno inculà...non è più come una volta».