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 2014  dicembre 03 Mercoledì calendario

Il governo Renzi ha bisogno di 700 milioni e così dal 1° gennaio aumenterà la benzina di 2 centesimi al litro. Sono soldi che servono a coprire l’abolizione dell’Imu sull’abitazione principale decisa nel 2013. Doveva essere finanziata dall’Iva sui pagamenti della pubblica amministrazione e da un giro di vite fiscale sui giochi, ma non è bastato

Non basterà il prezzo del petrolio ai minimi da cinque anni a rendere più piacevoli le festività agli automobilisti. Le brutte notizie per chi è costretto a fare il pieno arriveranno, tanto per cambiare, dal fisco italiano. Come ha ricordato ieri la Cgia di Mestre, dal primo gennaio scatterà una delle tante clausole di salvaguardia. Questa volta farà aumentare le accise sui carburanti di 1,8 centesimi al litro, 2,2 cent considerando l’effetto dell’Iva. Cifra approssimativa perché dovrà essere un provvedimento dell’Agenzia delle dogane a stabilire l’esatta quantificazione in modo da reperire 671 milioni nel 2015 e 17,8 milioni di euro nel 2016. Servono a coprire l’abolizione dell’Imu sull’abitazione principale decisa nel 2013. Doveva essere finanziata dall’Iva sui pagamenti della pubblica amministrazione e da un giro di vite fiscale sui giochi, ma non è bastato. Il greggio è sceso sotto i 64 dollari, però – ha osservato il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – «in Italia il prezzo dei carburanti alla pompa rimane ancora molto elevato», grazie a un’imposizione fiscale che «non ha eguali in Europa». Una gallina dalle uova d’oro il portafoglio degli automobilisti, tanto che in quattro anni i ritocchi all’insù sono stati ben nove.
Un po’ come le sigarette. Al Consiglio dei ministri di lunedì, il governo ha confermato il nuovo regime fiscale per tabacchi e affini, che si tradurrà in un aumento per i fumatori, compresi quelli di tabacco trinciato (quello delle sigarette autoprodotte, generalmente più economiche delle altre) e delle e-cig.
Per il governo Renzi è sempre più difficile rinunciare alla leva fiscale. La legge di Stabilità, ha denunciato la settimana scorsa Forza Italia, non impedisce un aumento delle tasse di 50 miliardi nei prossimi tre anni. Senza contare la probabile manovra di fine anno che ieri il capogruppo azzurro Renato Brunetta ha quantificato in 1,5/3 miliardi.
A Renzi forse non piacciono gli aumenti delle tasse, ma sembra non poterne fare a meno come dimostra la legge di Stabilità, che ora è approdata al Senato con una lista di provvedimenti che alla Camera non sono state toccati, ma che l’esecutivo vorrebbe modificare. La stangata sulle casse previdenziali private, con l’aliquota che sale dal 20% al 26%, nelle intenzioni del governo, dovrebbe essere attenuata. Doveva essere cancellata, ma non ci sono spazi, quindi la previdenza dei professionisti dovrà comunque subire un salasso fiscale. Ancora più urgente mettere mano al rincaro sui guadagni da fondi pensione. Nella versione attuale della manovra l’aliquota è arrivata al 20%, l’esecutivo spera di portarla al 15%. Certo il ritiro della «patrimoniale» sui macchinari delle industrie. Gli «imbullonati» che nela prima versione della legge pagano l’Imu. In compenso, riprende quota l’idea di mettere il canone Rai nella bolletta.
Fronte caldissimo quello fiscale. Ieri la Corte dei conti ha portato scompiglio sul fronte della lotta all’evasione, bocciando il principale strumento della tax compliance cioè gli studi di settore. Un invito a tornare alle maniere forti, soprattutto contro i lavoratori autonomi.
Il governo per il momento sceglie la linea morbida con le donne vicine alla pensione. Ieri pomeriggio è arrivata l’attesa circolare Inps sull’Opzione donna, che riapre i termini per le lavoratrici che vogliono ritirarsi a 57 anni e tre mesi, 35 anni di contributi, con il metodo retributivo. Potranno presentare la domanda anche se lavorano e se hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre.