La Stampa, 3 dicembre 2014
Con il chilometro verde del Corviale l’architetto Guendalina Salimei ha ispirato la storia del film “Scusa se esisto” e ora anche la giunta regionale, che pare intenzionata a riqualificare la zona con questo suo progetto
Professione: architetto. Caratteristiche particolari: donna. «Se mi fossi dedicata all’arredamento di interni sarebbe stato più facile, e invece da sempre mi occupo di cantieri, di grande edilizia, di riqualificazione urbana».
Guendalina Salimei è la figura che ha ispirato il film «Scusate se esisto» di Riccardo Milani con Paola Cortellesi, storia di un’architetta con grandi qualità che per vedersi approvato il progetto di ristrutturazione di Corviale – il serpentone di cemento che ferisce un chilometro della periferia sud-ovest di Roma – decide di farsi passare per un uomo. Da quando è uscito il film, la vita nello studio Salimei di piazza Mancini si è fatta più frenetica: «Tutti mi chiedono se il progetto esiste davvero, se lo realizzeranno».
E a questo punto forse sì, «il chilometro verde» che dovrebbe tagliare orizzontalmente l’intero edificio di Corviale per ospitare servizi, luoghi di incontro e di scambio, si farà per davvero. «La giunta regionale precedente lo aveva bloccato perché volevano riedificare l’area in modo radicale – spiega Salimei – poi però si è visto che l’operazione era impraticabile, e adesso la nuova giunta è intenzionata a procedere».
Ma come è cominciata l’avventura che l’ha portata fino al cinema? «Un giorno mi arriva una mail da parte del regista – racconta l’architetta – e quando ho chiesto come mi avevano trovata mi hanno risposto che facendo la ricerca su Internet con le caratteristiche del personaggio che gli serviva, tutti i motori di ricerca alla fine portavano al mio nome. In pratica ha deciso un algoritmo».
Sì perché Guendalina Salimei nel suo curriculum conta un centinaio di riconoscimenti internazionali, trenta concorsi vinti, pubblicazioni in più lingue, diverse curatele di biennali d’architettura e – unica macchia – l’esclusione dall’abilitazione all’Università La Sapienza. È ancora ricercatrice.
Felice del film come gli abitanti di Corviale, che Salimei conosce bene, perché i sopralluoghi li ha fatti davvero: «Fino a poco tempo fa chi abitava lì si vergognava e a domanda rispondevano: “Vivo a Casetta Mattei”. Ora non più, abitare a Corviale è diventato un motivo d’orgoglio».
E dopo Corviale? «Per me la sfida resta quella delle aree degradate, come quelle intorno al Porto di Napoli. Il principio è sempre lo stesso. La riqualificazione non si fa con grandi progetti, ma con interventi piccoli e mirati. Li immagino come dei virus positivi, che a forza di essere inoculati in punti strategici, contagiano tutto il resto».