Il Sole 24 Ore, 3 dicembre 2014
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Il business dei centri di accoglienza gestiti dalla mafia nera romana. Per l’inchiesta Terra di mezzo Carminati, Buzzi e Odevaine erano a capo di una spartizione milionaria di fondi. Il grande salto avviene dopo il 2011, quando il giro d’affari cresce di 15 volte
«In una situazione di crisi, occorre guardarsi dai pericoli ma saper riconoscere le opportunità». Lo ha detto John F. Kennedy nel 1959 a Indianapolis. Ma negli ultimi 40 anni chi ha saputo metterlo in pratica meglio di chiunque altro a Roma è stato Massimo Carminati, l’ex terrorista dei Nar affiliato alla Banda della Magliana che da decenni coniuga politica, affari e criminalità organizzata nella capitale del nostro Paese.
Per tutti noi quella di Mare Nostrum è stata una tragedia. Per Massimo Carminati un’opportunità. Da un’inchiesta condotta negli ultimi mesi da Il Sole 24 Ore, e convalidata ieri dalla serie di arresti in seguito all’indagine condotta dal Servizio centrale del Ros e dalla sua sezione Anticrimine di Roma per conto della Procura, è emerso che quello dei «barconi della speranza», anziché un’emergenza umanitaria, è stato un grande business. Per Carminati è stata anche un’occasione per rafforzare quella tela di relazioni grazie alla quale nel sottobosco romano è noto anche come «l’ultimo re di Roma».
Carminati si è dimostrato un re magnanimo. Che ha saputo condividere con la sua corte. E in quest’ultima vicenda in particolare con quello che la Procura ritiene sia stato il suo socio occulto, Salvatore Buzzi, presidente di un importante consorzio di cooperative legate alla LegaCoop, le cosiddette «cooperative rosse».
Attenzione, non si sta parlando di attività criminali – di droga, di pizzo o di economia sommersa. No, a predisporre e raccordare l’emergenza migranti è stato il «Tavolo di coordinamento nazionale» presieduto dal più istituzionale dei ministeri, quello dell’Interno, del quale era membro un uomo prezzolato dal duo Carminati-Buzzi. Leggendo gli atti dell’indagine «Mondo di mezzo», diretta dai pm romani Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli, torna in mente un altro tavolo, parliamo de «U tavolinu», dove il «ministro dei Lavori pubblici» di Cosa Nostra, Angelo Siino, spartiva appalti e fondi pubblici con aziende e politici. Il ruolo di Siino, secondo le accuse della Procura di Roma, sarebbe stato svolto da Luca Odevaine, l’uomo al servizio del duo criminale membro del Tavolo di coordinamento nazionale, ex direttore di gabinetto del sindaco Walter Veltroni, ex capo della polizia provinciale e Protezione civile con Nicola Zingaretti, ed ex pregiudicato (vedi box).
Dall’indagine de Il Sole 24 emerge che, per via delle centinaia di milioni di fondi statali e comunitari, quella dell’accoglienza è stata una straordinaria mangiatoia. Per capirlo basta questa frase di Buzzi a un complice: «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati, eh? Il traffico di droga rende di meno».
A mangiare tutti insieme appassionatamente sono stati i «fascio-mafiosi» di Carminati che secondo la Procura avevano in Gianni Alemanno l’esponente politico di riferimento di maggior spicco e i «rossi» di Buzzi, che avevano invece al proprio servizio uno stretto collaboratore del predecessore di Alemanno al Campidoglio, Walter Veltroni. In una sorta di iper-compromesso storico criminal-clientelare condotto in piena luce del sole e, almeno formalmente, sotto la tutela delle massime autorità dello Stato. Per usare le parole del Gip Flavia Costantini, è infatti emerso «un trait-union tra mondi apparentemente inconciliabili, quello del crimine, quello della alta finanza, quello della politica».La prima fase del «business dei migranti» inizia nell’estate del 2008, quando arriva la prima grande ondata di immigrati. Il 25 luglio di quell’anno, per fronteggiarla, il Governo Berlusconi dichiara lo stato d’emergenza che attribuisce ai prefetti potere derogatorio. Il 6 agosto Angelo Chiorazzo, un potentino trasferitosi a Roma e legato al mondo dell’ex Dc, si reca a Palazzo Chigi per incontrare il sottosegretario Gianni Letta.
Chiorazzo è rispettivamente presidente e consigliere d’amministrazione de La Cascina e di Auxilium, che insieme formano una rete di cooperative «cattoliche». E pensa di avere le carte in regola: la Auxilium già gestisce il Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Bari e quello di Ponte Galeria, a Roma.
Letta lo mette subito in contatto con l’uomo che dal Viminale gestisce l’emergenza umanitaria per il Governo, il prefetto Marco Morcone, già allora capo del Dipartimento Immigrazione del Ministero, il quale apre una corsia preferenziale per Chiorazzo. E, grazie al regime derogatorio previsto da un’ordinanza del Consiglio dei Ministri, nel giro di pochissimo tempo, Auxilium ottiene un appalto da oltre un milione per aprire un nuovo Cara a Policoro, in provincia di Matera (terra di Chiorazzo e di suo fratello Pietro, anche lui impegnato nello stesso business).
Che tempistica e modalità fossero del tutto inusuali lo hanno dichiarato il prefetto di Matera Giovanni Monteleone e il suo collaboratore Michele Albertini, nelle loro deposizioni al pm Henry Woodcock (che sulla vicenda aveva aperto un’inchiesta, conclusasi con l’archiviazione delle posizioni di Letta e Morcone).
«Non risultava nessun tipo di gara» testimonia Albertini, «e il ministero – la direzione centrale – ci diceva anche il prezzo che avremmo dovuto pagare.… In tre mesi abbiamo quantificato circa 1 milione e 200mila euro, per cui capite bene che non stiamo parlando di noccioline. Quindi sollevai questa problema: “guardi io non sottoscrivo nessuna convenzione, fino a quando voi per iscritto non ci dite che lo schema è quello, che la ditta è quella, che il prezzo è quello. Perché almeno che risulti che io sto sottoscrivendo 49 euro perché me lo state dicendo voi, non perché io ho valutato se 49 euro è un prezzo congruo o meno”… Altrimenti, sinceramente con tutte le deroghe della norma io non avrei sottoscritto nulla».
Le stesse perplessità le manifesta il prefetto Monteleone: «Un giovedì mi ha chiamato il prefetto Morcone e mi ha detto: “Abbiamo individuato nella città di Policoro una struttura ricettiva dove sabato arriveranno duecento extracomunitari. Perché c’è un’emergenza nazionale”. Io sono rimasto molto sorpreso, perché mi sono trovato, diciamo, bypassato (…) Mi dissero che (…) che sarebbe seguita di lì a poco una convenzione-tipo che dovevamo far firmare alla Prefettura, senza sapere chi fossero questi qua. Io ho appreso dopo di questa Auxilium. L’ho appreso un giorno dopo, due giorni dopo (…) È arrivato tutto prestabilito da Roma. Tutto».
La seconda fase del business dei migranti ha inizio nella primavera del 2011, quando il Governo Berlusconi requisisce il «Villaggio degli aranci», un complesso residenziale di 404 unità abitative costruito dalla ditta Pizzarotti e C. Spa, di Parma, su 25 ettari nella piana di Catania appartenente (nulla e che vedere con l’omonimo attuale sindaco di Parma ndr). Occupato fino a poco prima dai militari americani di base a Sigonella, il Villaggio viene trasformato nel Cara di Mineo. Anche lì, sempre grazie al regime di deroga, l’appalto viene assegnato senza gara al ribasso. A prenderlo è un raggruppamento che, oltre alla stessa Pizzarotti, include Legacoop (le ex cooperative rosse), la Cascina, e il Consorzio «Calatino terra di Solidarietà», ente creato dai comuni locali popolato da persone legate all’attuale ministro dell’Interno Angelino Alfano. A occupare la poltrona di presidente del Consorzio è Giuseppe Castiglione, prima presidente della Provincia di Catania, poi deputato del Pdl e ora sottosegretario all’Agricoltura in quota Ncd da sempre legato al ministro, e dopo di lui Anna Alois, neo-eletta sindaco di Mineo, anche lei del Ncd. Esperto del presidente del Consorzio: Luca Odevaine.
Nell’estate del 2012, indagando su Carminati per conto dei Pm di Roma Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, i carabinieri del Ros si accorgono del suo coinvolgimento nella gestione di un campo-nomadi alla periferia di Roma. E scoprono il suo legame con Salvatore Buzzi, un pregiudicato divenuto presidente di un consorzio di “cooperative sociali” legate alle Legacoop (vedi box).
«Si erano divisi il mercato distribuendo mazzette. In pratica ogni appalto era diviso in lotti di maggioranza e lotti di minoranza», rivela a Il Sole 24 Ore una fonte che chiede l’anonimato. Il grande salto avviene nel periodo di Alemanno, quando le cooperative controllate dal sistema «Carminati/Buzzi» moltiplicano di oltre 15 volte il proprio fatturato. Ma la vittoria elettorale di Ignazio Marino non cambia nulla. Anche perché, come spiega lo stesso Buzzi in una conversazione captata dal Ros alla vigilia delle elezioni comunali del 2013, l’associazione si era coperta su ogni fronte: «La cooperativa campa di politica. Il lavoro che faccio io lo fanno in tanti, perché lo devo fare io? Finanzio giornali, finanzio eventi, pago segretaria, pago cena, pago manifesti. Lunedì c’ho una cena da ventimila euro (...) C’ho quattro cavalli che corrono col Pd, con la Pdl ce ne ho tre e con Marchini c’è... c’ho rapporti con Luca (Odevaine) quindi va bene lo stesso. Lo sai a Luca quanto gli do? Cinquemila euro al mese. Ogni mese (…) un altro che mi tiene i rapporti con Zingaretti 2.500 al mese. Un altro che mi tiene i rapporti al comune 1.500, un altro a... sette e cinquanta... un assessore diecimila euro al mese… ogni mese, eh! (…) Per le elezioni siamo messi bene… siamo coperti».
Una volta arrivati a Odevaine gli investigatori raggiungono il cuore istituzionale dell’emergenza migranti. In quanto responsabile della protezione civile della provincia di Roma (con Zingaretti), Odevaine era infatti entrato a far parte del Tavolo di coordinamento nazionale istituito dal Viminale per fronteggiare la crisi.
Una circolare del ministero dell’Interno del 13 dicembre 2012 spiega che una della mission del Tavolo è quella di «provvedere all’elaborazione di un’ipotesi di ripartizione» dei compiti. A coordinare la ripartizione delle mazzette secondo la Procura sarebbe invece stato Odevaine. Nell’ordinanza del Gip si legge infatti che costui ha fatto in modo di «orientare le scelte del Tavolo di coordinamento nazionale al fine di creare le condizioni per l’assegnazione dei flussi di immigrati alle strutture gestite dai soggetti economici riconducibili a Buzzi».
I politici avevano anche un benefit collaterale: il ricorso alle cooperative per gli appalti ha infatti favorito la costituzione e il controllo di preziosissimi bacini di voti.