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 2014  dicembre 03 Mercoledì calendario

Le macchine ci soppianteranno. Stephen Hawking fa sapere che ha paura dell’intelligenza artificiale: «Il suo ulteriore sviluppo potrebbe portare alla fine della razza umana». Ma non solo, è allarmato anche riguardo all’uso di internet: «Bisognerebbe che le aziende informatiche facessero di più per evitare che il web diventi il centro di comando e controllo del terrorismo. Ma la difficoltà è farlo senza sacrificare la libertà e la privacy»

Se non è l’uomo più intelligente della terra, poco ci manca: da ragazzo gli scoprirono lo stesso quoziente di intelligenza di Einstein. Eppure, o proprio per questo, Stephen Hawking ha paura dell’intelligenza artificiale. “Il suo ulteriore sviluppo potrebbe portare alla fine della razza umana”, avverte l’astrofisico che con i suoi studi su Big Bang e buchi neri ha rivelato le origini dell’universo. “Le macchine ci soppianteranno”. Il paradosso è che il grande scienziato inglese lancia il suo monito in occasione di un nuovo passo avanti delle macchine intelligenti: nel caso specifico inventate apposta per lui. Il modo in cui Hawking parla in una sala del Savoy Hotel di Londra con un gruppo di giornali, tra cui “Repubblica”, è infatti rivoluzionario: un software sviluppato da Intel, la più grande azienda multinazionale nel campo dell’IT (Information Technology), che da oltre due decenni lavora con lui, gli consente di migliorare notevolmente la sua capacità di comunicare. Quasi interamente paralizzato e costretto a una sedia rotelle dalla sclerosi laterale amiotrofica (Sla), la malattia che lo ha colpito quando studiava all’università, lo studioso che occupa a Cambridge la stessa cattedra di Isaac Netwon (e che, come spesso ama ricordare, è nato 300 anni esatti dopo Galileo) parla e scrive da un quarto di secolo grazie a un sensore sulle guance, rilevato da un interruttore a raggi infrarossi montato sugli occhiali, con cui seleziona i caratteri sullo schermo di un computer. Un sintetizzatore trasforma quindi in voce le frasi da lui digitate. Il nuovo sistema ideato dalla Intel permette a Hawking di operare dieci volte più rapidamente sul computer (se finora impiegava 3 minuti per aprire un documento, adesso gli bastano 10 secondi) e di parlare due volte più in fretta. «Posso scrivere più rapidamente e parlare più facilmente, un miglioramento che mi cambia la vita», ci dice con la sua caratteristica voce metallica. Poi aggiunge con un mezzo sorriso: «Grazie», rivolto alla donna che gli sta accanto, Lama Nachman, ingegnere, palestinese, curatrice del progetto. Da gennaio la Intel metterà il nuovo software gratuitamente a disposizione di ricercatori e accademici: potrà essere utilizzato dai 3 milioni di persone affette da malattie del motoneurone e tetraplegia nel mondo.
Ciononostante lo scienziato è consapevole che il progresso tecnologico comporta dei rischi. «L’intelligenza artificiale finirà per svilupparsi da sola e crescere a un ritmo sempre maggiore», ammonisce. «Gli esseri umani, limitati dalla lentezza dell’evoluzione biologica, non potranno competere con le macchine e un giorno verranno soppiantati. I computer raddoppiano velocità e memoria ogni 18 mesi. Il rischio è che prendano il potere».
È allarmato anche riguardo all’uso di internet: «Bisognerebbe che le aziende informatiche facessero di più per evitare che il web diventi il centro di comando e controllo del terrorismo», un pericolo recentemente citato dal capo dei servizi di spionaggio elettronici britannici. Ma osserva che «la difficoltà è farlo senza sacrificare la libertà e la privacy», ovvero senza trasformare lo stato in un Grande Fratello che spia tutto ciò che facciamo online. C’è infine un campo in cui, pur rimanendo un sostenitore entusiasta del progresso, l’inventore della teoria dei buchi neri non vuole miglioramenti tecnologici: la propria voce artificiale generata dal computer. «Ammetto di parlare come un robot», dice scandendo metallicamente le parole, «ma è diventato il mio marchio di fabbrica e non lo cambierei per una voce più naturale. Mi dicono che i bambini che hanno bisogno di una voce computerizzata ne vogliono una proprio come la mia». Per credere che a questo mondo tutto è possibile, anche continuare a vivere, studiare e lavorare con una malattia degenerativa, non c’è niente di meglio che parlare come Stephen Hawking, l’uomo più intelligente della terra.