9 dicembre 2014
Fermata per omicidio la mamma di Loris Andrea Stival, il bimbo di otto anni trovato morto, senza slip, in un canalone in cemento che scorre accanto al Mulino Vecchio di Santa Croce Camerina
Loris Andrea Stival, 8 anni. Di Santa Croce Camerina, minuscolo paese della provincia di Ragusa, primogenito di Davide Stival, 30 anni, autotrasportatore, e Veronica Panarello, casalinga, 25 anni. Mingherlino, appassionato di arti marziali, da qualche tempo faceva i capricci perché non voleva andare a scuola. Sabato 29 novembre, all’una, la mamma lo andò a prendere all’istituto Psaumide ma le dissero che Loris, in aula, quel giorno non era mai entrato. La Panarello raccontò a tutti che l’aveva accompagnato in auto vicino all’istituto verso le otto e mezza di mattina e tutti in paese presero a cercare il bambino sperando che si trattasse di una birichinata, come di quella volta che, per scherzare con un amichetto, era sparito dentro a un supermercato. Invece nel pomeriggio lo trovò Orazio Fidone, 60 anni, ex impiegato dell’Enel con la passione della caccia, che impressionato dalla notizia della scomparsa s’era messo a cercare il bambino: era a quattro chilometri dalla scuola, in un fosso tra sassi e cespugli, tre metri sotto il ciglio della strada che porta a un mulino, con un grosso ematoma in testa, i pantaloni senza cinta e slacciati, privo di slip. [tutti i giornali di domenica 30 novembre]
Nella notte tra lunedì 8 e martedì 9 dicembre Veronica Panarello, mamma del piccolo Loris, è stata sottoposta al fermo al termine di un interrogatorio in Procura durato sei ore. È accusata dell’omicidio del figlio, strangolato, senza complici, con una fascetta da elettricista, e dell’occultamento del cadavere. I controlli dicono che Loris non è mai andato a scuola, al contrario di quanto sostiene la madre. E quando lunedì sera se l’è sentito ripetere più volte dalla giovane e determinata mamma, il Procuratore di Ragusa Carmelo Petralia ha tirato fuori tabulati, orari, passaggi della sua Polo nera. Con la contestazione di un buco di 36 minuti durante i quali mamma e bimbo dovrebbero essere rimasti da soli in casa, fino alle 9.30 circa, cioè quando per i medici legali il piccolo muore asfissiato anche se il cuore batterà ancora per poco. Eccola uscire da casa, o meglio dal garage dove ha parcheggiato l’auto e dirigersi lungo la strada che porta a una rotonda e all’imbocco dell’ultimo tratto in cui c’è il canalone della morte. L’auto è inquadrata dalla telecamera di un distributore a 50 metri dall’imbocco, a un chilometro da quel fossato. Ma proprio lunedì 8 dicembre la definizione tecnica di alcuni frame delle registrazioni lascerebbero intravedere la sagoma della Polo mentre si immette sulla strada del canneto che cela quel canalone. I rapporti presentati al procuratore parlano di «quadro psicopatico con sdoppiamento della personalità» facendo riferimento a un delitto che denoterebbe freddezza assoluta. Perché Loris è stato ucciso prima legandogli i polsi con le fascette, poi stringendone una al collo. Se fosse vera questa ricostruzione sarebbe sorprendente come il mattino dell’omicidio, verso le 9.30, rispondendo a una chiamata del marito, sul tir in Lombardia, Veronica sia stata priva di emozioni: «Tutto a posto, i bimbi a scuola» [tutti i giornali di mercoledì 9 dicembre].
I medici impegnati nell’autopsia hanno detto che il bimbo, in passato, è stato stuprato più volte. [Cavallaro e Fasano, Cds 2/1/ 2014]
Sparito lo zainetto blu di Loris, a forma di ovetto con righe gialle, con dentro i quaderni, le penne, ecc.
Martedì 2 dicembre per la morte del bambino risultava indagato Orazio Fidone. L’atto disposto dalla Procura era «dovuto» per eseguire un esame tecnico irripetibile: accertamenti su due vetture e sui vestiti dell’uomo. La misura, inoltre, avrebbe consentito all’indagato di nominare un legale e un perito di parte. [Cavallaro e Fasano, Cds 2/1/ 2014; tgcom.it 2/12/2014]
La mamma di Loris e suo marito, rientrato precipitosamente dal Nord dove stava facendo una consegna con il suo camion, erano andati alla morgue dell’ospedale Paternò Arezzo di Ragusa per vedere il corpo del loro bambino ancora chiuso nel sacco verde nel quale era stato deposto poco prima, dopo essere stato prelevato dal canalone di Mulino Vecchio. Lì mamma Veronica aveva urlato: «Che cosa ti hanno fatto, Loris? Che cosa gli hanno fatto al mio bambino!». [Albanese, Sta, 1/12/2014]
«Questa madre, secondo testimonianze tutte da capire, non sarebbe stata poi così protettiva verso i bambini come s’è creduto all’inizio. Qualcuno dice che certe volte non ne poteva più e li mollava. Un paio di volte tentò di suicidarsi. Una vita difficile, col marito sempre fuori, a far su e giù con il camion per tutta l’Italia» (Giorgio Dell’Arti, Gazzetta.it 4/12).
Martedì 3 dicembre è spuntato vicino alla scuola di Loris uno slippino blu con la scritta “cool skater boy” e la figura di un lupetto marrone. Lo slippino coincide col tipo di indumento che indossava Loris. La mattina precedente non c’era, quindi qualcuno l’ha buttato lì apposta per farlo trovare. Veronica ci ha pensato su parecchio e poi «non lo ha riconosciuto».
Il paese di Santa Croce Camerina, dove è avvenuto il fatto, fa parte dal gennaio di quest’anno di un Progetto Sicurezza finanziato con i fondi Por della Comunità europea. Grazie a questo Progetto Sicurezza praticamente ogni angolo del paese è videosorvegliato da una rete di 41 telecamere. Una di queste telecamere sta pure su via Garibaldi, e guarda la porta di casa della famiglia Stival. Il filmato di questa telecamera relativo alle ore 8,00-8.30 di sabato scorso fa vedere, all’incirca verso le otto e un quarto, la signora Stival, ovvero Veronica Panarello, che esce dal portone con i due bambini, il più grande di 8 anni Loris e il più piccolo di 4 anni Diego. Ma Loris sulla Polo nera non sale: gira i tacchi e torna a casa o comunque si avvia in una direzione opposta a quella della madre. Veronica Panarello, invece, diceva di aver portato Loris con l’auto a pochi metri dalla scuola. Una bugia clamorosa se effettivamente il piccolo non fosse stato lasciato a scuola: proprio Veronica alle 12.30 lancia l’allarme della scomparsa parlando affannata con una vigilessa davanti all’istituto, dicendo di averlo lasciato lì alle 8.20 [Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 4/12].
Il racconto della Panarello presenta altre contraddizioni, stando ai due verbali che la donna ha firmato fino a oggi. La prima riguarda la distanza dalla scuola alla quale è stato lasciato Loris: 500 metri nella prima versione, una decina nella seconda. C’è poi il discorso relativo al corso di cucina: in un caso la donna dice di esserci andata subito dopo aver lasciato il figlio piccolo alla ludoteca e in un altro di esser passata prima da casa per delle «faccende domestiche». Ed infine, il sacchetto della spazzatura gettato in strada lungo un percorso che non ha nulla a che fare con la scuola di Loris ma è invece più compatibile con la strada per il Mulino Vecchio [Stampa.it 4/12].
Nei giorni scorsi Veronica Panarello aveva consegnato delle fascette di plastica a una maestra di Loris che era andata a farle le consoglienze: «Ve le restituisco, sono quelle che servivano per le lezioni di scienze». Ma a scuola i bambini non hanno mai lavorato con quelle strisce di plastica, né per le ore di scienze né per ricerche o compiti di altro genere. La maestra, per quanto trovasse strano l’episodio, ha fatto finta di nulla, le ha prese e subito dopo le ha consegnate alla polizia. E ancora: gli esami hanno evidenziato graffi sul viso e sul collo del bambino. Le lesioni potrebbero essere state provocati da un oggetto utilizzato per tagliare la fascetta dopo che era stata stretta al collo. Nel corso dei rilievi effettuati nell’abitazione degli Stival in questi giorni, sono state sequestrate un paio di forbicine che ora saranno esaminate per verificare se siano compatibili con i graffi sul collo di Loris.
Tra i filmati delle videocamere di Santa Croce Camerina ce n’è uno che mostra l’auto di Veronica Panarello, la mamma di Loris, transitare alle 9 di mattina in un tratto di strada distante 50 metri dal viottolo che conduce al Mulino Vecchio, dov’è stato trovato il bambino morto. Altri filmati dicono che la donna non è mai passata davanti alla scuola.
L’inchiesta ha ricostruito minuto per minuto gli spostamenti di Veronica. Eccoli: esce di casa una prima volta alle 8.32 con i due bambini. Loris non sale in macchina e torna a casa, lei parte per accompagnare l’altro bimbo alla ludoteca e rientra alle 8.49 mettendo la macchina nel garage (non lo fa mai, spiegano i vicini) che ha un accesso interno alla palazzina. La Polo nera esce dal garage dopo 36 minuti. Viene individuata da più telecamere mentre si avvia verso la zona del mulino vecchio e fino a quando passa a 50 metri da lì. Poi la si vede puntare di nuovo verso casa e comparire davanti al portone dove rimarrà parcheggiata per quei tre minuti e mezzo prima di partire in direzione della scuola di cucina. «Aveva molta fretta perché era in ritardo ma nonostante questo è ripassata dall’appartamento. Come se avesse la necessità assoluta di prendere qualcosa». La domanda è: cosa c’è di tanto urgente da fare a casa per essere costretta a tornarci prima di correre a lezione di cucina? Cos’ha dimenticato? Chi sta visionando i frame di quei secondi è concentrato anche su un altro particolare: capire se la persona che si muove nel filmato ha qualcosa fra le mani quando esce di casa. Per esempio il sacco della spazzatura, quello che lei dice di aver buttato via mentre andava al corso, dove tra l’altro arriva in gran ritardo giustificandosi: “Scusate, ho avuto dei problemi”». [Fasano, Cds, 6/12]
Nel canalone Loris «sarebbe stato gettato che era ancora vivo, agonizzante», secondo alcuni approfondimenti dell’autopsia che cominciano a filtrare. Quindi appena strangolato. [Francesco Viviano, Rep 6/12]
Il cadavere del piccolo Loris è ancora in una cella frigorifera della camera mortuaria dell’ospedale di Ragusa. [Francesco Viviano, Rep 6/12]
Veronica Panarello «non mangia da una settimana, sta sempre a letto, in penombra, chiusa nel suo mutismo. Ogni tanto si alza, si affaccia improvvisamente al balcone di casa e comincia ad urlare ai cronisti in attesa: “Viaaaaa, dovete andare via”. Non sono poi tante le persone del paese che in questi giorni hanno osato varcare il portoncino al numero 82 di via Garibaldi per porgere le condoglianze a Veronica e Davide. Chi lo ha fatto parla di un padre dallo sguardo assente che sembra stare accanto alla moglie, pronto ad assecondare le sue richieste, da quelle più strane, come la “riconsegna” alle maestre di Loris di quella confezione aperta di fascette elettriche, a quelle obbligate come il sostegno fisico di Veronica quando è costretta, come è accaduto sempre in questi ultimi giorni, ad alzarsi dal letto e andare in questura a redigere verbali o a fare sopralluoghi». [Alessandra Ziniti, Rep 6/12]
«“Qui c’è un funerale continuo che dura da una settimana”, dice suo padre Francesco Panarello, arrivato insieme ad uno dei fratelli di Veronica a cercare di tenere su la figlia. Una figlia da sempre difficile e problematica che nella sua famiglia d’origine non si è mai sentita troppo amata, convinta di essere nata indesiderata da una madre che ha avuto quattro figli da quattro uomini diversi. Forse anche per quello, ancora ragazzina, Veronica deve avere pensato che il suo amore giovanile con Davide fosse la via d’uscita verso una vita tutta sua, verso una famiglia vera, verso un futuro che probabilmente sognava diverso da quello che poi la vita le ha riservato: una gravidanza troppo precoce, a 16 anni, probabilmente indesiderata, una vita da casalinga con un marito sempre lontano. E colpisce che sul suo profilo Facebook Vero Nica (come aveva scritto il suo nome) avesse tante foto, di lei, di Davide, del bimbo piccolo, persino del suo gatto. Di tutti tranne che di Loris». [Alessandra Ziniti, Rep 6/12]
Anni fa, quando tentò di uccidersi per la prima volta, Veronica Panarello cercò di farlo con una fascetta da elettricista.