Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 02 Martedì calendario

L’economia rallenta ma lo spread e ai minimi. L’Istat fa sapere che nel terzo trimestre il Pil è calato dello 0,5 per cento. Intanto il differenziale con i titoli di Stato tedeschi scende a quota 129 punti

L’economia continua a rallentare, e nonostante gli interessi sui titoli di Stato decennali abbiano raggiunto ieri il loro minimo storico, appena un filo sopra il 2%, e il differenziale con i titoli tedeschi sia sceso a quota 129, livello più basso dal 2011, il governo è preoccupato. Il prodotto interno lordo del terzo trimestre, secondo i dati aggiornati dell’Istat, è in calo dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2013. Tra luglio e settembre la flessione è stata dello 0,1% sui tre mesi precedenti, ma per quest’anno la caduta del prodotto già acquisita è dello 0,4%. Per non scivolare più giù occorrerebbe un segno positivo nel quarto trimestre dell’anno, mentre il governo vede più realisticamente una crescita nulla. E torna a chiedere all’Unione Europea di darsi una mossa.
«L’Unione o cambia verso in direzione economica, oppure rischia di diventare la Cenerentola del mondo» ha detto ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, non del tutto soddisfatto di come sta prendendo corpo il piano di investimenti straordinario da 300 miliardi promesso dal nuovo presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. «Va nella direzione giusta come metodo, ma va rafforzato e incoraggiato. C’è ancora un po’ di timidezza nell’affrontare la sfida degli investimenti», ha detto Renzi, sollecitando all’Europa flessibilità. La stessa, ha detto il premier, che ha consentito a Parigi e Berlino di evitare le multe nel 2003. «Mi colpisce il fatto che l’Italia non possa spendere i soldi europei perché la quota del cofinanziamento nazionale ci farebbe superare il tetto del 3% stabilito nel ‘92, quando c’era un altro mondo» ha detto Renzi, secondo il quale «l’Europa non può diventare un terreno di scontro tra ragionieri dello zero virgola. Siamo a un bivio cruciale. C’è una stagnazione economica e ancor di più ideale, che spinge i movimenti antieuropeisti».
Anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è preoccupato, e chiede alla Ue di reagire. «La ripresa è ancora debole e la dinamica dei prezzi ci fa ballare pericolosamente sul sentiero di una possibile deflazione». C’è bisogno di investimenti, flessibilità, e secondo Padoan, di più integrazione in Europa, anche in campo fiscale. Proprio ieri il ministro dell’Economia, insieme ai suoi colleghi di Francia e Germania, ha chiesto alla Ue una nuova direttiva contro l’erosione delle basi imponibili fiscali. Mentre Renzi ha avuto un colloquio telefonico con Donald Tusk, nuovo presidente del Consiglio Ue, in vista del vertice del 18-19 dicembre, da cui si attende l’avvio di un piano di rilancio. I conti pubblici italiani, nel frattempo, e nonostante la crisi, sembrano tenere. Nei primi undici mesi il fabbisogno, pari a 81,9 miliardi, è sceso di 13,5 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2013. Male invece ieri le borse, con Milano maglia nera in Europa (-1,6%).