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 2014  dicembre 02 Martedì calendario

La terza vita di di Pietro, in tribunale contro i detrattori. L’ex leader dell’Idv vince le cause contro due magistrati: Carnevale che lo accusò di avere una laurea fasulla e Napolitano (Consulta) che pretendeva i danni per le critiche sulle cene di Berlusconi

Il giudice Corrado Carnevale, ex presidente della Cassazione, e il suo collega della Corte Costituzionale, Paolo Napolitano, hanno rincontrato Antonio Di Pietro. In un’aula del tribunale di Roma. Ed entrambi sono stati condannati in primo grado: il primo per aver “dichiarato il falso” sostenendo di aver favorito l’ex pm agli esami di magistratura e il secondo a pagare le spese processuali perché la richiesta di risarcimento danni per diffamazione presentata contro il fondatore dell’Italia dei Valori è stata rigettata.   
I fatti relativi alla querela risalgono al giugno 2009. Peter Gomez su L’Espresso racconta di una cena privata poco prima della discussione sulla costituzionalità del lodo Alfano, cui partecipano due giudici della Consulta, Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, Silvio Berlusconi, il sottosegretario Gianni Letta, il guardasigilli Angelino Alfano, i presidenti delle commissioni Affari costituzionali della Camera Donato Bruno e del Senato, Carlo Vizzini. I commensali parlano anche di una bozza di riforma costituzionale della giustizia, redatta da Mazzella. L’allora leader dell’Idv commenta la notizia così: “Ci sono due giudici della Corte che fanno i ‘consigliori’ del principe e si mettono al suo servizio per dargli le migliori indicazioni per fare leggi che gli facciano mantenere l’impunità”. C’è, aggiunge, “una grave incompatibilità e un conflitto d’interessi. La Corte non si pronunci sul lodo Alfano fino a quando i due giudici non si saranno dimessi”. Intervento poi ampliato in uno scritto pubblicato il primo novembre 2009 sul blog di Di Pietro dal titolo “Facce toste”. Napolitano querelò per diffamazione l’ex magistrato chiedendo, fra l’altro, un risarcimento danni per 500 mila euro. Il 18 novembre scorso è stata depositata la decisione del giudice Daniela Bianchini che non ho solo ha escluso la diffamazione riconoscendo il diritto di critica e “l’assoluta inopportunità di quella partecipazione”, ma ha condannato Napolitano al pagamento in toto delle spese per otto mila euro.   
A Carnevale è andata ancora peggio. Oltre alle spese per la lite processuale è stato condannato a pagare 15 mila euro di danni a Di Pietro. Il giudice è noto con il soprannome di “ammazza-sentenze” perché, con la carica di presidente della prima sezione penale della Corte suprema di Cassazione, assunse di fatto il monopolio del giudizio di legittimità sulle sentenze di mafia cancellandone circa cinquecento per vizi di forma tra cui gli ergastoli per i fratelli Michele e Salvatore Greco, ritenuti i mandanti dell’omicidio del magistrato Rocco Chinnici, o le condanne a carico dei componenti della banda della Magliana, nonché, tra gli altri, l’arresto di Giuseppe Greco figlio del boss Michele.   
Nel luglio 2008 Carnevale inizia a rilasciare interviste in cui racconta di aver agevolato l’ex ministro alle Infrastrutturre (il governo Prodi era caduto da due mesi, nel maggio 2008) a entrare in magistratura. Carnevale nel 1980 presiedeva la commissione di esame del concorso per uditore giudiziari cui partecipava anche Di Pietro. “Mi pento di aver fatto diventare Di Pietro un magistrato, non mi sarei dovuto far intenerire”, disse Carnevale a un’agenzia di stampa. L’intervista rimbalzò sui quotidiani sino ad entrare persino in un libro. Nel gennaio 2010 ripete le stesse affermazioni, aggiungendo particolari: Di Pietro avrebbe beneficiato di “due aiutini. Io “rimasi toccato” dalla nota informativa nella quale si illustravano le umili origini del candidato, la sua permanenza in seminario, il credo religioso, il periodo di emigrazione in Germania. Di Pietro querela. E i giudici scoprono che “le affermazioni di Carnevale sono risultate false”. Non solo, ma il fascicolo di cui fa menzione non esiste. Quindi, ha concluso il giudice Monica Velletti, “accertata la falsità delle dichiarazioni rese dal Carnevale, deve essere evidenziato come le stesse siano lesive dell’onore e della reputazione” dell’ex ministro. Che ora, lasciata la politica, incassa qualche rivincita e alcune migliaia di euro da investire in trattori.