Corriere della Sera, 2 dicembre 2014
Colpo grosso. Una donna, sette uomini, due pistole, e delle asce per mandare in frantumi venticinque teche e arraffare in meno di due minuti un bottino a sei zeri. È successo ieri, in una gioielleria di Milano, a duecento metri dal Duomo
I capelli ricci, scuri. L’abito elegante. I gioiellieri la osservano da dietro il bancone, poi aprono il portoncino blindato. Lei, la donna della banda, fa solo in tempo a spalancare la porta. Alle sue spalle piombano sette uomini vestiti di scuro. Hanno passamontagna calati sul viso e grosse asce da boscaiolo in mano. Due banditi con la pistola minacciano uno dei due addetti alla sicurezza. Lui è disarmato, non reagisce. Dentro ci sono sei clienti, quattro sono cinesi: «Stavamo guardando un orologio. Ci hanno minacciato. Poi ci siamo accovacciate con la testa tra le mani. Hanno sfasciato tutto».
L’assalto dura una manciata di secondi. Meno di due minuti, abbastanza per mandare in frantumi venticinque teche di cristallo. Il bottino è a sei zeri. Gioielli, ma soprattutto orologi pregiati, il meno costoso vale più di diecimila euro. Perché qui siamo nella lussuosissima orologeria Pisa di via Verri all’angolo con via Monte Napoleone. Quadrilatero della moda. Cuore della Milano dello shopping. Duecento metri dal Duomo.
Finita la razzia, la banda scappa in strada da un altro ingresso. In sette, compresa la donna, fuggono a piedi verso via Bigli e piazza Meda. Uno solo, in bici, tenta di raggiungere l’angolo opposto. Lo blocca una pattuglia dell’istituto di vigilanza privato Ivri che passa proprio in quel momento. Un bandito punta la pistola verso una guardia giurata, Antonella, 40 anni: «Mi ha urlato di restare immobile. Nel frattempo i miei colleghi sono riusciti a fermare il ragazzo in bici. Pochi secondi e il Quadrilatero si riempie delle sirene di polizia e carabinieri. Accanto alla mountain bike c’è una grossa ascia. Il rapinatore ha il volto di un ragazzo giovane, forse un moldavo di 18 anni. Ma non ha documenti. Gli agenti lo immobilizzano sull’asfalto. Sono le 18.15. Il resto della banda è in fuga. Con un bottino milionario.
Quella di ieri somiglia molto al doppio colpo di febbraio e maggio 2013 nella vicina gioielleria Franck Muller di via della Spiga. In quel caso, però, la banda aveva lanciato bottiglie molotov per coprirsi la fuga. Alcuni rapinatori sono stati arrestati a gennaio, dopo un assalto avvenuto a Firenze. Anche in quel caso il commando era composto da banditi dell’Est Europa. Professionisti che agiscono con tecniche militari.
Forse la banda di via Verri aveva alcune auto parcheggiate nei dintorni, ma per la polizia è possibile che il gruppo si sia diviso e che alcuni abbiano tentato di fuggire in metropolitana. Gli investigatori delle Volanti e della Squadra Mobile stanno visionando i filmati delle numerose telecamere del centro di Milano. La banda ha lasciato tracce e indizi alle sue spalle. Durante la fuga i banditi hanno gettato asce e vestiti. Una pattuglia dei carabinieri ha recuperato due accette e un berretto in via Bigli.
Quella di ieri è la terza rapina alla stessa gioielleria in 12 anni: 8 giugno 2002 e 2 febbraio 2008. Ottocento mila euro il bottino del primo colpo, fuga a mani vuote nella seconda spaccata. Ieri la fortuna è stata però dalla parte dei rapinatori. Manca ancora un inventario esatto della refurtiva, i responsabili della gioielleria hanno chiesto almeno 24 ore prima di una stima ufficiale. Ma si parla di almeno un milione di euro.
Gli investigatori hanno sequestrato anche una seconda bicicletta, un modello da donna e un borsone. Il ragazzo fermato è stato interrogato per tutta la notte negli uffici di via Fatebenefratelli. Non parla, ma il suo arresto sarà decisivo per ricostruire l’intera banda. «Non è possibile che alle sei del pomeriggio Milano si trasformi nel Far West», si lamentano i commercianti del Quadrilatero. Fuori dalle vetrine della gioielleria i turisti scattano foto con gli smartphone. I divanetti sono sottosopra, le schegge di cristallo ricoprono il pavimento come grandine.