Libero, 2 dicembre 2014
Mediobanca rifà gli stress test della Bce inserendo come parametro il rischio derivati e scopre che così la banche messe peggio sono quelle tedesche
Mediobanca ha rifatto gli stress test e ha invertito i risultati cui era arrivata la Bce: le banche più pericolose sono quelle tedesche e svizzere, le più sicure quelle italiane. Certo è solo un esercizio da ufficio studi quello fatto da Gabriele Barbaresco, che a R&S (il centro di analisi economica di Mediobanca) ha raccolto l’eredità di un personaggio mitico come Fulvio Coltorti che per anni, forte solo di numeri e tabelle ha duellato con i pezzi da novanta della finanza italiana.
Gabriele Barbaresco ha imparato dal maestro e in questo studio dedicato al sistema bancario europeo ribalta il pensiero corrente imposto dalla Bce. Sostiene, numeri e grafici alla mano, quello che, più o meno intuitivamente in molto avevano sostenuto fin dal primo momento. E cioè che gli ispettori di Draghi, come qualcuno osservava ironicamente, hanno utilizzato per condurre i loro esami un manuale di Wall Street tradotto a Berlino. Risultato: le banche tedesche con un attivo formato quasi per intero da derivati, sono risultate molto solide. Quelle italiane che si ostinano a fare il vecchio mestiere di raccogliere risparmi ed erogare finanziamenti, sono state penalizzate. Due, come Mps e Carige, bocciate.
Ma è giusto questo metodo? Secondo Gabriele Barbareschi non proprio. E così utilizzando sistemi di ponderazione del rischio un po’ diversi è arrivato a conclusione opposte. Ovviamente non è un problema di punti di vista ma solo di tener conto della realtà visto che i titoli sintetici continuano ad avere un ruolo spropositati sui patrimoni bancari. Complessivamente pesano per il 30% sugli attivi e nove volte il patrimonio.
Questo a livello di sistema. Perché se poi andiamo ad analizzare banca per banca e mercato per mercato vediamo risultati molto diversi. Per esempio una svalutazione dell’ 11% del valore dei derivati in portafoglio andrebbe ad azzerare il patrimonio delle banche svizzere. In Germania, dove ci sono stati di recente forti aumenti di capitale, il calo dovrebbe essere del 14%. In Italia e Spagna invece il rapporto è di uno a uno. Conclusione? La banche svizzere e quelle tedesche sono ormai dei giganteschi hedge fund. Quelle italiane e quelle spgnole (dopo le iniezioni ricostituenti degli ultimi anni) delle costruzioni da piccolo mondo antico che si ostinano a finanziare l’economia.
E questo ovviamente non riguarda solo le popolari e le banche di territorio che rispetto a Wall Street, in genere, preferiscono l’artigiano con la bottega di fronte. Il discorso è più complesso e coinvolge anche i giganti. Barbaresco mette a confronto Unicredit e Deutsche. Emerge che la banca tedesca fa soprattutto finanza mentre la quota dei prestiti è assolutamente minoritaria. Quella italiana si comporta in maniera esattamente opposta: in portafoglio ha più crediti che titoli. Per l’arbitro il colosso tedesco dovrebbe essere una fonte di enormi preoccupazione vista la forte volatilità dei mercati: visto come ballano si fa presto a perdere migliaia di miliardi. Invece se la prende con quella italiana perchè fa molti prestiti. Significa che il regolatore ragiona sempre di più con parametri Usa. Ma significa anche che bisogna fermarsi e riflettere. Ottant’anni fa la febbre della finanza portò al crack del ’29. E oggi? Chissà? Nel dubbio è meglio prevenire: recuperiamo lo spirito della Legge Bancaria del ’34 e dividiamo i mestieri: da una parte le banche commerciali e dall’altra quelle d’investimento. E facciamolo presto, avverte Mediobanca, prima del possibile diluvio universale.