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 2014  dicembre 02 Martedì calendario

Lo studioso olandese Bert Treffers svela i segreti dell’ultimo capolavoro di Caravaggio, la Maddalena: «È suo al 100 per cento. E la donna ritratta è la senese Caterina Vannini, prostituta e santa. È un quadro aggressivo, spaventoso, ti attacca, ti rapisce. Un terribile capolavoro»

«Sono contento di non averlo mai avuto appeso sul mio letto. È un quadro aggressivo, spaventoso, ti attacca, ti rapisce. Un terribile capolavoro». La Maddalena di Caravaggio Bert Treffers la descrive così. Tra la meraviglia e l’inquietudine. Treffers è il secondo studioso al mondo ad avere visto da vicino il dipinto attribuito a Caravaggio da Mina Gregori, che ha annunciato la scoperta sulle pagine di Repubblica. Insegna Storia dell’arte alla Katholieke Universitet di Nijmegen ed è stato responsabile degli studi di Storia dell’Arte del Reale Istituto Olandese di Roma. In trent’anni di ricerche sul pittore, ha pubblicato saggi sull’iconografia delle opere di Michelangelo Merisi come Nel segno del Battista e L’ultimo Caravaggio. Il prossimo – Caravaggio e il Sacro. Dall’arte dell’inganno all’inganno dell’arte – sta per uscire da Shakespeare and Company 2, mentre un altro studio interamente dedicato alla Maddalena in estasi verrà pubblicato nel 2015.
Ora Treffers esce allo scoperto per raccontare la sua parte di storia da Amsterdam, dove è tornato a vivere dopo anni di lavoro a Roma.
Professor Treffers, come ha saputo della Maddalena?
«All’inizio non ci credevo. Negli ultimi anni ci sono state troppe scoperte improbabili e deludenti. Un giorno, alcune persone che conoscono i proprietari dell’opera mi hanno contattato, mostrandomi il dipinto in fotografia. Era molto scuro, sinceramente pensavo fosse una crosta. Poi, nel maggio del 2013, sono andato a vederlo con Mina Gregori. Mi sono presentato come avvocato del diavolo, ma mi sono arreso subito. Lei era raggiante. Mina Gregori ci ha visto giusto sin dall’inizio. Si è assunta la responsabilità di fare ripulire il quadro. E ha avuto ragione. Il mio ruolo in questa storia resta di secondo piano. L’incontro con la Maddalena di Caravaggio è stato un momento emozionante, irripetibile».
Quanto è certo dell’attribuzione?
«Ripeto quello che ha detto Mina Gregori: al cento per cento. Di questo soggetto esistono copie in tutta Europa. Come la Maddalena Klain di collezione romana, che è stata esposta in mostra in Vaticano: da lontano è un dipinto interessante, ma da vicino la sua pittura è poco spettacolare. Anche Luis Finson, che morì proprio qui ad Amsterdam nel 1617, dipinse più di una versione. Il confronto con questa Maddalena però non regge. Qui i particolari cadono al punto giusto».
Quali particolari?
«Innanzitutto, il ventre gonfio. Nelle copie è un dettaglio assente o appena accennato. In questo caso, invece, è dipinto con realismo estremo. La donna ritratta soffre di idropisia e rappresenta un riferimento storico preciso».
A cosa si riferisce?
«Come tramandano le fonti storiche, Caravaggio realizza una Maddalena nell’estate del 1606. È un momento cruciale per la sua vita: sta fuggendo da Roma dopo aver ucciso un uomo e sceglie di dipingere la santa del pentimento per antonomasia. Contemporaneamente, a Siena, sta morendo per idropisia una ex prostituta in odore di santità: Caterina Vannini. Dietro la Maddalena di Caravaggio, c’è lei. Già Maurizio Calvesi ave- va accostato la Vannini a Caravaggio per un’altra opera: la Morte della Vergine del Louvre».
Crede che entrambe rappresentino la Vannini?
«Sulla Vergine non sono sicuro. Non voglio mettere in dubbio la tesi di Calvesi, anche perché le due opere potrebbero essere state dipinte in tempi vicini. Ma nella Maddalena, al contrario del quadro del Louvre, la pancia gonfia appare di un naturalismo spietato, quasi crudele. E poi la Vannini, a cui il cardinale Federico Borromeo dedicherà una biografia nel 1616, era considerata una seconda Maddalena e, insieme, un’altra Caterina da Siena».
Perché?
«Secondo la tradizione, sia Caterina da Siena che la Vannini ebbero la visione della corona di spine di Cristo. Parteciparono alla Passione. E, se si guarda attentamente il quadro della Maddalena, in alto sulla sinistra, si nota proprio un crocifisso di legno grezzo con la corona di spine. Un dettaglio di verità rivolto allo spettatore che manca nella Maddalena Klain : è un dipinto che risente del misticismo seicentesco. Caravaggio inserisce attributi sacri nelle sue opere più di quanto si pensi. Il crocifisso torna ad esempio nel San Giovanni della Galleria Borghese e in quello di collezione tedesca: in questo caso, il santo si trova in una grotta come la Maddalena».
Dietro al quadro c’era un biglietto che recita: «Madalena reversa di Caravaggio a Chiaia ivi da servare pel beneficio del Cardinale Borghese di Roma». Pensa sia autentico anche questo?
«Io non l’ho visto. Il biglietto sarebbe caduto dalla rifoderatura della tela. Ora si trova in un cassetto dell’archivio dei proprietari: una famiglia con ramificazioni in tutta Europa. Ma non è un particolare così importante, per me. La scrittura è da valutare. Certo, se si dovesse stabilire che la grafia è seicentesca, potrebbe aggiungere un altro elemento di interesse. Ma l’opera parla da sola».
Non sarebbe giusto esporla, adesso? Pensa che i proprietari lo accetteranno?
«Dobbiamo aspettare un po’, andare avanti con discrezione. E quindi convincerli a mostrare la Maddalena almeno a un gruppo allargato di esperti. Sono sicuro che l’incontro sarà scioccante. Questo è un quadro chiave, merita di essere esposto. E anche il pubblico ha il diritto di vederlo».
Potrebbe essere venduto?
«Non lo so. Credo di no. Se fossi io il proprietario, non saprei cosa fare per il peso storico del dipinto e la responsabilità enorme che un quadro del genere si porta dietro. Il valore poi sarebbe inqualificabile: cinquantaottanta milioni di dollari? Quale museo potrebbe permetterselo? Per fortuna non sono interessato a comprarlo, né a farlo vendere».
Qual è il suo desiderio adesso rispetto alla Maddalena?
«Di rivederla presto. Ma non avrei mai voluto esserne il proprietario: questo dipinto è allucinante».