La Stampa, 2 dicembre 2014
M5S, il crollo dell’attivismo online. E in Parlamento solo 7 proposte di legge su 90 sono state depositate dagli onorevoli grillini e nessuna è stata approvata. La disaffezione cresce
«Gli iscritti intervengono, ma non hanno mai un riscontro». «E poi ci sono problemi e limiti tecnici». «Sì, ma la verità è che abbiamo la sensazione di non contare nulla». «Sì, è vero: la disaffezione è crescente». Come ha dimostrato l’inchiesta pubblicata ieri da La Stampa, gli iscritti al Movimento Cinque Stelle stanno abbandonando la piattaforma partecipativa che aveva dato forma al tanto sognato «uno vale uno». Sono crollati i votanti, i commenti e soprattutto gli «emendamenti» alla sezione Lex, dove si dovrebbero discutere e migliorare le proposte di legge da portare in Parlamento. Succede però che solo 7 su 90, per ora, sono state depositate dagli onorevoli grillini e nessuna è stata approvata: «Perché in Parlamento non riusciamo a incidere». È lunga la lista delle cause elencate dagli attivisti per leggere questo flop, vero campanello d’allarme per la tanto annunciata (e attesa) democrazia diretta.
«Lo strumento non è male, ma non è facile usarlo. La verità è che manca un feedback. Uno guarda le proposta di legge, la commenta, e poi?». Michele Pietrelli, consigliere comunale di Perugia, si occupa di informatica. Dice che la piattaforma «è come il Movimento, un grande esperimento che va aggiustato, migliorato. Altrimenti rischia di diventare un boomerang per tutti». Ma per ora non è possibile scrivere proposte di legge: ci si deve limitare a commentarle. Da un esperto informatico all’altro. Per Alessio Biagiotti, colonna del Movimento di Pistoia, la colpa non è della piattaforma. «Può essere migliorata, vero. Gli strumenti ci sono, ma non tutti sono in grado di usarli». Commentare sì, ma poi non vi allargate. «A Pistoia abbiamo una piattaforma, ma la usano in 50. Se diventano 100.000, come a livello nazionale, è il caos. Come fai a permettere a tutti di intervenire su una proposta di legge? Non è gestibile, dai».
Gestibile o no, il problema è che gli attivisti hanno smesso di scrivere e votare. «Star dietro a tutto è faticoso – ammette Marcello Zenoni, consigliere comunale di Bergamo – credo che ci sia un eccesso di strumenti. C’è la piattaforma nazionale, quella regionale, quella comunale. A questo aggiungiamoci pure una crescente disaffezione ed ecco spiegato il calo di partecipazione». Un bene? Un male? Per Zenoni, di fede «pizzarottiana» e quindi uno che non ha paura di sconfessare i purismi dell’integralismo grillino, il fenomeno non è poi così negativo. «La democrazia orizzontale ha un forte limite: le competenze. Per scrivere le leggi serve professionalità: la storia dell’uno vale uno non sempre funziona. Se io devo preparare un atto, ho bisogno di consultarmi con un avvocato, non posso perdere tempo a fare sondaggi tra gli iscritti...». Il concetto di democrazia orizzontale, dunque, dovrebbe essere diverso: «Tu mi voti, mi deleghi e mi lasci fare. Io svolgo il mio ruolo nella massima trasparenza, ti rendiconto tutto e alla fine tu devi avere la possibilità di esprimerti, di giudicarmi».
Anche nei meetup più piccoli, dove il Parlamento è solo un luogo lontano e molto astratto, la linea di pensiero è quella. «La piattaforma? Mai usata e non ho nemmeno intenzione di farlo» dice lapidario Stefano Mei, attivista di Civitanova Marche, che tutti i mercoledì sera si riunisce con altri 40-50 militanti. Loro ogni settimana si guardano in faccia, discutono, decidono. E a volte votano. Ma a livello nazionale è un’altra cosa, non si possono riunire tutti gli iscritti tutti i mercoledì sera. «Però un minimo di delega va data, altrimenti gli eletti che ci stanno a fare? Ogni tanto va bene consultare la base, ma non per decidere di che colore mettersi i calzini...».