Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 01 Lunedì calendario

Biografia di Gianni Vattimo

• (Gianteresio) Torino 4 gennaio 1936. Filosofo. Professore emerito di Filosofia teoretica all’Università di Torino. Tra le sue opere: Il soggetto e la maschera (1974), Le avventure della differenza (1979), entrambe edite da Garzanti. «Diciamocelo: sono più intelligente di Eco. Lui però è più versatile».
• Padre poliziotto calabrese emigrato al nord e morto prima della guerra, mamma sarta, nel 2006 si è raccontato nell’autobiografia Non essere Dio (Aliberti, scritta con Piergiorgio Paterlini). «Io sono un proletario, c’è poco da friggere. Poi sarò anche un intellettuale, ma prima di tutto provengo dai bassifondi, non nasco bene, sono uno che viene dal nulla».
• «Sono nato in casa, in via Germanasca 10, Borgo San Paolo. Case popolari. Case di gente che faticava da mattina a sera. Che faceva fatica a tirare avanti. E mi hanno chiamato Gianteresio per non far torto a nessuno dei due nonni: nonno Giovanni, nonna Teresa».
• «Subito dopo la terza liceo, non avendo soldi, dovevo lavorare, per cui una facoltà umanistica mi era più comoda. Ho lavorato alla Rai di Torino, avrò fatto cento trasmissioni, tutte in diretta, e scappavo a lezione nel tempo libero. Detto questo, certo Filosofia era la facoltà più affine ai miei interessi. Allora militavo nell’Azione cattolica, che voleva dire, a quell’epoca, Mario Rossi contro Gedda, o Carlo Caretto contro Gedda. Erano gli anni delle prime ricerche di sociologia religiosa, con Bolgiani e Barbano. C’era questa Torino altra, non strettamente einaudiana, perché gli einaudiani erano una genìa a parte. Però incontravo Franco Venturi in un comitato di appoggio ai ribelli algerini, tutto per me era impegno politico e impegno religioso insieme. Ricordo che dopo che ero stato fermato in un picchettaggio, Pajetta mi diede la tessera ad honorem della gioventù comunista. Poi è stato importante l’incontro con Umberto Eco, che si era laureato su San Tommaso con il mio maestro Pareyson. Infine, ho vinto una borsa di studio per la Germania, la prestigiosa Humboldt. A quel punto i giochi erano fatti» (da un’intervista di Alberto Papuzzi).
• Luigi Pareyson, ferreo cattolico, «nonostante la dolorosa scoperta dell’omosessualità dell’allievo prediletto volle lasciargli la cattedra di Estetica a Torino, esiliando Eco a Milano» (Aldo Cazzullo).
• «Sono cresciuto nell’Azione cattolica. Ho fatto la campagna elettorale del 1953 per la Dc, accompagnavo le vecchiette ai seggi. Quando ci siamo ritrovati nell’Ulivo a Gargonza, con Eco e Prodi abbiamo cantato le nostre vecchie canzoni: “Bianco Padre che da Roma/ ci sei luce, meta e guida/ su ciascun di noi confida...”. Ho sempre avuto a che fare con i preti. Ebbene: non uno, dico uno! che abbia allungato le mani. Nessuno mi voleva. Un’indecenza!».
• «Sale in cattedra nel ’68, ma abbandona giacca e cravatta per vestire casual e scoprire il beneficio del permissivismo. Da allora tenta, con alterni successi e in sedi varie, di combinare il nichilismo nicciano-heideggeriano col messaggio cristiano, e conciliare il cristianesimo creaturale, professato in gioventù, con l’universo secolarizzato della tarda modernità, dove i diritti dell’uomo, la tolleranza, la permissività, vengono secondo lui a “trascrivere” la rivelazione cristiana, essendo ormai l’Incarnazione, secondo lui, non più il segno del mistero, la via della verità che entra nella storia, ma semplice ideologia, valori, religione universale, poesia senza drammi. Imperativo etico, non parola: norma di comportamento, non dogma: compassione, non verità rivelata. Proclive a entrare in rotta di collisione con i cattolici militanti, alterna con sagacia la polemica contro gli integralisti timorati di Dio, come Renato Farina, a quella contro i libertari dionisiaci, come Aldo Busi» (Pietrangelo Buttafuoco).
• Filosofo del “pensiero debole” (ne parlò in un libro dell’83 che portava questo titolo): «Si definisce in opposizione al pensiero forte, di chi ritiene di enunciare principi fondamentali, basilari: come quelli di Aristotele o Cartesio. Secondo me queste proposizioni forti sono socialmente pericolose, basta pensare a tutte le obiezioni di Popper a Platone. E in più non corrispondono all’attualità del pensiero. Da un lato il pensiero forte è legato a posizioni autoritarie. Dall’altro la filosofia del Novecento – con Nietzsche, Heidegger, Gadamer, forse anche Habermas – si basa sull’idea che la verità è questione di interpretazioni. È così, anche se pensi al Wittgenstein non del Tractatus ma quello dei giochi linguistici. L’idea da cui parte il pensiero debole è che la verità di una proposizione si mostra solo dentro un sistema, un linguaggio, le regole di un gioco, un paradigma». Nel 2007 è stato pubblicato il primo tomo del primo volume delle sue Opere complete, un monumento filosofico edito da Meltemi che prevede 42 volumi più uno introduttivo: «Ero geloso del fatto che Adelphi avesse cominciato a pubblicare le Opere (non complete) di Severino. Non so se esistano anche delle Opere di Massimo Cacciari, il che mi farebbe anche più rabbia...» (da un’intervista di Maurizio Assalto). Nello stesso anno, Ecce comu, ossia Come si ri-diventa ciò che si era (Fazi, uscito in prima mondiale a Cuba presso l’editore Ciencias sociales). Più di recente: Magnificat. Un’idea di montagna (Vivalda, 2011) e Della realtà (Garzanti, 2012).
• Sull’omosessualità: «Mi mandarono dallo psichiatra, poi dalla psicanalista, che venne ad aprirmi la porta con un dobermann al guinzaglio. Poi mi presentarono una bellissima ragazza di una famiglia tra le più ricche di Torino. Le volevo bene, pensavo che una donna altoborghese avrebbe potuto sposare un gay. Ma il padre prese informazioni su di me in questura. Finì».
• L’outing nel ’76 tramite Angelo Pezzana, padre del movimento gay italiano: «Scoprii dalla Stampa di essere candidato radicale in quota Fuori, Fronte unitario omosessuali rivoluzionari. Mia sorella nascose il giornale a mia madre».
• Un compagno morto d’Aids (Giampiero), uno ucciso dal cancro (Sergio). «Ho avuto una vita sentimentale tragica».
• Ex militante radicale, poi vicino ai Ds, nelle cui file fu parlamentare europeo (1999-2004), successivamente si ricandidò con i Comunisti italiani ma non venne rieletto. «Sono stato tra i primi ad affermare che Massimo D’Alema era un personaggio politicamente da rottamare per le scelte sbagliate che aveva fatto, dalla Bicamerale alla mancata legge sul conflitto d’interesse. E ho pagato per questa posizione, perché il partito non ha più voluto ricandidarmi nel 2004 al Parlamento europeo. Non so se si può scrivere, perché è un po’ osceno, ma ogni tanto avrei voglia di proporre a un giornale una rubrica intitolata “Il coglione sinistro”. Sì, interpretare la parte del rompiscatole, di chi è fuori dal coro» (da un’intervista di Dino Messina).
• Nell’aprile 2008 tra le cento personalità che hanno firmato l’appello per il recupero non solo e non tanto della falce e martello, quanto del comunismo. Nello stesso mese l’appello contro l’interpretazione «troppo squilibrata» a favore dei monaci tibetani sui conflitti con la Cina e la partecipazione ad alcune assemblee (Università di Bologna e Torino) sul boicottaggio della Fiera del libro di Torino dedicata a Israele. «Oggi è diventato scandaloso manifestare la propria solidarietà ai palestinesi. Persino Napolitano ha equiparato antisionismo e antisemitismo. Allora mi dico: non ho mai creduto alla menzogna dei Protocolli degli anziani di Sion. Ora comincio a ricredermi, visto il servilismo dei media». Ha aderito anche al No Cav Day (vedi Sabina Guzzanti). Nel 2009, si è ricandidato al Parlamento europeo nelle liste di Italia dei valori, venendo eletto nella circoscrizione di Nord-Ovest.
• «Per gli estimatori il professore torinese ha il dono dell’anticonformismo e della sincerità. I detrattori lo descrivono come un trombone ormai bollito, lontanissimo dai fasti della figliolanza intellettuale con Luigi Pareyson, quando a 25 anni era chiamato a tenere conferenze su Heidegger e Nietzsche davanti al gotha della filosofia italiana anni Sessanta: Abbagnano, Guzzo, Chiodi, Mazzantini, Rossi, Viano. Cosa rimane di quel Vattimo? A settant’anni suonati, il guru del pensiero debole, passato dalla formazione religiosa, al maoismo, poi europarlamentare ds, poi col Partito dei comunisti italiani di Diliberto e ora marxista tout court, va oltre l’eresia cui ci ha abituato, e sfiora il sacrilegio» (Caterina Soffici).
• Eco e Magris: «Sono contento se uno dei due vincerà il Nobel così l’altro si incazzerà a morte».
• «Io sono così vanitoso che non credo di esserlo».
• «Sono come Berlusconi, ho bisogno di essere amato».
• «Mi riservo il ruolo di un Ceronetti della sinistra».