La Stampa, 1 dicembre 2014
Quando Marco Travaglio scriveva per la Padania. «Io nel loro Pantheon? Ma non scherziamo, questi sono matti! Ho solo messo insieme con due-tre blob sulle dichiarazioni dei politici e gratuitamente per di più»
La Padania chiude i battenti e lo fa mettendo in mostra l’album dei ricordi. La prime pagine, il nome di Bossi, le «grandi» e piccole battaglie politiche. Leo Siegel racconta sull’ultimo numero i suoi anni nel quotidiano. Nell’articolo cita episodi, persone e firme illustri incontrate. Scrive di Matteo Salvini, definendolo come «un ragazzo che si smazzava la pagina delle lettere» dotato di «talento comunicativo». Fin qui nulla di sorprendente: Salvini è oggi il numero uno della Lega.
Scrive, però, anche di Marco Travaglio, giornalista, condirettore de Il Fatto Quotidiano, e questo è decisamente più sorprendente. «Presto si arruolò – racconta Siegel – anche un certo Calandrino, pseudonimo che nascondeva il nome di Marco Travaglio, successivamente colto da amnesia».
Travaglio, dunque, è stato fra i collaboratori della Padania? La versione del condirettore del Fatto Quotidiano è molto diversa. «Questi sono matti!» è il suo primo commento.
Innanzitutto ricorda bene, al contrario dell’accusa di soffrire di «amnesia». C’è stato davvero un rapporto tra lui e la Padania ma forse è l’unica informazione dell’articolo che non smentisce.
Si è trattato di «due-tre blob», spiega, vale a dire una raccolta di dichiarazioni di politici che mettevano in luce le loro contraddizioni. Era stato Gianluca Marchi, il direttore, a chiamarlo. «Era un amico, gli ho fatto un favore, firmando Calandrino. Ma non ho mai messo piede alla Padania, non ho mai ricevuto soldi ed avrò scritto al massimo due-tre volte, su Massimo D’Alema e Silvio Berlusconi. Ecco tutto».
Non una vera collaborazione, insomma, più che altro un regalo ad un amico. E un regalo che, oltretutto Travaglio racconta di aver fatto in quel periodo anche ad altri, di orientamento politico molto diverso, il Manifesto e Enzo Biagi che le uso per la sua trasmissione televisiva, Il Fatto. «Siamo intorno al 1997-98- ricorda Travaglio – in quegli anni lavoravo alla Voce di Indro Montanelli. Avevo una rubrica sulle contraddizioni dei politici e mettevo in evidenza il contrasto tra quello che dichiaravano il giorno prima e quello che dichiaravano il giorno seguente. In molti volevano attingere al mio archivio».