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 2014  novembre 30 Domenica calendario

La questione è semplice e antica: come mai con il petrolio che ormai costa meno di 70 dollari, la benzina resta ferma a 1,7 e non c’è verso di farla scendere? • Come mai?I petrolieri o i banchieri, quando glielo chiedi, ti spiegano subito che in Italia il prezzo della benzina è per il 60 per cento formato da tasse

La questione è semplice e antica: come mai con il petrolio che ormai costa meno di 70 dollari, la benzina resta ferma a 1,7 e non c’è verso di farla scendere?

• Come mai?
I petrolieri o i banchieri, quando glielo chiedi, ti spiegano subito che in Italia il prezzo della benzina è per il 60 per cento formato da tasse. Tra queste si deve considerare anche l’Iva, che in questo caso è una tassa sulla tassa. Aggiungono subito che abbiamo la rete distributiva più costosa del mondo. E spiegano anche che i nostri benzinai sono, sempre nel mondo, tra quelli ricompensati meglio. Sottolineano che questi tre elementi del prezzo stanno nella categoria «costi fissi», cioè anche se il prezzo del petrolio scende, questi costi restano uguali e la parte di prezzo che li rappresenta non si muove.

• Resta comunque un 40 per cento che dipende dai prezzi internazionali. E i prezzi internazionali sono scesi del 30 per cento.
Qui il petroliere ti dice che per la benzina non devi guardare al prezzo del brent (petrolio greggio), ma al prezzo delle quotazioni Platts, relative al petrolio raffinato. A un calo quindi non del 30 per cento, ma del 20.


• E sia pure. Ma di fronte a una discesa del 20 per cento, di quanto è calato il prezzo della benzina in Italia?
Dello 0,6 per cento.


• E non è un furto?
Petrolieri e banchieri ti spiegano che il petrolio si commercia in dollari, e solo in dollari, e che il cambio euro-dollaro è peggiorato, cioè per comprare dollari bisogna spendere più euro di prima. Sembrerebbe una buona ragione, ma lei potrebbe confutarla facilmente notando che se si guarda il prezzo del greggio in dollari negli undici mesi del 2014 si nota una discesa del 29%, mentre se si guarda alla discesa del prezzo del petrolio in euro la discesa è sempre del 26,2%, cioè notevole. Sentendo quest’obiezione, inconfutabile, il petroliere le direbbe che queste diminuzioni di prezzo non riguardano però le scorte, cioè il petrolio stivato nei magazzini. Quel petrolio lì, dice il petroliere, è stato comprato a 100 dollari, quindi il prezzo si costruisce su 100 dollari e non su 70. Anche qui lei, se se ne intendesse un minimo o avesse letto le ultime notizie, potrebbe rispondere che le scorte da 100 dollari si sono esaurite a luglio, quindi da luglio a oggi abbiamo venduto il petrolio dal prezzo in picchiata verso i 70 dollari e ancora più giù. Che cosa mi rappresenta questa pretesa di continuare a ragione sul petrolio a cento dollari?Anche perché quando poi il petrolio ricomincia ad andar su, le compagnie non tengono conto né di Platts né di cambi né di scorte: rialzano i prezzi e buonanotte.


• Come mai nel mondo il prezzo del petrolio è sceso tanto?
C’è una grande abbondanza di offerta. Questa grande quantità di petrolio a disposizione è stata provocata dagli americani che, dopo anni di investimenti, producono adesso tre milioni di barili al giorno grazie alla tecnica del fracking, quella che consente di ricavare petrolio dalle scisti bituminose. Gli americani si avviano verso l’indipendenza energetica, cioè non compreranno più petrolio, ma lo esporteranno. Il fracking è una vera rivoluzione: gli australiani, per esempio, grazie al fracking diventeranno nel 2018 i primi produttori al mondo di gas, sopravanzando il Qatar. Il petrolio americano rappresenta oggi il 3% del petrolio mondiale. Ma il 40% di tutto il greggio si produce ancora nei paesi arabi e ci si chiede: perché gli arabi, e segnatamente i sauditi, di fronte a una offerta di petrolio tanto abbondante non tagliano la produzione in modo da sostenere i prezzi? È la tattica usata tante volte in passato, ma nella riunione dell’Opec dell’altro giorno i sauditi hanno deciso, trascinandosi dietro tutti gli altri, che va bene così e tagli alla produzione non ce ne saranno. La ragione è presto detta: gli sciiti nemici dei sauditi di Riad — e cioè Assad e gli iraniani, nonché i russi che li sostengono — hanno bisogno di un prezzo del petrolio a 115 e possibilmente a 130 dollari il barile. Fargli stringere la cinghia può essere un modo per metterli all’angolo e costringerli a smettere per esempio (Teheran) di puntare sul nucleare. Anche l’Isis, col petrolio sotto i cento dollari, soffre. E secondo alcuni nel mirino degli sceicchi ci sarebbe persino l’alleato americano. Estrarre il petrolio dalle scisti costa parecchio ed è impossibile rientrare se non si vende almeno a 60 dollari. Spingendo il prezzo ancora più giù, gli americani, a questo punto un pericoloso concorrente, potrebbero perdere molti soldi. Il problema non si pone per i sauditi: a loro estrarre il petrolio costa 12 dollari al barile e nelle cassaforte, di riserva, hanno dollari per 750 miliardi.