Il Messaggero, 1 dicembre 2014
Ritrovata la lettera di Neal Cassady che ispirò il viaggio On the Road di Kerouac. Diciotto pagine che lo scrittore definì «il più grande pezzo di narrativa mai letto»
Diciotto pagine appiccicate una dopo l’altra per raccontare in dettaglio un weekend di bagordi a base di droghe, alcol e sesso. Le inviò nel 1950 Neal Cassady all’amico Jack Kerouac che ne trasse ispirazione per Sulla strada, la sua opera più celebre. Quella lettera, a lungo ritenuta persa, è stata da poco ritrovata e andrà all’asta il 7 dicembre in California. «Era in assoluto il più grande pezzo di narrativa che avessi mai visto. Me ne innamorai subito», disse molto tempo dopo Kerouac alla Paris Review. Aggiungendo che «mi sembrò senza dubbio abbastanza buono da far rivoltare nelle loro tombe Melville e Twain». Quanto può valere il testo di Cassady? Decine di migliaia di dollari, ipotizzano gli esperti. Intanto sono state appena vendute a Boston per cifre che oscillano tra i mille e i settemila dollari ciascuna le diciassette lettere inviate da Kerouac tra il 1940 e il 1941 all’amico George J. Apostolos. La corrispondenza è stata scoperta alcune settimane fa dalla figlia di Apostolos tra le carte del padre, da poco scomparso. Al coetaneo svelava il sogno di affermarsi nella narrativa e l’amore per una ragazza, «una creatura bellissima che si chiama Jacqueline». Il legame finì quando a una festa la vide baciare un uomo di cui non svela il nome.
La lettera di Cassady viene ritenuta dai critici di capitale importanza perché fu grazie ad essa che Kerouac, come lui stesso ammise, acquisì il suo inconfondibile stile che avrebbe ispirato l’intera “beat generation”. Dopo averla conservata a lungo, Kerouac la diede ad Allen Ginsberg che la girò al proprietario di una piccola casa editrice per farla uscire in un’antologia. Il volume, però, non vide mai la luce e della lettera si è smarrita qualunque traccia sino a quando gli eredi di Joe Spinosa, che lavorava nella casa editrice, non l’hanno recuperata in una valigia dimenticata in soffitta. In più di una circostanza, del resto, Kerouac si era lamentato della perdita di «pagine che significano tanto per me», mettendo sotto accusa Allen Ginsberg. «Ancora oggi non riesco a perdonarlo – disse nel 1969 – Era di mia proprietà. Allen non avrebbe dovuto essere tanto sciatto. Penso non si possa comprendere la genesi di “Sulla strada” senza aver letto quello che mi confidò Neal». Quel libro che lo rese celebre fu scritto di corsa, senza pause, mantenendosi sveglio grazie al caffè e alla benzedrina. Kerouac si mise al lavoro la sera del 2 aprile 1951, pochi mesi dopo aver ricevuto la lettera, e non si concesse neppure un’ora di sonno sino alla mattina del 23.
«Sono andato veloce perché la strada è veloce», spiegò poi a Cassady, confidandogli la sofferenza provata durante quella maratona ormai leggendaria. Nacque così uno dei romanzi maggior successo della letteratura Usa del Novecento: in tre settimane Kerouac aveva riempito con oltre centomila parole un rotolo di carta lungo una quarantina di metri, oggi conservato al museo dell’università dell’Iowa.
CAPOLAVORO
La stampa lo salutò immediatamente all’uscita come un capolavoro («è di una bellezza da togliere il fiato», commentò Gilbert Millstein sul New York Times), maSulla strada fu respinto da molte case editrici prima di finire nel 1956 tra le mani di Robert Giroux, capo della narrativa della Viking e innovatore coraggioso, che decise di scommettere su un giovane sconosciuto e di pubblicare nel 1957 il racconto di un viaggio di alcuni “dropouts” che attraversano gli Stati Uniti alla ricerca di un Eden che non riusciranno a trovare. A dispetto del disinteresse di Kerouac per la politica, divenne subito il testo di riferimento di chi in America sognava la rivoluzione. Mettersi in cammino “sulla strada” significava, per i lettori non ancora trentenni, dare sostanza all’utopia di una vita diversa, libera dalle regole borghesi. Chi idolatrava Kerouac si sarebbe stupito apprendendo che lo scrittore era un conservatore, che disprezzava i comunisti e la sinistra europea e non perdeva occasione per cantare le lodi delle tradizionali virtù americane. L’uomo Kerouac, divenne chiaro durante i Sessanta, mal tollerava la mitologia costruita in suo nome. Che resiste ancora, alimentata senza sosta dagli esponenti di un movimento “beat” ormai transnazionale, sotto le cui insegne si raggruppano anziani nostalgici e giovani antisistema, impegnati a sognare, nel nome di Kerouac, quella rivoluzione che proprio Kerouac odiava.