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 2014  dicembre 01 Lunedì calendario

Alessandra Moretti, ancora tu. Vince le primarie del centrosinistra per il Veneto e alle Regionali di primavera se la dovrà vedere con il leghista Zaia. In un anno la politica del Pd è passata dalla Camera al Parlamento europeo, da bersaniana a renziana

La terza vita politica di Alessandra Moretti, transitata in un anno mezzo dalla Camera all’Europarlamento e dalle fila bersaniane alle truppe renziane, ha preso forma in un’umida domenica padovana nelle urne delle primarie del Pd veneto, pesantemente segnate da un crollo di votanti – 40 mila contro gli oltre 100 mila del dicembre 2012 per la scelta dei parlamentari – in parte previsto dopo la Waterloo partecipativa di domenica scorsa in Emilia-Romagna, ma non per questo meno bruciante se lo si confronta al dato arrivato ieri dalle primarie in Puglia dove l’affluenza è andata oltre i 100 mila con Emiliano in testa, davanti a Stefàno di Sel e il pd Minervini: a più di un terzo dello scrutinio lo staff di Emiliano ha annunciato: «Abbiamo vinto».
Alessandra Moretti, vicentina, 41 anni e 230 mila preferenze alle ultime Europee, sarà la candidata dei democratici alle Regionali di primavera contro il potente governatore leghista, Luca Zaia. I suoi avversari – la senatrice Simonetta Rubinato, 50 anni, area cattolica, ex sindaco di Roncade, e il consigliere regionale dipietrista, Antonio Pipitone, medico di 52 anni – si sono piazzati a debita distanza dal suo 66,4%. Una vittoria annunciata, quella della Moretti, ora attesa da una sfida che ha il sapore dell’impresa: sottrarre il Veneto alla lanciatissima Lega di Salvini. «Il tempo della battaglia inizia adesso, con Zaia me la giocherò fino alla fine», dice la candidata pd.
Modello Emilia, vade retro. A dispetto di quello che si potrebbe pensare, ieri notte nella sede del Pd veneto si respirava un’aria, se non trionfale, decisamente soddisfatta. Talmente da incubo erano le previsioni della vigilia che il dato dei 40 mila votanti (superiore al numero degli iscritti al partito in regione: 20 mila) è stato accolto come una manna: «Considerando il momento difficile, è andata oltre le aspettative – ha detto il segretario Roger De Menech –: se facciamo il confronto con l’Emilia-Romagna, ce la siamo cavata egregiamente. Non accettiamo lezioni: Zaia è stato scelto da tre persone».
A Bologna e dintorni, in ottobre, le primarie portarono alle urne 50 mila persone (su 70 mila iscritti) e furono il primo indizio del tracollo. Qui in Veneto le premesse erano da brividi. A cominciare da come era andato l’ultimo atto di campagna elettorale quando, per il confronto finale tra Moretti, Rubinato e Pipitone, a fatica si era riusciti a riempire i cento posti a sedere del Crown Plaza, non certo il Madison Squadre. Tutto congiurava contro la consultazione veneta: lo scandalo del Mose, la crisi del mitico «modello Nordest», passando per i tormenti legati al Jobs act con la Cgil a remare contro le primarie e i civatiani del senatore Felice Casson a dir poco tiepidi.