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 2014  novembre 28 Venerdì calendario

Per le camelie Sasanqua la vera primavera è l’autunno: aspettano sì e no la partenza delle rondini per incominciare a fiorire. Le più generose e solerti hanno debuttato da più di un mese e, se felici ed appagate, andranno avanti fin dopo Natale

Per le camelie Sasanqua la vera primavera è l’autunno: aspettano sì e no la partenza delle rondini per incominciare a fiorire. Qui in giardino le più generose e solerti hanno debuttato da più di un mese e, se felici ed appagate, andranno avanti fin dopo Natale.
Danno il loro meglio quando la stagione è umida, piovosa e temperata: non amano infatti i geli improvvisi ed i repentini cali di temperatura. Spesso sopportano la luce del sole ed i secchi estivi con maggior nonchalance delle altre camelie e, da cenerentole, possono diventare (tremate, vecchie camelie Japonica!) delle giovani e felici principesse di bellezza.
Arrivate dal Giappone in Europa da poco più di un secolo, le camelie Sasanqua hanno dovuto aspettare, forse per trascuratezza, più di cinquant’anni prima di essere capite, coltivate e piantate nei giardini.
In Italia la loro fortuna la devono in gran parte a Piero Hillebrand, che delle camelie, soprattutto quelle dei laghi, fece negli Anni Sessanta e Settanta conoscere bellezza, robustezza e generosità: con i suoi libri, e soprattutto con le sue piante, ha dato un vivace ed essenziale apporto alla diffusione delle camelie a fioritura invernale, che in pochi lustri sono diventate, da rare e quasi sconosciute, comuni e apprezzatissime, soprattutto nelle zone del Centro Italia, dove il freddo, quello serio, non arriva che dopo l’Epifania.
Ammirati dalla sua estemporaneità, i veri giardinieri, quelli che moltiplicano, che selezionano e che ibridano, si sono buttati con interesse e curiosità nel gradevolissimo mondo delle camelie invernali, Sasanqua comprese. Una delle più rustiche è la camelia Sasanqua Narumigata, bellissima e dai grandi fiori bianco crema, con leggeri colpi di rosa ai margini dei petali, e soprattutto profumati, ben rara dote per il genere Camellia.
Un leggero aroma di tè che ricorda la stretta parentela con la camelia Sinensis. Non è pianta molto adatta ai terrazzi ma piuttosto ai giardini, meglio di tutti quelli luminosi ma non assolati. A detta di tutti i giardinieri attenti e osservatori, può competere in quanto a robustezza soltanto con la Camellia sinensis «Crimson King», a fiore semplice e rosso vivace.
Talmente robuste da poter essere trascurate o in certi casi quasi maltrattate. Se lasciate libere e non ossessionate da tagli e potature, se quasi abbandonate, prendono forme aperte, leggere e armoniche: se si può, è molto meglio lasciarle crescere in piena libertà, in modo che la chioma rimanga poco compatta e leggera, non impacciata.
Un gruppo di tre o quattro camelie Sasanqua, possibilmente della stessa varietà e dello stesso clone, possono rendere piacevoli ed attraenti anche in inverno gli angoli meno luminosi del giardino. Ricordo una volta di aver visto (e molto ammirato) un piccolo e anonimo cortile in quel di Venezia, stretto tra muri antichi e ricoperti di muschio: pochi vasi di camelie Sasanqua riuscivano a trasformarlo in un sobrio ed elegante giardino.
Il 6 di dicembre si aprirà a Verbania, nei giardini di Villa Giulia, l’XI edizione della «Mostra della camelia invernale»: per tutto il week-end si susseguiranno avvenimenti e visite, affiancate da un’ammiratissima esposizione di ben sessanta varietà di camelie, accuratamente nomenclate ed etichettate.
E poi la mostra-mercato dei vivaisti del Consorzio fiori tipici del Lago Maggiore, dove sarà possibile acquistare il non plus ultra in fatto di camelie invernali: non soltanto Sasanqua di ogni forma e colore, ma anche, per esempio, delle rarissime varietà di camelia Granthamiana, i cui grandi fiori bianchi sbocciano da dicembre fino a febbraio. Molto proposta, lo si legge già dai comunicati stampa, è la Camelia vernalis «Yuletide», dal bel fiore a cinque petali, di un raro rosso, intenso e acceso. Viene addirittura suggerita come nuova «pianta di Natale» (una pianta panettone?): speriamo di no, non sarebbe la prima pianta rovinata dal troppo successo. Né purtroppo l’ultima.