Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 28 Venerdì calendario

Il cantante Pharrell Williams rompe il fronte sul caso di Ferguson e scatena il dibattito: «Brown era un teppista, a me dà fastidio. Dovremmo riflettere su questo. Credo che l’agente che ha sparato vada punito, ma se un poliziotto ti dice di fermarti e non lo fai allora sei in cerca di guai»

Un interrogativo sta dominando nelle ultime ore le polemiche su Ferguson, una domanda che ha creato una frattura in seno alla comunità nera americana. Anche perché a porla è stata una personalità che tra gli afro-americani riscuote successo e ammirazione. Parliamo di Pharrell Williams, musicista e produttore, pluripremiato ai Grammy Awards e giudice del programma «The Voice», i cui brani vengono considerati «liriche contagiose», come «Happy», il tormentone che ha spopolato in tutto il mondo. «Perché non si parla dell’atteggiamento da teppista di Michael Brown?», ha osato chiedere Williams, utilizzando il termine «bullyish».
Non che la questione non fosse stata sollevata prima, ma se a farlo è un nero che dai neri è considerato un’icona, allora le cose cambiano. Nel corso di un’intervista a «Ebony», Williams è andato diritto sul tema: «Non parlo spesso di questioni razziali, ma sono contrariato per quello che è successo a Ferguson», dice l’artista spiegando che il suo disappunto è molteplice. «L’atteggiamento del ragazzo era quello di un teppista e a me crea fastidio. Non che ce l’abbia con lui, ma dovremmo riflettere su tutto ciò che è accaduto nella sua vita tanto da fargli pensare che comportarsi così fosse giusto – prosegue Williams -. Perché non parliamo di questo?».
Il riferimento è al video del minimarket dove Brown ha rubato i sigari, un negozio proprio come quello dove, ironia della sorte, è ambientata una parte del video di «Happy». Non che per questo Brown dovesse morire: «Credo che l’agente debba essere punito e messo in prigione, la sua risposta è stata eccessiva, specie nei confronti di un ragazzino», sottolinea la star, che però aggiunge «se un agente ti dice di fermarti e tu disobbedisci, per di più dopo aver messo le mani addosso a un negoziante, allora sei in cerca di guai». Il cantante, tuttavia, individua tra le cause degli accadimenti di Ferguson una serie di fattori, come la eccessiva militarizzazione della polizia, ma anche il fatto che una parte della comunità nera ha dimenticato personaggi come Emmett Till e il Movimento per i diritti civili: «Così si sta consumando una lacerazione profonda». Non risparmia neanche Barack Obama: «Non doveva prendere una parte, ma è il presidente, un uomo del popolo, e sarebbe dovuto andare lì da loro, sull’esempio di quanto facevano Gandhi e Martin Luther King Jr». Infine il monito: «Temo che la “sbornia” di Ferguson durerà a lungo».
La reazione sui social è stata immediata: «Pharrel è un grande musicista ma codardo», «Le tue parole sono un affronto per tutti i ragazzini neri che subiscono le brutalità della polizia», e ancora «Hey bianchi, lo volete Williams?». Ma c’è anche chi plaude: «Grazie, questo è ciò che dovrebbe dire ai fratelli». A dirla tutta, non è la prima volta che l’artista si rivela una «voce-contro» della Black Nation. In un’intervista con Oprah Winfrey affermò: «Le nuove generazioni di neri non devono prendersela con le altre razze per ottenere qualcosa, non è un fatto di pigmentazione, ma di mentalità». Abbastanza perché su Twitter si scatenasse la protesta sotto l’hashtag #whatkindofblackareyou (che razza di nero sei).