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 2014  novembre 28 Venerdì calendario

La missione impossibile di Raffaele Fitto, scalare un partito che per vent’anni è stato monarchico. Dalla Puglia al fortino di Forza Italia, una lunga marcia

Quelli sul palco una volta avevano stampato in fronte un nome: Berlusconi. Sono Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia, Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, Mariano Bella, direttore del centro studi Confcommercio, tutti (ex) portatori di consenso, e per un pomeriggio eccellentissimi valletti di Raffaele Fitto. Si parla di concretezze somme, all’incontro nel tempio di Adriano, e il dispiacere è per i giornali, infiammabili soltanto per la puntata quotidiana della faida. E infatti: la faida si gioca anche lì, col terzetto dell’Italia produttiva avvelenato con Matteo Renzi, e Fitto che parla di programmi, strategie, progetti credibili. Intanto pare avere un progetto su di sé: il 9 novembre aveva messo assieme Paolo Savona, presidente del Fondo interbancario, e altri supersapienti universitari a discutere di Europa, e dieci giorni prima i protagonisti erano stati alcuni ragazzi a ricordare l’abbattimento del Muro, ragazzi dell’89, anno in cui Berlino fu di nuovo unita. Nei dintorni si aggira una bestiaccia, è Luigi Crespi, celebre ideatore del contratto con gli italiani di Silvio Berlusconi. Ora si occupa di Fitto, ci fanno sapere che in sei mesi i follower di twitter sono passati da un migliaio a 13 mila, ma sono dettagli, naturalmente. Più indicativa è stata la decisione di Fitto di candidarsi alle Europee, per svincolarsi un poco dal bla bla romano, e girare l’Italia. Nell’ultimo mese è stato a Cagliari, Verona, Milano, Frosinone, Perugia, così, per cominciare a mettere la faccia fuori dalla Puglia e scansare la fama di leader locale.
Intanto qui, al tempio di Adriano, l’imperativo del cronista è contare i parlamentari, ma è una fatica inutile: all’ultima riunione erano in 34 e cresceremo, dicono. Anche perché i numeri sono l’unico argomento convincente con Berlusconi: con 34 in meno non si aiuta Renzi ad approvare una sola riforma né legge né nulla. Il capo si infuria. L’ultima volta saltellava imbestialito, con l’indice puntato a due centimetri dal naso di Fitto. Gli diceva traditore, gli diceva democristiano e figlio di democristiano e poi si è pentito perché il padre di Fitto è morto a quarantasette anni quando Fitto ne aveva diciannove. Fitto gli dice, senti, delle due l’una: o si va avanti come dici tu, e fra sei mesi non c’è più niente, un solo elettore, oppure si fa come dico io, si cambia classe dirigente, modo di selezionarla, si smette coi filarini coi due Mattei, e allora forse nasce qualcosa di nuovo e fondata sulla difesa del tuo ventennio. Dunque, via il cerchio magico, i Paolo Romani e i Giovanni Toti e le Maria Rosaria Rossi, via i coordinatori regionali, e poi primarie e primarie. Sebbene questa pretesa di rendere scalabile Forza Italia dopo due decenni di monarchia divina sembra tardiva e furbetta. L’obiezione è che l’anomalia aveva un senso quando funzionava, ora perde acqua e la svolta, dicono, serve anche per salvare Berlusconi.
Il titolo del giorno è di Augusto Minzolini: «Quando tutto sta finendo, anche i codardi si fanno eroi». Non si riferisce a Fitto. «No di certo: dico che, quando si libera uno spazio, lo si occupa. E si vede un sacco di gente ritrovare coraggio». Qui, al tempio di Adriano, si vedono tipi scomparsi dagli orizzonti. L’ex sindaco Gianni Alemanno («Vado a vedere tutto quello che si muove»), Adolfo Urso, Andrea Ronchi («Bisogna riunire il centrodestra, dalla Lega a chi ci sta dell’Ncd»), pure Francesco Storace («Fitto ha preso il 10 per cento dei voti raccolti da Forza Italia alle Europee, è già un leader»). È una piccola e miracolosa ricomparsa del Msi. Fitto si alza e dice che gli errori sono stati commessi, e da tutti, e ora tocca cambiare le regole e riproporre idee. Chi pensa che potrebbe andarsene alla Angelino Alfano non ci prende: Fitto vuole restare lì dentro – per ora è uscito dalla Puglia – e giocarsi la partita e non arretrerà. È capitato che Berlusconi gli offrisse un ruolo, magari coordinatore, ma non lo farà mai, così, alla Alfano, senza un potere concreto, col partito che va dove tira il vento. Né, dice in giro, lo fa per candidarsi alle primarie. Quello lo si valuterà. Ma non gli crede nessuno.