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 2014  novembre 28 Venerdì calendario

Quello che si apre davanti a Giorgio Napolitano è una sorta di “mese bianco”. Un periodo che assomiglia al cosiddetto “semestre” previsto dall’articolo 88 della Costituzione e che sottrae al capo dello Stato il potere di sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del mandato. Ecco le procedure inedite nel manuale delle dimissioni

Le sue prerogative restano intatte. I suoi poteri non verranno intaccati nemmeno di un millimetro fino all’ultimo. Eppure quello che si apre davanti al presidente della Repubblica sta diventando una sorta di “mese bianco”.
Un periodo che assomiglia al cosiddetto “semestre” previsto dall’articolo 88 della Costituzione e che sottrae al capo dello Stato il potere di sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del mandato. Ovviamente in questo caso non è in discussione l’ipotesi di indire le elezioni anticipate. Da questo punto di vista, Napolitano fin dall’aprile 2013 aveva annunciato che non avrebbe più esercitato quella facoltà. Si tratta semmai della gestione di una fase che non ha precedenti. E che impone una attenzione particolare.
Del resto la sua rielezione, avvenuta 19 mesi fa, raccoglie un insieme straordinario di “prime volte”. Che sono state sistematicamente affrontate in assenza di una prassi costituzionale, senza un manuale da seguire. È stata la prima volta che il Parlamento ha rinnovato il settennato al capo dello Stato. È la prima volta che il presidente annuncia – fin dal discorso del suo insediamento – che non sarebbe rimasto al Quirinale per altri sette anni. È la prima volta che le dimissioni di un presidente della Repubblica maturano all’interno di una gestazione “semi-pubblica” o comunque riconoscibile. I precedenti addii al Colle, al contrario, sono sempre stati il risultato di eventi precipitosi e improvvisi (Segni, Leone e Cossiga). Oppure il frutto del galateo istituzionale (Ciampi) o dell’opportunità (lo stesso Napolitano nell’aprile del 2013 si dimise con l’esclusivo obiettivo di avviare subito il reincarico).
«I limiti e le condizioni, anche temporali, entro cui Giorgio Napolitano accettava il nuovo mandato – avvertiva una nota del presidente della Repubblica dell’8 novembre scorso – non gli hanno impedito e non gli impediscono di esercitare nella loro pienezza tutte le funzioni attribuitegli dalla Costituzione». E in effetti nessuno dei suoi poteri ha perso vigore. Nulla comporta un indebolimento delle sue prerogative. Eppure qualcosa sta cambiando nell’amministrazione e nella incisività degli impegni. L’eccezionalità della situazione produce una sorta di “mese bianco” in cui il capo dello Stato sembra in particolare preparare le Istituzioni e il sistema politico a un cambio della guardia. E nel quale attenua la sua presenza – proprio nello spirito del “semestre bianco” – evitando di precostituire scelte e indirizzi.
Al Quirinale sono consapevoli della delicatezza di questo passaggio. Il rito del”trasloco” si sta ripetendo per una seconda volta in un anno e mezzo. Gli scatoloni già riempiti e svuotati ad aprile dell’anno scorso, stanno per essere riportati al piano nobile della Presidenza. Alcuni sono pronti per essere trasferiti a Palazzo Giustiniani dove sarà allestito per Napolitano un ufficio in qualità di senatore a vita.
Ma soprattutto è stata studiata la procedura da seguire per le dimissioni. Si tratta infatti di un “atto personalissimo” del presidente della Repubblica ed è l’unico che non ha bisogno di una controfirma del governo. «Non ci sarà bisogno del coinvolgimento formale di Renzi», fanno notare sul Colle. I vertici dello Stato saranno, però, avvertiti in via preventiva per cortesia istituzionale. Subito dopo la lettera di dimissioni verrà consegnata al presidente della Camera Boldrini che ha l’obbligo costituzionale di convocare il Parlamento in seduta congiunta per l’elezione del successore; e quindi al presidente del Senato Grasso che immediatamente assume la “supplenza” e si trasferisce a Palazzo Giustiniani (l’aula dei senatori sarà presieduta a turno dai quattro vicepresidenti con un ruolo maggiore per l’”anziano”, la Pd Vale- ria Fedeli). Tra gli uffici, intanto, qualche comunicazione informale è già intercorsa.
Un “mese bianco” che arriverà almeno fino al discorso di fine anno cui Napolitano non intende rinunciare e che può tenere solo se ancora in carica. Fino a quel momento però i suoi impegni sono stati diradati e le tradizionali cerimonie per gli auguri natalizi assumono l’aura di un congedo. Certo è confermato per l’11 dicembre l’incontro a Torino con il presidente della Repubblica di Germania Gauck. Di certo non vuole effettuare scelte traumatiche durante il semestre di presidenza italiana dell’Ue che si chiude il 31 dicembre e che ha come tappa fondamentale il delicato Consiglio europeo del 19 dicembre cui prenderà parte Renzi.
Ma nello stesso tempo questi 30 giorni stanno acquisendo una connotazione diversa. L’agenda è costruita quasi esclusivamente intorno ai saluti natalizi. Ha chiesto ad esempio al vicepresidente del Csm Legnini di organizzare un Plenum del Consiglio in prossimità delle festività. E poi uno dietro l’altro gli appuntamenti lo scambio di auguri. Il 16 quello con le alte autorità dello Stato, subito dopo quello con il Corpo diplomatico e il 21 i saluti ai contingenti militari impegnati all’estero.
Un programma costruito per non sovraccaricare i compiti del presidente della Repubblica. E forse non è un caso che abbia voluto incontrare mercoledì scorso il capo del governo e il ministro Boschi. Una sorta di ultimo suggerimento sul percorso delle riforme prima che entri nel vivo della dialettica parlamentare. La legge elettorale sarà infatti votata in aula a Palazzo Madama a partire dal 16 dicembre. Del resto, da quando Renzi si è insediato a Palazzo Chigi, Napolitano ha abbandonato le vesti di “garante” dell’esecutivo come era accaduto per il “tecnico” Monti e per le “larghe intese” di Enrico Letta. Quello attuale è un “governo politico” che richiede un dialogo meno vincolato. In modo particolare quando si apre per la prima volta dal 1948 un originale “mese bianco”.