la Repubblica, 28 novembre 2014
Renzi ha fatto scuola anche con il format della Leopolda. Dalla Cisl ad Alemanno, dal Pd capitolino a Sel: è un fiorire di manifestazioni. E in Emilia l’ex antagonista di Bonaccini alle primarie ha dato vita alla “Ubalda”
Chi si salverà, chi ci salverà dalla proliferazione delle Leopolde? Il dramma della comunicazione verticale, e cioè del messaggio turbo televisivo, transmediale e marketing oriented, è che mortifica la fantasia, uccide l’originalità e alla fine, quando un format più o meno funziona, tutti lo copiano e nessuno nemmeno ci fa più caso.
Ma nell’Italia della post-politica l’egemonia si esprime il più delle volte in forme farsesche, o grottesche, o comunque irreali o parodiali per cui dopo il trionfo dell’astensionismo in Emilia Romagna, il candidato sconfitto alle primarie del Pd, Umberto Balzani, già sindaco di Forlì, prima s’è inventato, poi ha lanciato e così ieri a Bologna s’è tenuta «l’Ubalda», che della Leopolda intendeva essere la sorellina sventata e ammiccante, «Se ti senti sbattutino dopo domenica – questo lo slogan – prendi un ricostituente».
In casi del genere, organizzatori e politici reclamano la loro innocente deriva ridanciana richiamandosi all’«ironia», come pure a giochi di specchi e contaminazioni anche sottili e iniziatiche, non tutti i giovani essendo a conoscenza che nei primi anni 70, quando la politica era molto seria e la sinistra ancora di più, uscì un film dal titolo «Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda». La Leopolda tutto sommato ci fa rima. L’assonanza non sposta di molto la questione dell’astensionismo.
Ma intanto anche i giornalisti ci mettono del loro e così sempre ieri Nichi Vendola ha annunciato – a Milano, alla fine di gennaio – una convention subito opportunamente ribattezzata «l’anti Leopolda», «la contro Leopolda» o «la Leopolda red». In realtà l’iniziativa sembra destinata a svolgersi all’insegna di un’espressione che i creativi di Sel hanno chiamato, rovesciando il titolo di un celebre talent show : «Human factor» – e pazienza.
A Roma, d’altra parte, al teatro Quirino, il Pd si è impegnato a far partire, anch’esso schermandosi dietro la solita ironia, «la Leopolda de noantri», pure detta «la Leopolda alla vaccinara» – «alla amatriciana» non è il caso trovandosi la Città dell’Amatrice a quasi 140 chilometri di distanza, in provincia di Rieti (dove non risultano in programma Leopolde).
Dell’amena denominazione capitolina si è cercata una conferma sul web, ma invano giacché il sito del Pd rimanda a una pubblicità di radiatori. Inoltre nella capitale il partito, anche se fa finta di nulla, risente della brutta storia dell’onorevole Di Stefano, mister preferenze e mister tante altre cose, che alla vera Leopolda – quella che aveva come motto: «Il futuro è solo l’inizio» – presiedette il tavolo dedicato ai «Pagamenti digitali» e pazienza anche qui.
Il modello insomma ha fatto scuola. A smontarlo, si capisce che rappresenta l’evoluto e tecnologico approdo della congressistica di partito: programma leggero, interventi rapidi, scenografia minimal e curvatura vintage, un uomo solo in camicia e «centotavoli» di studiatissimo placement ed effimera efficacia, magliette anti-gufi, giornalisti assatanati, il gran teatro della Generazione Renzi.
Per lo stile e l’antropologia dei partecipanti, quella «grande brigati di sognatori» di cui ha parlato Renzi, ci si affida volentieri alle indagini sul campo del giornalista e scrittore Michele Masneri sul Foglio : pashmine e reverse sartoriali, otto o nove sosia di Maria Elena Boschi (una visibile anche in un video di Rep.it), look rinascimental-Max Mara, «televisioni che inquadrano video che riprendono operatori che si selfano», luci calde da Bigazzi, una fotografia che valorizza gli incarnati più delicati, giovani in camicia Oxford, denti bianchissimi, «profumi agrumati».
Il prossimo 2 dicembre la Cisl si riunisce appunto alla storica stazione ferroviaria intitolata al Granduca Leopoldo. «La nostra Leopolda» la presenta fieramente la neo leader sindacale Furlan. «La nostra Leopolda di Orvieto» l’ha detto invece, con qualche mestizia, Alemanno. Trascinamento stucchevole e compulsione pappagallesca non rientrano comunque nel novero dei rischi che una classe politica priva d’immaginazione è disposta a correre.
Inutile a questo punto notificare che da più parti negli ultimi tempi si è reclamata «una Leopolda di centrodestra», «una Leopolda nera» e anche «una Leopolda tricolore». Giusto ieri, nel pieno della crisi grillina, si ha avuto contezza che il sindaco di Parma ha convocato per il 7 dicembre un incontro di amministratori locali del M5S: «la Leopolda di Capitan Pizza», che sarebbe Pizzarotti. Per tirannia di tempo e di spazio non si è estesa la ricerca di eventuali e ulteriori Leopolde rispetto al partito di Passera, al movimento di Pellegrino Capaldo e a quello di Samorì (che pure al momento ha i suoi guai).
Ma certo è un po’ strano che il massimo successo del format coincida con il massimo potere dei cerchi magici e della disaffezione elettorale. Sul tutto Gianni Cuperlo ha scoperto «una cosa straordinariamente carina» e cioè che esiste, a Castiglioncello, un albergo che ha nome «Leopoldo». È vero, sta nella pineta, a 60 metri dal mare, l’ideale per un meeting, e i proprietari amano molto gli animali, benvenuti nelle stanze al piano terra.