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 2014  novembre 28 Venerdì calendario

Agon Channel, la nuova rete tv albanese, ovvero la nuova frontiera della delocalizzazione: esportare in un contesto economico più arretrato (e quindi meno costoso) come l’Albania, non tanto macchinari industriali e forza lavoro ma uomini e donne di spettacolo, per costruire a Tirana un canale da diffondere in Italia

L’Albania siamo noi. C’è stato un tempo, fino a pochi anni fa, in cui l’Italia esportava bellezza, eccellenza, qualità del made in Italy. Al di là del mare Adriatico eravamo visti come la terra promessa, un bengodi dei consumi di cui la tv, soprattutto quella commerciale, raccontava le meraviglie facendo sognare. Poi è arrivato Agon Channel (sul canale 33 del digitale terrestre).
L’imprenditore italiano Francesco Becchetti si è inventato la nuova frontiera della delocalizzazione: esportare in un contesto economico più arretrato (e quindi meno costoso) come l’Albania, non tanto macchinari industriali e forza lavoro ma uomini e donne di spettacolo, per costruire a Tirana un canale da diffondere in Italia. Con Agon il sogno della terra promessa dovrebbe rovesciarsi, ma se si esportano le «seconde file», i volti in cerca di un’ultima occasione, da Simona Ventura ad Antonio Caprarica, da Pupo a Maddalena Corvaglia e Sabrina Ferilli, l’effetto non può che essere irrimediabilmente dissonante.
Nel Galà che da Milano ha inaugurato le trasmissioni (una definizione pomposa usata per definire il rito degli upfront, le presentazioni dei palinsesti, che fanno ogni anno tutti i canali, di norma senza mandarle in onda) si respirava un’estetica da discount, un clima di sovraccarico entusiasmo, una retorica forzata della voglia di innovare, di cambiare dalle coste albanesi il mondo stantio e fermo della tv italiana.
Ma se il padrino della serata è la star dei cinepanettoni Massimo Ghini, se il tutto è condito da imbarazzanti inquadrature a una stranita Nicole Kidman seduta in platea, se il racconto del calcio è affidato a imbolsite glorie del passato, se i programmi presentati sembrano tutti la versione povera di cose che la tv italiana fa, con molte più risorse, meglio e in modo più spettacolare, tutto prende subito una piega malinconica, il sogno diventa di serie B. Forse ormai l’unico che possiamo permetterci.