la Repubblica, 27 novembre 2014
Chiude a Londra Madame Jojo, il night club più celebre della città. Così svanisce il mito di Soho, quartiere un tempo bohémien, ora in mano agli speculatori che pensano solo a residence e negozi di lusso
La via era buia, la porta stretta, le scale anguste. Ma l’insegna al neon all’ingresso era lo stesso ben nota a tutti: per cinquant’anni Madame Jojo è stato il night-club più famoso di Londra, il posto dove andare per il burlesque e le drag queen, la musica e il cabaret, un po’ di vizio, tante risate e alcool a volontà. Adesso il locale notturno nel cuore della capitale ha chiuso i battenti per sempre: le autorità municipali non gli hanno rinnovato la licenza per un raro incidente, una rissa tra i buttafuori e un cliente ubriaco, il proprietario sostiene che è una scusa per fare posto agli speculatori immobiliari, il Guardian scrive che è il segno della “morte di Soho”, il quartiere a luci rosse di Londra, un tempo popolato di sex shop, saloni per massaggi e strip club.
Ex quartiere a luci rosse, sarebbe più giusto chiamarlo, perché l’industria del sesso era in declino già da anni, mantenendo soltanto uno spicchio dei topless-bar e della prostituzione che una volta avevano qui la loro base. Eppure rimaneva ancora qualcosa della vecchia atmosfera, un misto di peccato, proibito e anticonformismo che ne ha fatto a lungo una specie di zona franca, l’unica dove si potevano bere alcolici a qualsiasi ora, frequentata non solo da spogliarelliste e massaggiatrici, ma anche da artisti, giornalisti, musicisti, scrittori, creativi, insomma da tutti gli spiriti ribaldi che avevano voglia di fare le ore piccole in barba alle regole.
La spiegazione di quanto sta accadendo è “gentrification”, parola che viene da “gentry”, piccola nobiltà, e sta a indicare il mutamento di un’area urbana, l’espulsione di abitanti ed esercizi commerciali originali, per fare spazio ad altri, sostanzialmente con più soldi. Situata nel centro della metropoli, a due passi da Piccadilly Circus, Soho fa troppo gola al mercato immobiliare in una città dove il mattone è come oro: gli affitti sono saliti alle stelle, ristoranti alla moda e boutique sostituiscono vecchie botteghe e baretti, la chiusura di Madame Jojo aprirà la strada a ulteriori restauri, costruzioni e speculazioni. In fondo è successa anni fa la stessa cosa a New York, attorno a Times Square e alla 42esima strada, era inevitabile che il fenomeno si ripetesse a Londra. Arrivano i turisti, gli yuppies e i ricchi stranieri, ma ad andarsene non saranno soltanto donnine allegri e buttafuori. Rischia di sloggiare perfino l’Italian Bookshop, l’unica libreria italiana della metropoli, per mettere al suo posto la portineria di un condominio di appartamenti da milioni di sterline.
Piccole librerie, postriboli e pub: era questo il cocktail del quartiere. A Soho hanno suonato Jimi Hendrix e i Rolling Stones, nel leggendario Marquee Club di Wardour street;, hanno bevuto il pittore Francis Bacon e lo scrittore Howard Jacobson, che ancora ci abita, in bar come il Colony Room; si sono sballati un po’ dovunque i beatniks negli anni ‘60 e i punk nei ‘70. Negli anni ‘50 ci aprirono il primo autentico caffè italiano, il Bar Italia, insegnando agli inglesi cosa sono un espresso e un cappuccino, e Ronnie Scott, il jazzclub da cui sono passati tutti i grandi del genere (l’uno e l’altro, per fortuna, sono ancora aperti). A Carnaby street nasceva la minigonna, al Raymond RevueBar si faceva lo strip-tease, su Old Compton street si inauguravano i gay bar e sul palcoscenico di Madame Jojo salivano Ruby Venezuela, Lily Savage, Regina Fang, nello spettacolo di travestiti più divertente d’Europa, tra piume di struzzo, corpetti audaci e ryhtm-and-blues. Dall’adiacente Chinatown arrivava l’odore di anatra agrodolce, dai teatri l’eco dei musical del vicino West End, e intanto nei clip-joint, i night-trappola, venivano spennati gli “out-of-towners”, i provinciali a caccia di emozioni, costretti a pagare una fortuna per acqua colorata invece di champagne e ad attendere una entreneuse che non sarebbe mai venuta. Sui suoi marciapiedi capita ancora di essere fermati da una giovane orientale che ti offre un massaggio. E c’è ancora qualche porticina affacciata alla strada con la scritta “Models upstairs”, eufemismo per “prostitute al piano di sopra”. Non è di questo, ovviamente, che ha nostalgia il Guardian. «Il fatto è che vogliono fare di Soho un luogo per famiglie», afferma Marcus Harris, uno dei promotori di Madame Jojo, «un luogo per shopping, costosi ristoranti e bar che chiudono alle 11 di sera, così a mezzanotte si va tutti a dormire». Mentre a dormire, nella vecchia Soho, non si andava mai.