il Fatto Quotidiano, 24 novembre 2014
Balestrini e la morte del romanzo tradizionale. Distruggere tutto per ricostruire un nuovo canone letterario
Come raccontare il primo romanzo di Nanni Balestrini, Tristano (Feltrinelli 1966), da dove iniziare, come concludere? Non c’è nulla nel libro di quelli che erano stati fino ad allora gli ingredienti del romanzo: non c’è trama, non ci sono protagonisti, né personaggi, paesaggi, significati e gerarchie. Per Balestrini conta solo la struttura, l’assemblaggio dei diversi materiali senza alcuna coerenza narrativa, anzi in modo che siano in contrasto fra loro. Il romanzo si svolge attraverso l’accumulo di un’ampia varietà di materiali stilistici, dai romanzi rosa ai manuali, alla saggistica storica e politica. La scrittura non conta più nulla, tutto viene sacrificato al canone della struttura: è la morte del romanzo tradizionale. Balestrini, che era stato uno dei principali protagonisti del Gruppo 63, vuole con questo romanzo fare tabula rasa di ogni forma e linguaggio narrativo precedente. Distruggere tutto per poter ricostruire un nuovo canone letterario. Ed anche un mondo nuovo per il quale continuerà ad impegnarsi: fu fondatore di Potere operaio nel 1968, e aderì ad Autonomia Operaia negli anni Settanta, venendo incriminato insieme ad altri dirigenti dell’organizzazione per appartenenza a banda armata e successivamente assolto. Per rispondere alle domande iniziali può essere d’aiuto quanto scritto nella presentazione del libro: “Dopo poche pagine la sensazione sarà forse di sconcerto e confusione; eppure una sottile, intrigante suspense lo [il lettore] condurrà di pagina in pagina con una misteriosa seduzione: finché d’un tratto si accorgerà ….. che ad ogni pagina sta costruendo il “suo” romanzo, sta componendo una e molteplici “sue” trame, tutte possibili, tutte nuove ad ogni nuova lettura”.