il Giornale, 24 novembre 2014
Compagni del Pd che fanno pagare ad altri compagni l’affitto per le sedi di partito. Gli inquilini si ribellano e via a sfratti e querele: «Brutto affare per i mariti stare in affitto dalle mogli»
Venticinque euro al metro quadro di affitto, pari a 2.500 euro al mese per un ufficio di 100mq a Milano, non è esattamente un prezzo di favore. Questa è la media dei canoni che la Fondazione ex diessina «Elio Quercioli» di Milano, proprietaria di una cinquantina di immobili in cui ha sede il Pd milanese, pratica al suo inquilino, il Pd appunto. Che, nella persona dei suoi segretari di sezione, protesta e chiede di non pagare canoni negli immobili del patrimonio Ds, partito che poi ha dato vita al Pd. «È roba nostra!» grida qualche piddino alla riunione milanese con il tesoriere nazionale Bonifazi, fedelissimo di Renzi. «È come se la moglie facesse pagare l’affitto al marito, basta con questa situazione, i circoli non hanno soldi, non possiamo svenarci per pagare l’affitto di sedi che sono un patrimonio del nostro partito!» strepita un altro militante Pd in difficoltà tra calo di tessere e affitti che salgono. Perché sì, i vecchi compagni chiedono un ritocco al rialzo dei canoni. E allora che si fa? Le fondazioni che hanno ereditato il tesoro immobiliare dei Ds, guidate da dirigenti della minoranza Pd e a volte neppure del Pd ma di Sel, rispondono che non possono tenere gratis l’inquilino Pd, perché devono chiudere il bilancio in pareggio, e poi perché potrebbero addirittura essere indagati per finanziamento illecito ai partiti nel caso in cui regalassero l’uso di immobili ad un partito. E quindi, finora, saluti e arrivederci ai «compagni» di partito che devono saldare i canoni senza sgarrare. Perché altrimenti le fondazioni diessine, nemmeno fossero una banca o una società immobiliare, fanno partire le ingiunzioni di sfratto verso il Pd. E di casi aperti (e molti anche chiusi) ce ne sono un po’ dappertutto in giro per l’Italia, circa cinquecento sfratti avviati, minacciati o già eseguiti. Le situazioni più critiche si segnalano in Campania e nel Lazio. A Napoli, oltre allo sfratto, si è arrivati pure alle querele. Lì è territorio della Fondazione Chiaromonte, presieduta dal gran capo delle fondazioni diessine, il senatore Ugo Sposetti. I duecentotrenta iscritti al circolo Pd del rione Sanità a Napoli (che, pare, sia stato acquistato all’epoca anche col contributo di Giorgio Napolitano) sono stati sfrattati l’anno scorso dalla fondazione Chiaromonte, perché non pagavano più l’affitto (modesto, 250 euro al mese). Arrivati a diecimila euro di arretrati la fondazione ha chiuso a chiave tutto. E, dopo lo sfratto, sono volate le querele tra Sposetti e la consigliera regionale Pd Angela Cortese. Fratelli coltelli. E tra conti che devono quadrare (per le fondazioni) e sezioni in rosso, è finita che in Campania hanno già chiuso un sacco di sezioni storiche. Mentre a Salerno il Pd, moroso dal 2010 per 56mila euro, è stato sfrattato dalla società Gramsci Srl, immobiliare guidata dal deputato antirenziano Pd Alfredo D’Attorre.
Guai anche a Viterbo, dove il tesoro ex Ds appartiene alla Fondazione Gualtiero Sarti. Il cui presidente, ad agosto scorso, ha spedito una bella letterina ad una ventina di circoli Pd della provincia, in ritardo con gli affitti: «Se non avrò riscontri considero chiuso il contratto e dovrò avere la restituzione delle chiavi». Guai anche in Sardegna, e anche a Roma, dove i militanti dello storico circolo Marconi, ex sede della sezione «Porto Fluviale» del Partito comunista fondata nel 1953, sono stati invitati l’anno scorso a trovarsi un’altra sede, perché il proprietario di casa, la diessina «Fondazione Futuro Storico», deve fare cassa vendendo l’immobile. Brutto affare per i mariti stare in affitto dalle mogli.