Lei e Gherardo Colombo avete avallato un’operazione contro il governo organizzata dal centrodestra.
«Non è così».
Ma avete appoggiato i berlusconiani. Questo non è in contraddizione con il suo ruolo nel cda Rai, e con la sua nomina?
«Veramente Verro ha riproposto un tema in discussione da maggio. Il consiglio aveva già deciso informalmente di approfondire la modalità del prelievo per verificarne la costituzionalità. Per massimo rigore abbiamo chiesto il parere di 4 giuristi. Poi, con grande dispiacere, abbiamo notato una forte inerzia da parte della persona che fissa l’ordine del giorno, la presidente Tarantola. A furia di rimandare alle calende greche, un consigliere, com’è nel suo diritto, ha posto la cosa all’ordine del giorno. È stata la pavidità, non la prudenza, di Anna Maria Tarantola, a consentire ad Antonio Verro di mettere il cappello su questa vicenda».
Il Pd ha chiesto le vostre dimissioni. Come risponde?
«Con la dichiarazione di Bersani del 18 giugno 2012, in cui il segretario Pd diceva di essere orgoglioso di sostenerci e prometteva di rispettare la nostra indipendenza. I tempi cambiano, adesso dalla responsabile cultura del partito ci arriva una richiesta di obbedienza. È chiaro che chi è al potere vuole una Rai assoggettata al governo, ma il mio dovere non è verso l’esecutivo, è verso il servizio pubblico».
Anche secondo Luigi Gubitosi chi vota contro l’azionista ha il dovere di dimettersi. Lo farà?
«No, ma spiego perché. Questo dg ha mostrato grandi capacità manageriali per come ha gestito la privatizzazione di Rai Way, e per farlo ha dovuto rispettare tutti gli adempimenti previsti per garantirne l’indipendenza, tra cui la nomina di “consiglieri indipendenti”. Ora, però, si fa paladino di una concezione padronale (il padrùn) secondo cui il consigliere deve obbedire all’azionista. È molto grave, così si torna alla Rai com’era prima della riforma del ’75, controllata dall’esecutivo, dalla Dc, da Ettore Bernabei. Gubitosi è in scadenza, come il consiglio: ha voluto dare un segnale di fedeltà a Renzi».
La richiesta di risparmi da parte dell’azionista non è illegittima, in un momento in cui tutti sono costretti a tagliare, non crede?
«Sono stata una partita Iva, ho visto cose che voi umani...non c’è un mio atto che vada contro i risparmi dell’azienda. Cosa sarebbe successo se al governo ci fosse stato Berlusconi? Non stiamo vivendo i tempi dell’editto bulgaro, per fortuna. Proprio per questo però rimane da tutelare il principio cardine della certezza delle risorse della Rai, che deriva dal canone, e che le consente una fondamentale indipendenza dall’esecutivo. In tutta Europa, nei Paesi più avanzati, funziona così. Vogliamo andare verso il modello di autonomia del trust Bbc, o tornare indietro? Non bisogna approfittare di un momento di grande malessere del Paese per far passare l’idea che bisogna solo obbedire all’azionista».
Quindi cosa risponde a chi dice che non volete tagliare gli sprechi?