La Stampa, 21 novembre 2014
Il mercato del mattone riparte (+3,6%) mentre l’industria rallenta. A trascinare il settore dell’immobiliare sono i grandi centri. L’Istat fa sapere che sono aumentate le famiglie soddisfatte delle loro condizioni economiche
Una boccata d’ossigeno dopo anni di calo: il mercato immobiliare, nel terzo trimestre del 2014, è cresciuto del 3,6% rispetto allo stesso periodo del 2013. A spingere il settore – spiega la fotografia scattata dall’Agenzia delle Entrate – sono le compravendite di abitazioni, salite del 4,1%, in particolare nei centri delle grandi città. Firenze e Bologna, i due capoluoghi in cui, nel corso negli anni, i prezzi sono scesi di più, fanno segnare, rispettivamente, un balzo del 22,8 e dell’11,8 per cento. Seguono Genova (+10,4%), Palermo (+8,9%) e Napoli (+7,3%), Milano conferma il segno positivo (+6,8%) mentre Torino chiude con un +0,7 per cento.
La fase critica è superata, spiega Luca Dondi, direttore generale del centro di ricerche Nomisma. «È tornata la fiducia – ragiona – e il mercato è alimentato da un atteggiamento del credito leggermente meno selettivo. Certo, i dati vanno consolidati, e i numeri del terzo trimestre, tradizionalmente, sono più contenuti». Il mattone, in ogni caso, non sembra ancora aver ritrovato l’appeal del passato. I prezzi nel 2014 sono scesi del 4 per cento, e non si vedono spiragli neppure per il 2015.
Oltre a quelle di case, nell’ultimo trimestre sono cresciute anche le compravendite di negozi (+9%) e capannoni (+1,6%) mentre è ancora negativo (-2%) il dato sugli uffici. «Presto per parlare di ripresa – spiega Dondi -. Si tratta di oscillazioni ancora da consolidare. Siamo comunque su livelli molto esigui». Tanto che Confedilizia parla di illusione ottica, visto che nel buon trimestre appena trascorso le vendite sono state il 28% in meno rispetto al 2011. È stata una illusione ottica, a quanto pare, anche la «ripresina» dell’industria della scorsa primavera, visto che a settembre il fatturato è sceso del 2,2% tendenziale e gli ordinativi dell’1,5% a livello congiunturale, con diminuzioni sia sul mercato estero (-2,0%), sia su quello interno (-1,2%). Il comparto alimentare fa registrare una situazione peggiore rispetto alla media, con un calo di fatturato del 2,5 per cento, spiegano dalla Coldiretti, per l’effetto congiunto di un rallentamento della crescita delle esportazioni e della riduzione degli acquisti interni, che quasi una famiglia su tre ha dovuto tagliare.
Non siamo gli unici a frenare: l’indice Pmi cinese di novembre è sceso ai minimi da sei mesi a quota 50, proprio sulla soglia limite tra espansione e contrazione del ciclo, mentre in Eurozona l’indice Pmi composito, che monitora l’attività manifatturiera e dei servizi, è sceso ai minimi da 16 mesi (a 51,4 da 52,1 di ottobre). Ma a preoccupare di più è la frenata della Germania: l’indicatore, a sorpresa, è scivolato a quota 50 da 51,4 di ottobre. Continua a navigare in cattive acque la Francia con un Pmi manifatturiero in ulteriore contrazione a 47,6 da 48,5 precedente.
Nonostante il panorama poco rassicurante, gli italiani hanno più speranze nella ripresa, almeno secondo quanto emerge dai nuovi dati Istat sulla soddisfazione dei cittadini: voto medio 6,8 (lo stesso degli ultimi due anni), soddisfazione economica per una percentuale del 43,4% (era al 40,1% nel 2013), soddisfazione per le relazioni d’amicizia e familiari rispettivamente al 90,3% e all’82%. L’Istituto inoltre rileva «un aumento significativo» della percentuale di famiglie che giudicano adeguate le loro risorse economiche (dal 48,6% al 52,5%) e una diminuzione altrettanto significativa della quota di famiglie che le ritiene scarse (dal 42,3% al 39,2%).