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 2014  novembre 21 Venerdì calendario

I call center scendono in piazza contro la delocalizzazione nei Paesi dell’Est. A rischio 80mila posti: «Proprio ora che il lavoro precario per eccellenza sta cominciando ad assicurare qualche diritto in più e persino una qualche stabilità»

Per gli 80 mila lavoratori dei call center italiani quella di oggi sarà una giornata di sciopero nazionale seguita da una «notte bianca» per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, ma soprattutto del governo, sulla loro progressiva estinzione. Una fine che sopraggiunge per paradosso proprio quando il lavoro precario per eccellenza, per il 70% svolto da donne, stava cominciando a assicurare, grazie alla regolamentazione normativa, un certo standard retributivo, qualche diritto in più e persino una qualche stabilità. 
Concorrenza sleale. Questo denunciano i sindacati Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil che hanno indetto la protesta mettendo online un video virale sull’«assassino dei call center». Il colpevole è l’azienda che apre in Italia per sfruttare la decontribuzione triennale e poi chiude facendo ricorso ad ammortizzatori sociali che non ha contribuito a accumulare, non avendo versato nulla. Il killer è l’impresa che delocalizza e partecipa alle gare nostrane, anche pubbliche, potendo consentirsi il massimo ribasso perché il costo del lavoro in Romania o Albania è un quinto di quello italiano e da noi non vige alcuna «clausola sociale» che garantisca il mantenimento del posto di lavoro in caso di cambio del titolare dell’appalto. Peccato che nei Paesi dove i call center finiscono non esistano norme come quelle italiane che tutelino i dati sensibili, lasciando tutti noi in balia di eventuali usi impropri. 
Sono argomenti questi, che il governo conosce già. Lo si deduce dalla relazione svolta dal sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, a conclusione dell’indagine conoscitiva sui call center in commissione Lavoro alla Camera, nel settembre scorso. In quella sede Bellanova ipotizzò alcuni correttivi come l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa anziché quello del massimo ribasso, soprattutto nelle gare pubbliche. Oppure l’introduzione della clausola sociale in caso di mutamento di titolarità del contratto. 
Quanto al problema dei dati sensibili, il sottosegretario lasciò intendere che la norma che risolverebbe il problema esiste già dal 2012 e prevede che il cittadino italiano che effettui o riceva una chiamata da un call center sia informato preliminarmente sul Paese estero da cui parla l’operatore, avendo la possibilità di scegliere di parlare con un operatore collocato in Italia. La stessa norma stabilisce che le aziende che vogliono collocare all’estero l’attività debbano preventivamente comunicarlo al ministero del Lavoro, indicando i lavoratori coinvolti, e all’Autorità garante della privacy, specificando quali misure vengono adottate per il rispetto della legislazione nazionale.