Corriere della Sera, 21 novembre 2014
Per combattere l’evasione il canone Rai si pagherà in base al reddito, ma insieme alla bolletta elettrica di casa
Dopo il prelievo di 150 milioni, contro il quale il consiglio di amministrazione ha fatto ricorso proprio ieri, anche se è stato tamponato con la quotazione in Borsa di RaiWay, il governo studia un nuovo intervento sulla Rai, sempre con l’obiettivo di far cassa, stavolta anche per l’azienda pubblica. L’idea è quella di far pagare il canone in base al reddito, ma insieme alla bolletta elettrica dell’abitazione. Così, secondo l’esecutivo, l’imposta sarebbe impossibile da evadere, e il suo importo verrebbe anche ridotto, garantendo alla Rai le risorse necessarie. Il piano, annunciato ieri dal viceministro dell’Economia, Enrico Morando, vedrebbe la luce nelle prossime settimane con un emendamento alla legge di Stabilità, che alla Camera sta subendo aggiustamenti marginali, ma non trascurabili, a cominciare dalla decisione di ridurre l’Iva sui libri elettronici dal 22 al 4%. Ieri sono stati aumentati i fondi per i non autosufficienti, i malati di Sla, il Made in Italy, le emergenze, la tutela dei minori, ed il governo si è detto pronto a ripensare anche l’aumento delle tasse sulle rendite dei fondi pensione.
Mossa antievasione
Dopo mesi di riflessioni – la misura era già stata ipotizzata ai tempi del decreto sugli 80 euro – è stato lo stesso premier, Matteo Renzi, appena tornato dall’Australia per il G20, a dare il via libera al progetto di inserire il canone Rai nella bolletta elettrica. «Pagheremo meno, ma pagheremo tutti. Il principio ispiratore è quello dell’equità e della lotta all’evasione» stimata come minimo al 27%, spiega il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli. I tecnici del governo stanno facendo le simulazioni per «tarare» la nuova misura dell’imposta, con l’obiettivo di raggiungere un gettito complessivo di 1,7-1,8 miliardi.
Per le fasce di reddito più basse, tenendo conto dell’indicatore Isee, si pensa a un’esenzione totale o parziale. Per i redditi medi e alti, invece, il costo del nuovo canone potrebbe oscillare tra i 60 e gli 80 euro. Ma non è ancora chiaro se si pagherà solo sulla prima casa (come accade oggi), o se il canone sarà dovuto per ogni abitazione posseduta, magari con uno sconto per le eventuali seconde o terze case. L’obiettivo è ricavare almeno 300 milioni in più rispetto a quanto entra oggi con il canone, parte dei quali andrebbe alla Rai, parte alle emittenti private, che vivono una condizione di «crisi drammatica» come ha detto ieri Morando. Con la riforma dovrebbe cambiare anche un aspetto fondamentale, cioè il presupposto dell’imposta. Oggi è il possesso di un apparecchio radiotelevisivo, domani il possesso di una qualsiasi apparecchiatura elettronica (device) atta alla ricezione di segnali radio e tv, compresi computer, tablet e smartphone.
I nodi da sciogliere
Il governo, in ogni caso, punta a «una soluzione strutturale, con un diverso assetto del canone Rai» ha detto Morando, sottolineando però che il lavoro tecnico di messa a punto del provvedimento non è ancora concluso, e che probabilmente l’emendamento sarà presentato tra qualche settimana al Senato. L’operazione non è così semplice come potrebbe sembrare (un sistema simile, per inciso, esiste solo a Cipro, in Macedonia e in Grecia, dove è stato pure censurato dalla Corte costituzionale) ed i problemi da sciogliere non sono pochi.
Le società elettriche, tanto per cominciare, non sono per niente entusiaste dell’idea. Già raccogliere e trasferire i dati delle utenze rappresenta, per loro, un’incombenza ed un costo in più. C’è poi il nodo, che forse è quello maggiore, della riscossione del canone. Oggi è affidato all’Agenzia delle entrate, ma se confluisse nella bolletta elettrica il soggetto della riscossione sarebbe la società che fornisce il servizio. Anche in questo caso con dei costi. Poi c’è il problema degli affitti, quando la bolletta è intestata al proprietario anziché all’inquilino. Dovrebbe pagare il primo e poi rivalersi sul secondo.
Iva al 4% sugli ebook
La Commissione Bilancio della Camera, intanto, ieri ha approvato alcuni emendamento importanti alla legge di Stabilità. L’aliquota Iva sui libri elettronici scende da quella massima del 22, a quella minima del 4%, con un emendamento presentato e sostenuto da tutti i gruppi politici. Per iniziativa del governo il Fondo per le non autosufficienze sale a 400 milioni, ricavandone 150 per l’assistenza ai malati di Sla, ed è stato rifinanziata la social card, confermando i requisiti di accesso anche agli extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, precisa l’Economia in risposta a Ncd che parla di estensione del beneficio agli immigrati.
Per gli incentivi agli acquisti di macchinari sono stati stanziati 12 milioni, mentre all’Ice ne andranno 130 nel 2015 per la promozione del Made in Italy. Soprattutto, è arrivata la conferma che il governo potrebbe presto ripensare l’aumento delle imposte sulle rendite dei fondi pensione e la rivalutazione del Tfr. Morando, in Commissione, ha detto che l’esecutivo è disponibile e sta cercando risorse alternative per coprire quegli incassi (400 milioni circa in totale). A Palazzo Chigi, intanto, è stato presentato il piano-stralcio per l’emergenza idrogeologica: dei 2,3 miliardi stanziati in passato, ma non ancora spesi, sono stati attivati 1,3 miliardi per 69 opere di prevenzione e assestamento in 1.130 Comuni, che comprendono anche il fiume Seveso e il torrente Bisagno.